Visualizzazione post con etichetta deliri vari ed eventuali. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta deliri vari ed eventuali. Mostra tutti i post

giovedì 27 dicembre 2012

Christmas caroling




Esco di case e fa un freddo cane.
Sono solo due gradi sotto zero, ma si sentono.
Sembra una puttana, una di quelle storie tragiche da tg cinque dove due centimetri di neve bloccano Milano per una settimana, ma vivo in un posto dove le puttanate tendono ad essere la realtà.
Quindi a due gradi sotto zero inizi a battere i denti e il naso ti inizia a colare, cosa che mi fa abbastanza schifo.
Non credo di essere l'unico a provare disgusto per il muco sulle sigarette.
Faccio trecento metri e li vedo lì, la compagnia, quattro cani attorno ad una fontana chiusa.
A dire il vero manco possiamo vantarci di essere quattro, dato che il quarto se ne è tornato a Milano a godersi la sua città in balia delle intemperie.
Giada mi saluta e mi chiede una cicca.
Gliela do in virtù delle sue tette grosse.



Tudor fa un cenno con la testa.
Viene dall'europa dell'est, la cordialità arriva solo dopo la seconda bottiglia di vodka.
Mentre rollo la sigaretta si parla del più e del meno: come è andata in questi giorni, che si è mangiato, la neve che verrà, la marca di tabacco che si è comprato, se lascio far su a Giada, che ci sto mettendo un'eternità.
Sono un perfezionista, non ci posso far niente.
Li mando a cagare e le passo pacchetto, cartine e filtri.
Così ognuno fuma la sua, offro io che è Natale.
Lo so, sono un filantropo.

Finiamo senza fretta.
Ecco, il freddo deve avere una natura quantistica, o perlomeno, senza scomodare la fisica, psicosomatica.
Finché la sigaretta è accesa, nessuno si lamenta.
Si decide di fare quatto passi, fino alla pineta.
Giada si lamenta un po', è in ciabatte ed è scappata di casa dal balcone della sua camera, ma alla fine si decide e ci segue.
Si parla della fine dell'anno, dei programmi.
Tudor va al "palazzetto", un edificio vicino alla palestra della città più vicina dove si organizzano feste con tanto di Viva Fm, ballerine e birra riciclata.
Giada va con il ragazzo ( o con il tipo con cui gli fa le corna, non saprei distinguere) in una baita sperduta per i monti a schiantarsi di Montenegro mentre guardano la gente che canta su Rai due.
Quanto a me, sto cercando di organizzare con un paio di persone e di prendere in affitto una saletta ( in realtà non paghi, vai in comune, compili un paio di scartoffie e ti impegni a non dare fuoco al posto, o quantomeno a riparare).
In realtà, non abbiamo fatto ancora niente, quindi boh, non so, si vedrà.

Non abbiamo fatto manco metà strada che le sigarette sono già finite e così la voglia di star fuori, l'inverno torna a farsi sentire.
Ci si saluta, ognuno torna a casa, a scaldarsi davanti al focolare, manco avessimo vagato per una settimana in mezzo all'Artico.




Ognuno per la propria strada, con i propri pensieri.
O almeno per me è così.
Penso alla tesina, che devo ancora scrivere.
Agli esercizi di fisica, che dico a tutti che ho già cominciato a farli, per convincermi a farli davvero.
A Claudia, la ragazza a cui dovrei chiedere di uscire.
A Bergamo, la ragazza da cui mi farei fare volentieri un pompino.
A Marinella, la ragazza che l'anno scorso è uscita col 97 ed io non ci avrei scommesso un soldo.

Mi sono reso conto al "Diploma Day" che i miei amici della vecchia guardia che hanno lasciato il vecchio istituto per avventurarsi nel mondo universitario hanno surclassato le mie aspettative.
Ok, fatta eccezione per il Martino e il Janni ( non ho idea di come rendere la pronuncia di "Gianni" in argentino, prendete la J per buona) che si son beccati un 61, ma erano contenti come pasque comunque, che il Janni è salito sul palco saltellando trionfante ed è inciampato nel secondo gradino cadendo di faccia.


Kinda related.

E non mi frega un cazzo che tutti facessero o il pedagocico o il sociale ( non mi ricordo mai chi di loro faceva cosa) mentre io faccio il liceo scientifico, che sulla carta dovrebbe essere più difficile.
No, qui c'è da cambiare piano.
Non c'è più posto per l'accontentarsi.
D'ora in poi si punta in alto.
Non al 90, non mi illudo ho avuto la media del sette per tre anni e non ho abbastanza crediti...
No, vaffanculo, si fottano i crediti, qui o si fa il colpo grosso o niente, basta compromessi!
Fanculo, voglio fare medicina e poi specializzarmi in psichiatria, non posso continuare con questo atteggiamento da fancazzista.
Devo dare una svolta.
Andare da Claudia e provarci, chi se ne fotte se poi va a finire tutto a puttane e mi perdo un'altra delle ( poche, purtroppo) persone che trovo interessanti, brillanti, divertenti, così dannatamente intelligenti.
Dire a Bergamo di smetterla di smarognarmi in continuazione la minchia, che in piccole dosi le persone mi piacciono pure, ma se devono continuare a parlarmi di quanto hanno sonno, di quanto fa freddo e di quanto x prof è un bastardo\a lo facciano almeno mentre mi agitano in faccia le tette.
Così ci guadagniamo tutti e due.
Scrivere questa dannata tesina sul Progetto Manhattan e sullo stallo atomico, cazzo è una cosa che mi interessa così tanto che se mi ci mettessi di buona volontà verrebbe pure bene, basta aprire il fottuto Word e il fottuto Chrome o andare in una fottutissima biblioteca.
Finire di scrivere "Una storia buttata lì", che il quarto Capitolo è a metà nelle bozze da tre mesi ormai ( ma dovrò riscriverlo da capo, perché so di non essere capace di riprendere una cosa lasciata lì).
Cazzo, devo...

Mentre penso all'ennesimo buon proposito, sento una canzoncina venire da un balcone.
Siamo a venti metri da casa, venti passi.
Venti passi così e sarei entrato carico come Rocky prima dell'incontro con x ( inserire nome di uno degli avversari di Rocky, il vostro preferito, che io di film di Stallone non ne ho visto manco uno).
Ma la canzoncina mi distrae.
Da dove viene?
Da quella specie di pupazzo di di Babbo Natale?
Davvero qualcuno ha buttato soldi per mettere un pupazzo canticchiante in una casa praticamente disabitata?
Saranno stati i vicini, l'avranno messo per dare un po' di atmosfera alla via?
Che canzone è?
Non mi ricordo le parole, ma l'ho già sentita da qualche parte.
E così via...

Oggi è andato giù per il cesso, causa Babbo Natale di pezza canterino.
Ma scrivo come monito per me stesso.
Domani non è un'altro giorno.
Domani sarà come oggi, senza pupazzi di merda.
Tutto quello che ho detto stasera sarà valido.
Perché domani sarà solo un prolungamento di stasera.
E così tutti i giorni a venire.

