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mercoledì 30 novembre 2011

Sigaretta?

Fumare sta diventando un problema.
E non parlo del vizio, non ci sono ancora dentro e neppure del costo, che riesco, per ora, a mettere in bilancio.
Neanche delle persone.
Posso capire ( sempre che siano disposti ad accettare il fatto che anche la cirrosi epatica, la pressione, il colesterolo, gli autobus uccidono) quelli che mi vengono a dire che mi sto ammazzando, perché parlano con cognizione di causa .
E sopporto quelli che dicono che la sigaretta la uso come "oggetto di tendenza".
Lo ritengo un ragionamento del cazzo, non gli do peso.



- Guarda che fumare non ti rende figo, lo sai?
- Guarda che aprire la bocca ed emettere suoni non ti fa essere diverso da una bertuccia, lo sai?

Non che io abbia niente contro le scimmie.
Quella della foto, in particolare, mi pare molto più rilassata di quanto sia io negli ultimi tempi.
Il mio personale Dottor Mengele ha smesso di cantare le sigle dei cartoni partorite dagli allucinati lombi di Cristina D'Avena, ora spara diagnosi a caso.
Cioè, c'è uno schema dietro al tutto, ma ciò che l'ultimo anello della catena ( che sarei io) riesce a comprendere è solo che la medicina è basata sul mero culo.
Quindi domani vado a farmi esaminare: avrò l'epatite C, B, o l'incidente in bici di quattro anni fa ha fatto danni più gravi di quanto si pensasse?
Fate la vostra puntata, le scommesse sono aperte.

Anche quel minuscolo sottoinsieme dell'umanità che reputo amico non se la passa bene, ultimamente.
C'è chi vede la propria carriera scolastica andare a picco, ma spera di tirarsi su nel prossimo quadrimestre ( cosa che ho visto fare, spesso anche; ma non è sempre domenica).
C'è chi si rode il fegato ( sì, sempre lì si va a parare) perché al suo posto in Canada ( per un viaggio a cui sono ammessi solo persone con x di media in y materie) andranno degli idioti ( ciao Sara!).
C'è chi è incazzato e basta, neanche avesse il mestruo perenne ( anche chi, teoricamente, non sarebbe "predisposto" a tale alterazione umorale\fisiologica).

Ma parliamo di me, in fondo questo è il mio blog.
Sei anni fa, prendo la mia bici, una mountain bike, inizio a pedalare.
Mi avvio verso il campo sportivo, vedo i vecchi amici sul lato opposto del perimetro irregolare di quella distesa desertica, accelero e taglio in diagonale.
In men che non si dica, sono arrivato all'angolo opposto anche perché tra gli antipodi ci sono meno di quaranta metri.
Saluto con una mano, perdo parte ( anche se per ora è irrilevante) della presa sul manubrio.
Sgommo ( sì, QUESTO lo ho fatto per fare il "figo"), secondo errore.
Distendo la gamba, un gesto istintivo per me, terzo errore.
Il piede tocca terra, fatalità.
Vengo sbalzato come da un toro impazzito, la gamba distesa ha contemporaneamente spostato il mio baricentro e non mi offre la possibilità di aggrovigliarmi alla canna e scivolare a terra, procurandomi una leggera umiliazione, ferite superficiali.
Così vengo sbalzato in aria ( Ricordate? Non posso più aggrapparmi al manubrio, non abbastanza forte) e la bicicletta continua ad avanzare.
Atterro sui corni, uno mi arriva tra due costole, non abbastanza forte da danneggiarle, ma mi provoca quella che mi hanno detto chiamarsi "insaccata", quando i polmoni si svuotano completamente d'aria e non riescono più a riempirsi, vedi pugno nello stomaco.
L'altro mi colpisce al ventre, centra il fegato, provoca una fuoriuscita di sangue, la quale diventa un ematoma di 8x10x8, il quale mi blocca in ospedale per 10 giorni, in attesa di un riassorbimento o di una veloce operazione, che non ci fu mai.
Ma alle volte ritornano...
Ma ora basta, fatevi un po' di cazzi vostri.



E così oggi sono seduto qua, sugli scalini della scuola.
Scrivo in differita.
Ho appena rivisto lei, lei che scriveva poesie, lei che ora mi evita, lei che non so se sono riuscito a smettere d'amare.
Sto finendo "Se una notte d'inverno un viaggiatore" di Calvino, ma qui tira un vento freddo, inizio ad arrancare e mi distraggo, metto il segnalibro e chiudo.
Frugo nelle tasche: sono nervoso, ho appena finito una versione di latino di cui mi fido poco, non trovo sigarette, non riesco a capire come una valutazione basata sulla capacità di contraffare e dissimulare possa portarti dritto dritto nel paese dalla foglia d'acero, qui ci sono solo due accendini, mi metto le mani nei capelli, senza una ragione particolare, un momento di empatica disperazione.

