Per adesso solo questo.
Non è cambiato niente.
Il vento soffia ancora e la dannata polvere non ha smesso di entrarmi negli occhi.
Si sta facendo mattina, non è una cosa buona.
Vedo qualcuno in lontananza, mi nascondo dietro ad una macchina esplosa.
La canna del fucile batte contro le lamiere, ma non è un problema.
Il sangue mi ribolliva già da tempo, cerco ogni scusa che porti allo scontro.
Ma devo tenere la parte, non destare sospetti.
Non è cambiato niente.
A parte il fatto che ora non è sicuro viaggiare disarmati.
I Ghoul vedono, aspettano e mangiano.
Noi.
Si avvicina, passo cauto.
Umanamente cauto.
Meglio tenere il fucile pronto comunque.
Cento metri, uno stivale.
Cinquanta una lattina.
Venti, una trappola per orsi.
Tre chilometri, l'accampamento.
Davanti a me lei, che evidentemente non è una Ghoul.
Irina si siede, prende un sasso, colpisce la lattina, mi scrocca l'ultima cicca.
Non è cambiato niente.
Eccezion fatta per la luna.
Quella si è spezzata in tre parti ed è lì lì pronta a caderci in testa.
Non succede solo perché non è l'unica cosa ad essersi rotta.
L'aurora boreale sopra le nostre testa.
Anche se siamo in Germania.
O da quelle parti, in Europa Centrale, dove comunque cose del genere non dovrebbero succedere.
Irina mi guarda e mi chiede come è andata la caccia.
Lei sa.
Mi odia, ma solo quando vede la parte della mia faccia coperta dalle bende.
Le rispondo che sono stato attento, che i proiettili ci sono tutti, che non ho lasciato tracce, che la amo ma che comunque voglio indietro quella sigaretta.
Non è cambiato niente.
Solo che quattro o cinque leggi fisiche hanno deciso di andare a farsi fottere.
Così abbiamo gravità alternata, macchie temporali, pianeti alla deriva, esplosioni nucleari spontanee e altre implicazioni dirette.
L'effetto domino ha fatto il resto.
Del resto i Ghoul sono il risultato di una spinta improvvisa al carrozzone dell'evoluzione.
I loro occhi percepiscono le mutazioni del campo magnetico.
La loro epidermide si è parzialmente calcificata, quindi la pelle è dura come le ossa.
I loro intestini si sono adeguati alla carestia, portando a nuove vette il termine onnivori.
Alcune ghiandole sono scomparse, come l'ipotalamo.
Ciò vuol dire niente paura, niente sonno.
Irina si alza e dice che è tempo di andare, che passerà di qua una bolla debole e che se non voglio decomprimermi devo alzare il culo e muovermi.
Io la seguo a distanza, non voglio che veda il mio occhio sinistro, giallo, infetto, nuovo.
Non le ho detto che l'evoluzione, che aveva colpito solo la parte sinistra del mio corpo, si sta estendendo.
La caccio via dalla nostra baracca o mi ubriaco e poi dormo sotto un ponte, la sera, quando mi colpisce la febbre.
Questo le fa male, ma sono convinto che essere sbranata gliene farebbe di più.
Alcune cose le nostre previsioni non riescono a vederle, i miei occhi invece sì.
Per cui so già cosa sia successo all'accampamento ancora prima che il fumo sia in vista.
Un campo magnetico così distorto, non può che essere una macchia temporale.
Ora è passata e ha lasciato davvero poco dietro di se.
I cadaveri mummificati, vecchi di uno o due migliaio di anni, ieri camminavano per la strada, erano i nostri vicini, allevavano animali, coltivavano ciò che riuscivano, tiravano avanti alla belle e meglio, vivevano.
Irina piange.
Io mi tolgo le bende.
Non è cambiato niente.
Tranne che se rimani troppo in una zona come questa, la radiazione residua cambia te.
Irina si gira e mi guarda.
Il disgusto nel suo sguardo gradualmente scompare mentre i suoi occhi diventano gialli e la sua pelle grigia.
Come la mia.