E fanculo i canti natalizi, sempre.

venerdì 14 settembre 2012

Prova, prova, sa, sa, sa


Mi sentite?
Sì? No?
Ok, allora potete pure abbassare e ignorarmi, se vi va...
Un po' di di collaborazione, dai!
Ci sono ancora scariche?
Avete provato a spegnere e riaccendere?
E a tirare un pugno al modem, no?
Bene, così si fa.
Ahem...

Salve, come i più perditempo di voi avranno notato, questa trasmissione viene da un posto che non può essere, un tempo inconcepibile e con una ricezione di pessimo gusto.
Questa trasmissione viene direttamente da casa vostra: lì c'è la cucina, il bagno, quella statua africana che vi ostinate a tenere perché fa tanto "uomo che ha visto il mondo" ( in realtà lo avete comprato da un "vù cumpra" in Piazza Dante e, in realtà, rappresenta solo un omino che si masturba, vedeste le risate del venditore, che a differenza vostra è realmente laureato in Storia dell'Arte e Antropologia).
C'è anche il vostro gatto.
Dovreste dargli meno da mangiare, sta ingrassando.
Se non è così, scusate, ho sbagliato persona.
Ecco, tornando a noi, l'unica differenza è che questa casa è cinquanta metri più vicina al Sole della vostra e sfasata all'indietro di cinque minuti.
E questo spiega le mie due affermazioni precedenti.
La causa della terza, per i meno attenti quei "bzzz" che sentite in sottofondo, è data dal fatto che non ho soldi per un buon elettricista e mi devo arrangiare da solo.

Più o meno, io dovrei essere voi, solo che di un'altra dimensione.
A dire il vero a me sembra una puttanata, dato che sono più alto e non ho tutta quella pancetta.
Comunque, dato che il mio P.S.O. si è fritto, ho deciso di fare quattro chiacchiere con me stesso, o meglio con i miei stessi.

Ah, giusto, il P.S.O.
In sostanza, il Proiettore Sinaptico Olografico, è una specie di cerchietto di ferro che va messo in testa, se ne siete provvisti di una, e vi proietta in una realtà virtuale.
Come?
Non ne ho idea, le condizioni di utilizzo del servizio le ho accettate senza leggerle.

Ora magari direte "Ma se passi tutto il tuo tempo lì, come fai a sopravvivere?", oppure mi sbaglio e avete già spento il modem, perdendo per sempre questo segnale, perché vi siete stufati di 'sta solfa, che dovete spippettarvi su YouPorn.
Non vi do torto, neanch'io sarei qui se avessi Internet.

Comunque, rispondendo alla domanda dal punto di vista fisiologico, gli utenti sono sfamati da degli addetti specializzati con prodotti certificati.
E con questo intendo che la ditta ingaggia degli scimpanzé che mi riempiono di cinque litri di plasmon due volte alla settimana.

È brava gente, ingaggiata per non ricordo quale storia sull'estensione dei diritti alle pari opportunità.
A quanto pare, ad un certo punto si è deciso che era ingiusto privare gli animali della gioia del lavoro, della democrazia e del sogno americano.
Così hanno bombardato le foreste col diserbante e il cemento a presa rapida, dato un posto di lavoro ad ognuno e messo su un governo ispirato al film "Il Re Leone".
È un peccato che il partito carnivoro abbia divorato l'opposizione durante la prima settimana.

Fuori dal P.S.O. non sono rimasti altro che tizzoni ardenti, macerie fumanti e un atmosfera tossica al 97%.
E tira anche un vento della madonna.
Così, quando la realtà ha cessato di essere confortevole, abbiamo deciso di crearcene un'altra.
2.0 e in continuo aggiornamento.

Tutto si svolge nella nostra testa, è vero, ma non è poi così diversa da quella precedente.
In fondo cos'è la Realtà?
Una serie di impulsi elettrici, che siano poi questi forniti dagli organi di senso o da una serie di cavi che si diramano dall'amigdala all'ippocampo, non mi fa poi tanta differenza.
Sinceramente, non sono neanche sicuro se questa qui fuori sia la realtà-Realtà, o solo una versione precedente del software.
Diamine, non so neanche se io sono reale o solo un bot difettoso in riparazione.
In fondo, la memoria umana non occuperebbe più di 300 megabyte di spazio, se archiviata.

Ma, in fondo, chi se ne frega del fatto di essere reale, o che il cielo grigio là fuori, che la finestra su cui sono seduto, che la sigaretta che tengo in mano siano reali né tantomeno se sia ciò che dico il messaggio reale o lo siano, invece, le scariche elettriche in sottofondo.
L'importante è sentire il pulsare ritmico delle vene.
Avere le vertigini guardando guardando in basso, che sono al 253° piano.
Annusare l'aria e gustare l'odore della pioggia che scenderà da qui a mezz'ora.
Assaporare a fondo il tabacco che danza giù per la gola.
Tutto il resto, è un bug del sistema.



\\124C 41+ : Remote computer to shutdown/restart/abort

venerdì 13 luglio 2012

Un paio di blogger e come il mio cervello li immagina

- Kisciotte:


Non basta di certo un divieto a fermarlo

- Hombre:


All'inizio della guerra al Captcha

 - Orsa bipolare

Bipolarismo su tela



Orsa al mare

- Me stesso


Ogni volta che devo pensare ad un titolo


- Melusina

"Avanti così, ancora più cattivo, duro ed alienato.Tuffati in fondo insomma"
(cit.)


- Josef K.



Aspettandone il ritorno...

- Cerex

Un killer del foglio bianco


- Mai Maturo



Se lo fate incazzare vi fa un bosone di Higgs così

- Giovanni


Capitano, rilevo una forma d'impasto che par carne!


P.s.: Mancano un fottio di persone, ma ho finito le immagini.

mercoledì 11 luglio 2012

Cose che sono altre cose

Vicino a dove abito c'è un ristorante\pizzeria, il "Flamingo", che ha come stemma un fenicottero.
Il punto è che fino a 5 minuti fa non avevo la minima idea di quale fosse la connessione tra le due cose.
Quindi, ricapitolando, il flamingo non è questo:



Ma questo:



Ok, dicevo...
Ah, giusto.
Internet è un posto magnifico.
Blogger mi soffre di schizofrenia in questo momento, ma sorvoliamo.
Su internet puoi trovare di tutto: a partire dalla top six dei videogiochi giapponesi più disturbati ( tentacoli esclusi) ad un tizio che vende un "grazie" per un milione di dollari, da come trarre profitto da un bagno "alla turca" rotto ( non dubito che ci sia un modo) ad un remake del "Mago di Oz" con Cazzo D'oro, Cerbiatto Culo ed Uno che si fa una sega a scuola nelle rispettive parti dello spaventapasseri, di Toto e dell'uomo di latta ( liberamente tratto dalle parole chiave che portano al mio blog questa settimana, a quanto pare).



Ma rimane un posto magnifico.
Un po' meno se qualche tuo amico stronzo ti manda un link per "2 girls 1 cup".
La tentazione di essere l'amico stronzo in questione è forte, ma non vorrei che il blog diventasse il luogo di ritrovo dei "Coprofagi Anonimi".


Il presidente onorario.

Ma sto perdendo di nuovo il filo del discorso. 
Internet è un posto così bello che, anche se fino ad ormai venti minuti fa non sapevo che il flamingo è il fenicottero, posso cliccare su "Mi sento fortunato" e trovare altri cinque idioti come me.
Allo stesso modo posso ritrovarmi in un sito che proclama Kristen Stewart la più grande attrice di tutti i tempi.
Ma c'è sempre quella X rossa in alto a destra e tutto un mondo la fuori in cui andare e sfogarmi tirando pallonate in faccia ai bambini al campo sportivo.


Oscar subito.

sabato 5 maggio 2012

Another

Immagina.
Per adesso solo questo.

Non è cambiato niente.
Il vento soffia ancora e la dannata polvere non ha smesso di entrarmi negli occhi.
Si sta facendo mattina, non è una cosa buona.

Vedo qualcuno in lontananza, mi nascondo dietro ad una macchina esplosa.
La canna del fucile batte contro le lamiere, ma non è un problema.
Il sangue mi ribolliva già da tempo, cerco ogni scusa che porti allo scontro.
Ma devo tenere la parte, non destare sospetti.

Non è cambiato niente.
A parte il fatto che ora non è sicuro viaggiare disarmati.
I Ghoul vedono, aspettano e mangiano.
Noi.

Si avvicina, passo cauto.
Umanamente cauto.
Meglio tenere il fucile pronto comunque.
Cento metri, uno stivale.
Cinquanta una lattina.
Venti, una trappola per orsi.
Tre chilometri, l'accampamento.
 Davanti a me lei, che evidentemente non è una Ghoul.
Irina si siede, prende un sasso, colpisce la lattina, mi scrocca l'ultima cicca.

Non è cambiato niente.
Eccezion fatta per la luna.
Quella si è spezzata in tre parti ed è lì lì pronta a caderci in testa.
Non succede solo perché non è l'unica cosa ad essersi rotta.

L'aurora boreale sopra le nostre testa.
Anche se siamo in Germania.
O da quelle parti, in Europa Centrale, dove comunque cose del genere non dovrebbero succedere.
Irina mi guarda e mi chiede come è andata la caccia.
Lei sa.
Mi odia, ma solo quando vede la parte della mia faccia coperta dalle bende.
Le rispondo che sono stato attento, che i proiettili ci sono tutti, che non ho lasciato tracce, che la amo ma che comunque voglio indietro quella sigaretta.

Non è cambiato niente.
Solo che quattro o cinque leggi fisiche hanno deciso di andare a farsi fottere.
Così abbiamo gravità alternata, macchie temporali, pianeti alla deriva, esplosioni nucleari spontanee e altre implicazioni dirette.
L'effetto domino ha fatto il resto.
Del resto i Ghoul sono il risultato di una spinta improvvisa al carrozzone dell'evoluzione.
I loro occhi percepiscono le mutazioni del campo magnetico.
La loro epidermide si è parzialmente calcificata, quindi la pelle è dura come le ossa.
I loro intestini si sono adeguati alla carestia, portando a nuove vette il termine onnivori.
Alcune ghiandole sono scomparse, come l'ipotalamo.
Ciò vuol dire niente paura, niente sonno.

Irina si alza e dice che è tempo di andare, che passerà di qua una bolla debole e che se non voglio decomprimermi devo alzare il culo e muovermi.
Io la seguo a distanza, non voglio che veda il mio occhio sinistro, giallo, infetto, nuovo.
Non le ho detto che l'evoluzione, che aveva colpito solo la parte sinistra del mio corpo, si sta estendendo.
La caccio via dalla nostra baracca o mi ubriaco e poi dormo sotto un ponte, la sera, quando mi colpisce la febbre.
Questo le fa male, ma sono convinto che essere sbranata gliene farebbe di più.

Alcune cose le nostre previsioni non riescono a vederle, i miei occhi invece sì.
Per cui so già cosa sia successo all'accampamento ancora prima che il fumo sia in vista.
Un campo magnetico così distorto, non può che essere una macchia temporale.
Ora è passata e ha lasciato davvero poco dietro di se.
I cadaveri mummificati, vecchi di uno o due migliaio di anni, ieri camminavano per la strada, erano i nostri vicini, allevavano animali, coltivavano ciò che riuscivano, tiravano avanti alla belle e meglio, vivevano.
Irina piange.
Io mi tolgo le bende.

Non è cambiato niente.
Tranne che se rimani troppo in una zona come questa, la radiazione residua cambia te.
Irina si gira e mi guarda.
Il disgusto nel suo sguardo gradualmente scompare mentre i suoi occhi diventano gialli e la sua pelle grigia.
Come la mia.

domenica 4 marzo 2012

Hello, hello, hello how low?

Potrei parlarvi di Roma, dato che torno adesso da lì.
Ma, invece vi parlerò del Giappone, di cui so poco nulla e dove non sono mai stato.
Tornare da una gita è sempre traumatico.
Se poi il tuo prof ha voluto percorrere un centinaio di chilometri nel corso di una settimana, è peggio.
A quanto pare ciò non fa bene alla mia coerenza.


A riconferma, questa è una capra caucasica,
 anche conosciuta come stambecco.

Ah, il Giappone.
Il luogo dove è Madre Natura a shakerare i cocktail.
La storia, le opere, la cultura!
La storia: mi ricordo di aver visto "L'ultimo samurai" una volta"...
Le opere: ho la serie completa del manga Dragon Ball in camera...
La cultura: le mascherine che indossano in quel di Tokyo non servono né a salvare i propri polmoni dallo smog della metropoli, né ad evitare di ingerire microorganismi per un culto smodato della vita ( anche se questa è vera in parte); i giapponesi ritengono un'offesa molto grave soffiarsi il naso in pubblico.
Paese che vai, caccole che trovi.


C'è anche chi gira con maschere così.

A Roma faceva parecchio caldo, neve non ce n'era più.
Secondo Alemanno è un piano dei comunisti per far impazzire i termometri.
Il cielo era di un bel colore azzurro, fino a che tenevi il collo piegato di 90°.
Quattro cose mi hanno colpito.
La prima, una chiesa dove bisogna pagare per accendere la luce e poter vedere i quadri del Caravaggio.
Verissimo che anche nei musei paghi il biglietto per entrare, ma almeno non ti prendono per il culo.

La seconda:


Non uscire dalla metropolitana ballando la tecktonik.

La terza:


Il trionfo della Divina Provvidenza di Pietro da Cortona.

La quarta è stata una donna che faceva dei dipinti con bomboletta spray con una tecnica davvero spettacolare.
Purtroppo non ne ho foto, né avevo i soldi ( 10 euro, avevo lasciato il portafoglio in albergo, non guardatemi male, non sono COSÌ tirchio) per comprarmene uno.
Orsetta, se ti capitasse di avere un paio di minuti liberi e ti trovassi dalle parti della Fontana di Trevi, magari la trovi ancora lì.
Vale davvero la pena di vederla all'opera.

Tornando al Sol Levante, io sono un appassionato di manga, albi a fumetti giapponesi.
Uniscono due cose che amo: la scrittura e il disegno.
Quindi posti come Animate a Ikebukuro, nove piani di Dragon Ball, Death Note e Soul Eater e chi più ne ha più ne metta, o il quartiere di Shibuya, stracolmo di videogame, anime e manga, sono qualcosa come la Mecca:



"Sento dire che in campagna si vedono spesso cinghiali e orsi.
Ma io sono cresciuto a Shibuya, nel centro di Tokyo.
Qui spesso si vedono, piuttosto, tizi che si buttano dai palazzi, sotto i treni,
 o stranieri che brandiscono seghe."
Atsushi Ohkubo


L'avevo messa lei tra i motivi per cui amo il Giappone?

Nella capitale italiana ho alloggiato in un albergo, il Parco Tirreno, che a quanto pare non è quello in cui lavora l'Orsa.
A parte questo era perfetto: stanze spaziose, praticamente appartamenti, ampi balconi dove portare le compagne di classe a vedere il tramonto velato dal monossido di carbonio, fare una partita a briscola, fumarsi una sigaretta con gli amici alle 4 di mattina.
Voto 8\10.
La Carta, il primo blog\agenzia turistica.

Vabbè, s'è fatta ora di cena, anzi è passata da un pezzo.
Vi lascio ricordandovi che io sono come le maledizioni egizie, non ce ne si libera facilmente.
Au revoir.


Chi si aspettava questa canzone dal titolo del post
ha vinto un chilo di Stima ©

lunedì 13 febbraio 2012

Un tot*

- Allora, ci siamo tutti?
- Sì.
- Io ci sono.
- Io non saprei.
- Beh, non proprio tutti...
- In che senso?
- MaiMaturo, non c'è stava male.
- Che ha?
- Non si sa, forse ha fatto qualche sgarro all'industria del caffè...
- Smettila con gli 883!
- Parapereperepè!
- Cazzo, si era detto niente rime baciate, io me ne vado!
- Ma dai Cerex, per così poco!

- Vabbè, vabbè. In quanti siamo rimasti?
- Nove. Se il Conte desiste nell'hackerare l'account premium di Brazzers, saliamo a dieci. Se ci riesce, scendiamo a tre...
- E c'è il committente...
- Già. Un tipo particolarmente oscuro ed eccessivamente rancido, direi...
- Hombre, che ce l'hai una birra?
- Si era detto niente nomi! Diamine, mettitelo in testa Sileno!
- Ok, ok. Tu, giovanni, ne hai?
- No, solo post. Però mi è avanzato un po' del peposo dei fornaciai.
- Mah, secondo me è quello che ha fatto ammalare MM. Capita di pigliarsi i virus, se ti mandi il cibo per e-mail.
- Taci, che era la fine del mondo, o almeno per come lo conosciamo...
- Pluralis maiestatis e citazionismo, stiamo cadendo in basso.
- Democritico, ti facciamo pubblicità e ti lamenti pure?
- Primo il blog è collettivo, non mio. Secondo, dici così solo perché vuoi che dica il tuo nome, S., ma non lo farò!
- Lo hai appena fatto...
- Dannazione!

-Silenzio!!!
Una figura in frac scende la scala antincendio della fabbrica abbandonata (Mi).

- Prendete esempio dalla Donna camel e dall'Orsa, che se ne sono state tranquille fino adesso.
- Gnom gnam... Come scusa?
- Ma che state facendo?!?
- Stiamo mangiando il peposo.
- Guarda te con chi devo lavorare...
- Ma se no va a male, è un peccato sprecarlo...
- Okay, okay, ma non fate briciole, che non è biodegradabile!

La figura è in penombra, i nostri 9 /10 /3 eroi intravedono solo alcune piume e penne nere, un piede palmato.

- Bene, iniziamo. Credo che voi mi conosciate: il mio nome è Pingu. Mi ricorderete di certo per il mio ruolo da protagonista nell'Amleto di Shakespeare!
-...
-...
-...
-...
-...
-...
-...
-...
-...
- Amleto?
- Quello di Drive...
- Ah!

- Bene, bene, bando ai convenevoli, vi ho chiamati qui per un'unica ragione, risolvere una volta per tutte un problema comune, una piaga.
Fino ad oggi ho sopportato il suo uso impudente del mio marco, della mia immagine, nonché il grave danno arrecato alla mia reputazione.
Sapevo che un giorno mi avrebbe ripagato con i proventi del suo lavoro ma La Carta, gigolò ad ore della mente umana, si è giocato lo stipendio di una vita con un solo, stupidissimo, fottutissimo asterisco.
Quindi ho chiamato voi, spietati mastini della guerra cibernetica per... Conte che cazzo stai facendo con le brache calate?
- Ho ottenuto un abbonamento a vita gratuito, potrò festeggiare un po', scassaballe incapace di volare?
- O figo, vedere vedere!
Il gruppo si riduce a tre membri.
Termine ambiguo, dato che si parla di tre donne.

- Ma, ma... Almeno tu Kisciotte, non vuoi sconfiggere un tuo nemico anti-captchatore?
- Che, sono scemo, proprio ora che mi sono assicurato sedute psichiatriche a vita? Caccio i mulini io, mica sono scemo!
- E tu, Josef K., non vuoi eliminare un tuo concorrente all'olimpo di Paint?
- Quello lì? È ancora fermo agli spaghetti western, ne ha di strada da fare prima di raggiungere le mie fotocopiatrici...
- Magnetico, tu almeno!
- Taci un attimo, c'è la scena clou!
- Democritico?
- Quella lì non ti sembra la Minetti?
- Lasciamo perdere. Giovanni?
- Un sacchetto di pop-corn e una Coca, grazie...
- Che cazzo sono diventato una fottuta "maschera" da cinema? Un po' di rispetto, io sono il vostro boss!
- O calmo, non ti scaldare. Piuttosto, ce l'hai una birra?
- Fanculo Sileno...

- Oh, Cristo. Donne, mie care donne, mi affido a voi!
- Il peposo è finito, mi dispiace...
- Chi se ne frega! Chi se ne frega! Anf... Donna camel, dimmi che almeno tu hai una qualche idea!
- Beh, dato che non abbiamo uno straccio di piano, mi sono fatta dare una mano dalla comunità internauta.
- Ah, sì? Finalmente una buona idea. Sei stata discreta?
- Certamente: ho postato un Eds dal titolo " Metodi per uccidere un blogger di fama infima che ha causato le ire di un potente ( Pingu è per metà pinguino reale, quindi di sangue blu, n.d.a.) usando senza permesso il suo nome e autodefinendolo sua mascotte"!
Ehi, perché stai prendendo a testate il muro?
- Bene, ottimo, bis. Ho deciso, vado a spaccarmi il fegato coll'alcol.


Dannati, hic, incapaci...

(Fade to black)



Cast\ Gente che mi querelerà: 
( In ordine di apparizione)

*MaiMaturo - Nella parte di un sé non troppo in sé
*Cerex - In sé, anche se per poco
*Il Conte di Montenegro - Prematuramente uscito di sé
*Kisciotte - Particolarmente in sé
*Giovanni - Fa lo stesso se ho chiamato per nome il tuo sé o preferivi menocchio?
*S. - Nel suo sé "samenta" ( si scrive così... bah, vabbè)
*Democritico - Continuavo a scrivere Democrito, ho dovuto correggere quattro volte, nel ruolo di sé
*La Donna camel - Nel ruolo che non ho capito se camel va con l'accento sulla "e" o se va  scritto maiuscolo
*Orsa Bipolare - Nel ruolo delle varie sé
*Josef K.- Non era molto in sé ai provini, ma una comparsata ci stava
*Magnetico - Come sopra, in sé più o meno
*Hombre - Che a quanto pare m'ero dimenticato che era in sé


That's all, folks!
(Siate magnanimi, sono reduce da tre ore di esercizi di trigonometria)
Special thanks: Cerex, per avermi ricordato che anche i pinguini bevono Jack Daniel's

mercoledì 11 gennaio 2012

Back home

Sono un po' in ritardo, ammetto anche di non aver neanche seguito gli altri blog ultimamente.
Non ho risposto ad un paio di commenti, anche se non ho potuto che compiacermi dello stupore di Hombre per la mia conoscenza dei cabinati degli anni ottanta.
Non ci sono più notizie sul film su Space Invaders, contando che il regista ha stuprato la mia infanzia con quella merdata di "G.I. Joe: La nascita dei Cobra", non so se rallegrarmene.

Ho letto "La Sonata a Kreutzer" di Tolstoj.
Peccato, è passato come acqua: insapore, incolore ed inodore, presto me ne dimenticherò.
Ho dovuto scriverne un commento, ho motivato la mia opinione dicendo che un uomo che va in carrozza ad uccidere la moglie dovrebbe trasmettere ansia non sonnolenza, che se hai letto "Memorie dal sottosuolo" di Dostoevskij ti aspetti che ogni volta che il protagonista sale su di un taxi, indipendentemente che sia trainato da cavalli o dalla sua destinazione, venga assalito da nevrosi del tutto simili a quelle che proverebbe trovandosi davanti a Cthulhu.
Ora aspetto il mio bel cinque e mezzo, perché potevo argomentare di più.

Cerco gente che venga a vedere l'ultimo film su Sherlock Holmes, qualcuno è interessato?
Ultimamente non trovo nessuno con cui andare al cinema.
Ci sono stati periodi in cui ci andavo quai tre volte al mese, una volta non ci sono andato per due anni, ora sono sei mesi.
Sono in crisi d'astinenza.

Pensavo di smettere di fumare, anche se forse non si può dire che quantitativamente abbia mai iniziato.
Mi ero detto che quando non ne avessi più sentito il sapore, il piacere, avrei appeso la sigaretta al chiodo.
Sono due anni, ho superato da poco il numero che credevo fosse il punto di non ritorno del gusto.
Sono a 53.
L'ho detto che erano poche.

Ho i piedi congelati, non mi è mai capitato.
Giuro.

Per un po' si andrà a rilento.
Non ci sarò molto a casa, quando ci sarò dovrò studiare.
Inoltre devo decidermi a non scrivere in entrambi i blog, ne esco svuotato e finisco a parlare di nulla.
Più del solito.

Semplicemente non dovrei pubblicare, ma non mi va di lasciare a 0 Gennaio.
Ogni mese merita la sua dose di boiate.

Vediamo...
L'ultimo dell'anno l'ho passato a girarmi i pollici.
Ma ero ubriaco, quindi la cosa non mi riusciva granché bene.
( Non capisco, batto sulla tastiera, ma una parola ogni due mi si anagramma sullo schermo)
Tornando a casa, un chilometro a piedi a temperatura -3°, parlavo con un mio amico del caso, al che prendo la bottiglia di vodka mezza vuota che si era portato da casa, mi giro e la lancio.
Centro in pieno un palo della luce a tre o quattro metri da me, la bottiglia va in frantumi.
Lui era troppo ubriaco per lamentarsi del buon alcool sprecato, io lo ero troppo perché l'ecologista che subaffitta il mio cervello si rammaricasse del fatto che quel vetro quando morirò sarà ancora lì.
L'unica cosa che sono riuscito a biascicare ridendo è stata: " Vedi, questo è il caos".

Ecologista, d'altro canto, lo sono sì e no.

È una di quelle ideologie che, anche se non lo ammette, è fondata su di una base di egoismo umano ( non umano egoismo, beninteso).
La maggior parte delle volte è l'uomo ad essere fottuto, la vita probabilmente continuerà.
Ovvio la BP non avrà il mio sostegno, né lo ha mai avuto il motore a combustione interna o la fusione nucleare.
Ma quando butto i filtri in un cestino invece che per terra, ho la correttezza di ammettere che lo faccio perché non posso soffrire l'impronta dell'uomo, non perché inquinano.

Non mi piacciono neanche molti ecologisti.
Che poi è una frase stupida: mi stanno sulle balle un paio di esseri umani, che casualmente sono ecologisti.
Che comprano scarpe della Nike e masticano ciunghe ( chewing-gum per intenderci, non so si chiamino così anche dovunque siate voi)  come cavalli.

La Nike diventerà una azienda Toxic Free: ai bambini non sarà concesso di espirare e rilasciare anidride carbonica durante i turni di lavoro.
Nonostante la decisione sia stata presa solo dopo essere stati beccati con le mani nel sacco, sembra che sia stato perdonato loro tutto.
Almeno credo, sono passati quattro mesi e mi pare non sia successo niente: come per magia, le riserve d'acque intossicate sono scomparse, i buoni hanno vinto.
Ancora.

Vabè vado a buttarmi nel Gange, sogno erotico di questi due rincoglioniti che credono di poter salvare la Terra con Facebook ( almeno adottassero qualche albero), che però non considerano come in realtà l'indiano fiume non sia altro che un pisciatoio all'aria aperta, lavanderia pubblica, luogo di galleggiamento per stronzi di vacca sacra e cadaveri in putrefazione.

Namasté!

domenica 11 dicembre 2011

Tronco lo spirito della pietra, quale ginocchio conosce assenza di danno?

Eppure ci fu un tempo.
L'odore del sangue mi disgusta tutt'ora.
Eppure ci fu un tempo.
Sento distintamente la rotula pulsare, non è dolore, ma calore piuttosto.
Eppure ci fu un tempo.
In cui non lo avrei sopportato.

Il bisturi incide la mia pelle, porta alla luce le mie viscere, ammasso putrido di carne, poetico ingranaggio della macchina perfetta.
E se la coscienza fosse il mio male?
No, questo mai.
Anche se sfama la mia ipocondria, mi rafforza.
Perché non mi uccide.
Ecco ora la gabbia toracica, la spaccano con le cesoie.
Quanti possono dire d'aver assistito alla propria autopsia?

La zampa di coniglio è ancora nella tasca della giacca.
Eppure questa è un'altra storia.
Qui io muoio, lì scappavo.
Si tratta forse di un flashforward?
No, all'autore non piacciono molto questo genere di cose, non usate in questo modo.
Forse è solo uno dei racconti possibili questo: non dovevi forse parlare di una foresta pietrificata, non lo dicesti forse?

Cosa mi è successo?
Le uniche cose, le uniche parole: Assenza, Danno, Ginocchio, Pietra, Spirito, Tronco.
Null'altro alberga nella mia mente.

Mi tagliano.
Ora noto l'assenza del mio tronco.
Non mi mancherà particolarmente: era debole ed imperfetto.
Ma funzionale allo stesso tempo.
Separano le mie membra.
Braccio destro a destra.
Braccio sinistra a sinistra.
Potrebbe essere altrimenti?

Forse dovrei smettere di scrivere.
Almeno di scrivere così.
Lo spirito del racconto ne risente, se è duro, freddo e inumano come la pietra.
Ultimamente ho pensieri bui.
Rileggendo questa frase, mi accorgo di una cosa: non vuol dire un cazzo.
Cosa penserebbero i posteriori se dovessero leggere un mio testo?
Ama tropo la paratassi.

Se scrivessi un libro, non sarebbe più lungo di tre pagine.
E lo dico a ragion veduta: se sforo il limite mi perdo.
Non oltrepasso solo le colonne d'Ercole, non mi accontento di una visione di sfuggita della montagna del Purgatorio.
Prendo quell'attimo prima della rovina e lo divido per due, per due, per due, ancora una volta, again, otra vez, mehr ein mal, pour une fois plus, plis.
La freccia si congela in aria, ma io mi perdo ad osservarne la fattura invece di approfittarne e scansarla.
E già inizio a perdermi ora.

Ora il ginocchio inizia a farmi male, anche se è staccato dal resto del corpo, insieme al resto della gamba galleggia nella formaldeide.
Come diceva il tizio delle carte?
Non c'è trucco, non c'è danno...
No, aspetta, inganno.
Eppure c'era: non c'era invece nessuna donna di cuori, come non c'era nessuna carta, nessuna bancarella, nessun marciapiede, nessuna città, nessuna crosta terrestre, nessun nucleo, nessun pianeta, nessun Sistema Solare, nessuna galassia.
Nessun uomo.
Solo energia.

"Tutta la materia è solamente energia condensata a una lenta vibrazione. Siamo tuttiun’unica coscienzala quale ha esperienza di sé soggettivamente, non ci sono cose come la morte, la vita è solo un sogno e noi siamo il frutto della nostra stessa immaginazione."
Diceva Bill Hicks.
Ora non lo dice più.
Non perché abbia cambiato idea, ma perché gli manca da un po' di tempo il fiato.
E no, non per le sigarette.

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Mi sembrava di stare diventando troppo serio, un po' come quei russi, i quali sembra non ridano mai.
Con una differenza sostanziale: il mio "Guerra e Pace" durerà solo tre pagine.
Ma, visto il qui sopra scritto, ispirato a quella volta in cui ho messo il piede su di un appiglio friabile, dovendo superare un macigno il quale bloccava il sentiero, e mi sono sbucciato un ginocchio cadendo, forse il risultato sarà abbastanza folle da piacermi.

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Questo delirio partecipa all'EDS del ponte della Donna camèl, ed ora silenzio, che vado a leggermi cosa ha scritto l'Hombre sui cinesi...

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Gli altri partecipanti:

- Lilina con Scrivere
- Dario con La Petite Danseuse
- Hombre con Gianni il cinese
- Mai Maturo con La settima repubblica
- To be continued ( fino a martedì)

domenica 4 dicembre 2011

Neve rossa

Arranchi e ti dici che mancano ancora pochi paragrafi la fine è vicina.
Guardi fuori e nevica.
Guardi il libro che leggi, pure qui nevica.
Guardi dentro te stesso, fa freddino pure lì.
Vai in dispensa, non cerchi niente di particolare, una qualsiasi cosa che tu possa sgranocchiare mentre finisci queste due, no, tre pagine.
Senti il cane abbaiare, cambi idea.
Metti il segnalibro, indossi una giacca pesante, prendi il guinzaglio.
Fuori fa caldo, più di quanto ti aspettavi.
Mentre tenti di agganciare il collare, l'animale si agita, salta a destra e a manca, sa che si va a fare un giro.
Finalmente.
La neve ti cade sui capelli, ne senti il peso, ma non metti il cappuccio, non ancora.
Quel contatto ti piace, i capelli lunghi sono come piste dove gocce d'acqua sfrecciano per compiacere la gravità.
Tiri un respiro, ma hai le vie aeree congestionate dal raffreddore, non senti alcun odore.
Forse un profumo leggero di aghi di pino, ma potresti essertelo immaginato.
Il cane inizia a tirare, sa già la strada.
Il laghetto è lo stesso di sempre: calmo, isolato, circondato da conifere silenti, che scrutano te e il quadrupede.
Delle volte sussurrano.
Soprattutto quando non prendi le tue medicine.
Per un po' le abbandoni, queste statue plasmate dai secoli, vai a scrutare il panorama da una collinetta.
La valle si staglia di fronte a te, è bellissima, coperta com'è da un manto bianco.
Vedi delle linee di fumo, qualcuno a deciso di accendere un fuoco.
Potresti raggiungerle, non sono lontane.
Il cane ti guarda, seduto aspetta un tuo ordine, una tua decisione.
Tu gli doni la libertà, anche se solo per un po'.
Non si lascia scappare l'opportunità, corre, insegue tracce di lepri, ti chiedi se lo faccia seriamente o per sfizio.
Alzi le spalle ed espiri.
Il vapore acqueo esce compatto, le temperature sono più basse di quanto credessi.

-Forse oggi è un buon giorno...
Dici al vento, il quale ascolta senza commentare.
Scendi dal colle e torni al lago, ti inginocchi, ne tocchi la superficie.
I polpastrelli restituiscono una vasta gamma di informazioni al cervello.
Lui le elabora e le riordina.
Buon ghiaccio, solido, freddo, liscio, scivoloso, butterato in alcuni punti.
Ti chiedi fra te e te come una lastra d'acqua congelata possa essere butterata.
Alzi gli occhi e vedi una donna che pattina, traccia le linee che alle tue dita erano sembrate cicatrici.
Tu ne rechi una in fronte, quindi sai come sono fatte.
Quelle sono tutt'altro: pennellate di un'artista, incisioni di uno scultore.
Lei si accorge di te, ti sorride, poi si avvia a riva, si siede su di una panchina di legno.
Come te non si cura del freddo, scalza se ne va, con le lame delle calzature, che tiene appoggiate sulla schiena, che battono tra di loro.
Vorresti raggiungerla ed inizi a muoverti.
Sei sul lago ora, ma non te ne accorgi ancora.
Continua a camminare, non badare agli alberi, al cane, al vento, alle medicine, al rumore del ghiaccio che si crepa.
Insegui quella figura, ora nel tuo mondo ci sono solo la sua chioma rossa e il tintinnare dei ferri che si porta dietro.


Poi ti fermi, è scomparsa.
E allora tutto ti assale, la mente si riempie di informazioni.
Ti ricordi?
Sono tutte quelle che avevi ignorato, le secondarie.
Ma ora che la primaria non c'è più si contendono uno spazio nella tua mente.

Il cane, dov'è il cane?
Che freddo ai piedi!
Le ho prese le medicine?
Cosa dicono gli alberi, non riesco a sentirli, qualcosa copre la loro voce...
Sei tu vento?
Ma che sto dicendo, sto impazzendo?
Cos'è questo rumore assordante, è vero tutto ciò?
Oh mio dio, il ghiaccio!
Una crepa enorme, è ovunque, ora che faccio?

Crack.
Senti il vuoto?

È sotto i tuoi piedi, blu per l'assideramento.
Madre natura ti spinge verso le gelide acque, che si chiuderanno intorno a te in un abbraccio eterno.
Padre tempo ti concede un ultimo dono, un'istante eterno, in cui tu alzi la testa e scruti il cielo.
La neve cade, rossa.


Ti svegli di soprassalto, urlando, ma subito ti calmi.
Senti qualcosa di familiare: il lento ma deciso tirare alle braccia della camicia di forza.
Sai anche che non dimenticherai mai quella chioma rossa, i pattini, il giorno in cui la tua mente ha perduto il dono in grado di crearli.
Ma, a volte, ritornano.

mercoledì 30 novembre 2011

Sigaretta?

Fumare sta diventando un problema.
E non parlo del vizio, non ci sono ancora dentro e neppure del costo, che riesco, per ora, a mettere in bilancio.
Neanche delle persone.
Posso capire ( sempre che siano disposti ad accettare il fatto che anche la cirrosi epatica, la pressione, il colesterolo, gli autobus uccidono) quelli che mi vengono a dire che mi sto ammazzando, perché parlano con cognizione di causa .
E sopporto quelli che dicono che la sigaretta la uso come "oggetto di tendenza".
Lo ritengo un ragionamento del cazzo, non gli do peso.



- Guarda che fumare non ti rende figo, lo sai?
- Guarda che aprire la bocca ed emettere suoni non ti fa essere diverso da una bertuccia, lo sai?

Non che io abbia niente contro le scimmie.
Quella della foto, in particolare, mi pare molto più rilassata di quanto sia io negli ultimi tempi.
Il mio personale Dottor Mengele ha smesso di cantare le sigle dei cartoni partorite dagli allucinati lombi di Cristina D'Avena, ora spara diagnosi a caso.
Cioè, c'è uno schema dietro al tutto, ma ciò che l'ultimo anello della catena ( che sarei io) riesce a comprendere è solo che la medicina è basata sul mero culo.
Quindi domani vado a farmi esaminare: avrò l'epatite C, B, o l'incidente in bici di quattro anni fa ha fatto danni più gravi di quanto si pensasse?
Fate la vostra puntata, le scommesse sono aperte.

Anche quel minuscolo sottoinsieme dell'umanità che reputo amico non se la passa bene, ultimamente.
C'è chi vede la propria carriera scolastica andare a picco, ma spera di tirarsi su nel prossimo quadrimestre ( cosa che ho visto fare, spesso anche; ma non è sempre domenica).
C'è chi si rode il fegato ( sì, sempre lì si va a parare) perché al suo posto in Canada ( per un viaggio a cui sono ammessi solo persone con x di media in y materie) andranno degli idioti ( ciao Sara!).
C'è chi è incazzato e basta, neanche avesse il mestruo perenne ( anche chi, teoricamente, non sarebbe "predisposto" a tale alterazione umorale\fisiologica).

Ma parliamo di me, in fondo questo è il mio blog.
Sei anni fa, prendo la mia bici, una mountain bike, inizio a pedalare.
Mi avvio verso il campo sportivo, vedo i vecchi amici sul lato opposto del perimetro irregolare di quella distesa desertica, accelero e taglio in diagonale.
In men che non si dica, sono arrivato all'angolo opposto anche perché tra gli antipodi ci sono meno di quaranta metri.
Saluto con una mano, perdo parte ( anche se per ora è irrilevante) della presa sul manubrio.
Sgommo ( sì, QUESTO lo ho fatto per fare il "figo"), secondo errore.
Distendo la gamba, un gesto istintivo per me, terzo errore.
Il piede tocca terra, fatalità.
Vengo sbalzato come da un toro impazzito, la gamba distesa ha contemporaneamente spostato il mio baricentro e non mi offre la possibilità di aggrovigliarmi alla canna e scivolare a terra, procurandomi una leggera umiliazione, ferite superficiali.
Così vengo sbalzato in aria ( Ricordate? Non posso più aggrapparmi al manubrio, non abbastanza forte) e la bicicletta continua ad avanzare.
Atterro sui corni, uno mi arriva tra due costole, non abbastanza forte da danneggiarle, ma mi provoca quella che mi hanno detto chiamarsi "insaccata", quando i polmoni si svuotano completamente d'aria e non riescono più a riempirsi, vedi pugno nello stomaco.
L'altro mi colpisce al ventre, centra il fegato, provoca una fuoriuscita di sangue, la quale diventa un ematoma di 8x10x8, il quale mi blocca in ospedale per 10 giorni, in attesa di un riassorbimento o di una veloce operazione, che non ci fu mai.
Ma alle volte ritornano...
Ma ora basta, fatevi un po' di cazzi vostri.



E così oggi sono seduto qua, sugli scalini della scuola.
Scrivo in differita.
Ho appena rivisto lei, lei che scriveva poesie, lei che ora mi evita, lei che non so se sono riuscito a smettere d'amare.
Sto finendo "Se una notte d'inverno un viaggiatore" di Calvino, ma qui tira un vento freddo, inizio ad arrancare e mi distraggo, metto il segnalibro e chiudo.
Frugo nelle tasche: sono nervoso, ho appena finito una versione di latino di cui mi fido poco, non trovo sigarette, non riesco a capire come una valutazione basata sulla capacità di contraffare e dissimulare possa portarti dritto dritto nel paese dalla foglia d'acero, qui ci sono solo due accendini, mi metto le mani nei capelli, senza una ragione particolare, un momento di empatica disperazione.

Un rumore, mi giro di scatto, non mi ero minimamente accorto dell'arrivo della figura al mio fianco.
Omar tira fuori dalla giacca un pacchetto di Pall Mall, ne prende una, allunga il braccio e dice:
-Sigaretta?




Per S.

sabato 26 novembre 2011

Il poema conclusivo di Minecraft

Questo post sarà inutile per tre motivi:

- È un copia- incolla dei crediti del videogioco Minecraft, quindi è un pesante spoiler.
- Sarà comprensibile a pochi ( chi conosce l'inglese e che possibilmente ha provato il capolavoro del Team Mojang).
- È anche un pretesto per avere un qualche spazio dove scrivere che ho scritto la terza lettera.

Ma mi giustificherò così:
- Ho dato ai volenterosi di conoscenza, la possibilità di cercarsi il significato di una nuova parola, ora che avete finito di spolpare OT.
- Non è mai stato un deterrente, inoltre posto ciò che segue più per me che per voi, per potermelo rileggere quando mi pare.
- Non riesco a fare a meno di dirlo.



I see the player you mean.
[Player Name]?
Yes. Take care. It has reached a higher level now. It can read our thoughts.
That doesn't matter. It thinks we are part of the game.
I like this player. It played well. It did not give up.
It is reading our thoughts as though they were words on a screen.
That is how it chooses to imagine many things, when it is deep in the dream of a game.
Words make a wonderful interface. Very flexible. And less terrifying than staring at the reality behind the screen.
They used to hear voices. Before players could read. Back in the days when those who did not play called the players witches, and warlocks. And players dreamed they flew through the air, on sticks powered by demons.
What did this player dream?
This player dreamed of sunlight and trees. Of fire and water. It dreamed it created. And it dreamed it destroyed. It dreamed it hunted, and was hunted. It dreamed of shelter.
Hah, the original interface. A million years old, and it still works. But what true structure did this player create, in the reality behind the screen?
It worked, with a million others, to sculpt a true world in a fold of the [scrambled], and created a [scrambled] for [scrambled], in the [scrambled].
It cannot read that thought.
No. It has not yet achieved the highest level. That, it must achieve in the long dream of life, not the short dream of a game.
Does it know that we love it? That the universe is kind?
Sometimes, through the noise of its thoughts, it hears the universe, yes.
But there are times it is sad, in the long dream. It creates worlds that have no summer, and it shivers under a black sun, and it takes its sad creation for reality.
To cure it of sorrow would destroy it. The sorrow is part of its own private task. We cannot interfere.
Sometimes when they are deep in dreams, I want to tell them, they are building true worlds in reality. Sometimes I want to tell them of their importance to the universe. Sometimes, when they have not made a true connection in a while, I want to help them to speak the word they fear.
It reads our thoughts.
Sometimes I do not care. Sometimes I wish to tell them, this world you take for truth is merely [scrambled] and [scrambled], I wish to tell them that they are [scrambled] in the [scrambled]. They see so little of reality, in their long dream.
And yet they play the game.
But it would be so easy to tell them...
Too strong for this dream. To tell them how to live is to prevent them living.
I will not tell the player how to live.
The player is growing restless.
I will tell the player a story.
But not the truth.
No. A story that contains the truth safely, in a cage of words. Not the naked truth that can burn over any distance.
Give it a body, again.
Yes. Player...
Use its name.
[Player Name]. Player of games.
Good.
Take a breath, now. Take another. Feel air in your lungs. Let your limbs return. Yes, move your fingers. Have a body again, under gravity, in air. Respawn in the long dream. There you are. Your body touching the universe again at every point, as though you were separate things. As though we were separate things.
Who are we? Once we were called the spirit of the mountain. Father sun, mother moon. Ancestral spirits, animal spirits. Jinn. Ghosts. The green man. Then gods, demons. Angels. Poltergeists. Aliens, extraterrestrials. Leptons, quarks. The words change. We do not change.
We are the universe. We are everything you think isn't you. You are looking at us now, through your skin and your eyes. And why does the universe touch your skin, and throw light on you? To see you, player. To know you. And to be known. I shall tell you a story.
Once upon a time, there was a player.
The player was you, [Player Name].
Sometimes it thought itself human, on the thin crust of a spinning globe of molten rock. The ball of molten rock circled a ball of blazing gas that was three hundred and thirty thousand times more massive than it. They were so far apart that light took eight minutes to cross the gap. The light was information from a star, and it could burn your skin from a hundred and fifty million kilometres away.
Sometimes the player dreamed it was a miner, on the surface of a world that was flat, and infinite. The sun was a square of white. The days were short; there was much to do; and death was a temporary inconvenience.
Sometimes the player dreamed it was lost in a story.
Sometimes the player dreamed it was other things, in other places. Sometimes these dreams were disturbing. Sometimes very beautiful indeed. Sometimes the player woke from one dream into another, then woke from that into a third.
Sometimes the player dreamed it watched words on a screen.
Let's go back.
The atoms of the player were scattered in the grass, in the rivers, in the air, in the ground. A woman gathered the atoms; she drank and ate and inhaled; and the woman assembled the player, in her body.
And the player awoke, from the warm, dark world of its mother's body, into the long dream.
And the player was a new story, never told before, written in letters of DNA. And the player was a new program, never run before, generated by a sourcecode a billion years old. And the player was a new human, never alive before, made from nothing but milk and love.
You are the player. The story. The program. The human. Made from nothing but milk and love.
Let's go further back.
The seven billion billion billion atoms of the player's body were created, long before this game, in the heart of a star. So the player, too, is information from a star. And the player moves through a story, which is a forest of information planted by a man called Julian, on a flat, infinite world created by a man called Markus, that exists inside a small, private world created by the player, who inhabits a universe created by...
Shush. Sometimes the player created a small, private world that was soft and warm and simple. Sometimes hard, and cold, and complicated. Sometimes it built a model of the universe in its head; flecks of energy, moving through vast empty spaces. Sometimes it called those flecks "electrons" and "protons".
Sometimes it called them "planets" and "stars".
Sometimes it believed it was in a universe that was made of energy that was made of offs and ons; zeros and ones; lines of code. Sometimes it believed it was playing a game. Sometimes it believed it was reading words on a screen.
You are the player, reading words...
Shush... Sometimes the player read lines of code on a screen. Decoded them into words; decoded words into meaning; decoded meaning into feelings, emotions, theories, ideas, and the player started to breathe faster and deeper and realised it was alive, it was alive, those thousand deaths had not been real, the player was alive
You. You. You are alive.
and sometimes the player believed the universe had spoken to it through the sunlight that came through the shuffling leaves of the summer trees
and sometimes the player believed the universe had spoken to it through the light that fell from the crisp night sky of winter, where a fleck of light in the corner of the player's eye might be a star a million times as massive as the sun, boiling its planets to plasma in order to be visible for a moment to the player, walking home at the far side of the universe, suddenly smelling food, almost at the familiar door, about to dream again
and sometimes the player believed the universe had spoken to it through the zeros and ones, through the electricity of the world, through the scrolling words on a screen at the end of a dream
and the universe said I love you
and the universe said you have played the game well
and the universe said everything you need is within you
and the universe said you are stronger than you know
and the universe said you are the daylight
and the universe said you are the night
and the universe said the darkness you fight is within you
and the universe said the light you seek is within you
and the universe said you are not alone
and the universe said you are not separate from every other thing
and the universe said you are the universe tasting itself, talking to itself, reading its own code
and the universe said I love you because you are love.
And the game was over and the player woke up from the dream. And the player began a new dream. And the player dreamed again, dreamed better. And the player was the universe. And the player was love.
You are the player.
Wake up.

Ringrazio Minecraft Wiki per il testo.
E Notch, per aver creato questa meraviglia.