Un rumore, mi giro di scatto, non mi ero minimamente accorto dell'arrivo della figura al mio fianco.
Omar tira fuori dalla giacca un pacchetto di Pall Mall, ne prende una, allunga il braccio e dice:
-Sigaretta?




Per S.

venerdì 2 settembre 2011

Non è di questo che sto parlando

Mi sono svegliato in un mondo che dorme.
Questa frase non è mia, ma tant'è.
Ti guardo negli occhi e non ci vedo niente.
Pupilla leggermente dilatata, iride verde.
Nulla più.
Forse un orzaiolo, ma non ne sono sicuro.
Anche se non credo sia il motivo per cui continui a pulirti gli occhi.
Né sono le mie parole, beninteso.
So che preferisci un Leonardo Di Caprio morente a me, anche se il suo ruolo è quello di un tizio che si scopa una ricca per avere una stanza comoda dove alloggiare.
Sicché fanculo, il dado è tratto.

-Ok, il punto è che tra noi è finita.
-Shh, adesso è il punto in cui muore...

Coincidenze.
Mi alzo, me ne vado.
Se ne sarà accorta dopo mezz'ora, quando mi manda un messaggio "Ehi, dove sei? In bagno?"
Già, ma stavolta la stronza, l'ho lasciata altrove.

Fumo una sigaretta, un mese andato a puttane.

Poi la storia non è manco andata così.

La verità è che eravamo alla "Pineta" tipico baretto di paese, appunto in mezzo ad una pineta.
Lei era lì con delle amiche, proiettavano "Titanic" con un proiettore su di un telo bucherellato ed ingiallito dalle intemperie ( ma anche, soprattutto, dalle pisciate dei gatti randagi).
Rileggendo forse vi chiederete, dove sopra io abbia mentito.
No, probabilmente non ve ne fotte un cazzo...

Tutto ciò che ho scritto corrisponde al vero, ma le cose che stavo pensando mentre scrivevo, erano false.
Tutte balle, per dare un tono epico ad una vicenda inutile, che ambisce ad essere triste.

Ma come già detto, a voi non fotterà un cazzo...

Urlerete, forse: "Stronzo, tutto questo tempo non ti ho mai offeso, ho dimostrato persino sincero (forse) interesse! Che cazzo ti prende adesso!?!"
Magari direte: "Perché te la prendi con me, non ti ho fatto niente anzi!"
Comunque penserete: "Solito blogger che fa il "cattivo", solo perché fa figo, ma poi non avrebbe le palle di dirmi le stesse cose in faccia, un codardo, che con tastiera e Web 2.0,  crede di essere il dio del nuovo mondo"

Scusate.
Scusate se vi ho fatto credere che ci sia un rapporto, di amicizia, fiducia, rispetto, tra noi.
Non era mia intenzione.
Ad essere sinceri, magari con qualcuno è pure nata una scintilla, un barlume, una sorta di fusione mentale vulcaniana.
Ma non credo durerà.

Perché me la prendo con voi?
Perché, quella volta, non riuscii a prendermela con lei!

Sì, si riduce tutto a questo: sono frustrato...
Che cazzo vi aspettavate, inseguimenti epici, sparatorie, illuminazioni sulla via di Damasco?
Sono troppo giovane per queste stronzate...
E sono troppo vecchio per tutti questi punti di sospensione.

Sospensione: io ti guardavo immobile, in piedi in mezzo al bosco, mentre tu tornavi dalle tue amiche.
Io rimanevo solo.
Non sentivo più le gambe, mi appoggiavo ad un albero.
Vomitavo.
(Non prenderti il merito, io tredici birre non le reggo, reggevo)

Tu eri girata, non ti vedevo il volto, ma tutt'ora ti immagino, spensierata, sorridente, senza malizia, che te ne torni da loro.
Non ho mai saputo se parlasti a loro di me, credo tu non l'abbia fatto.

Le odiavo, odio, tutte quelle sette pettegole.
Non per come mi guardavano, mentre ti portavo via, mentre tu portavi via gran parte di me.
Solo in quanto esistevano.
Erano un appoggio che io non avevo, una via di fuga.
Un'uscita d'emergenza con su scritto " -Che voleva quel tipo? -Niente... torniamo al film".
Scusa, se ti parasfraso Josef K.
Fanculo, comunque.

Tu tornavi, io rivedevo la cena, un panino mangiato al volo, che sapevo già come andava a finire, più o meno.

Cosa mi aspettavo?
Boh, che ne so, è lunica volta che sono stato io a lasciare.
Un'incazzatura. Un pugno o uno sputo in faccia. Una derisione. Una lacrima.
No, quest'ultima no.
Però c'avevo sperato.

Lo ammetto, ho sperato troppo.
Tre mesi buttati a sperare.
Sperare in te, in me, in quel noi che non è mai praticamente stato vero, non per te.
Sperare di smettere di fumare, anche se avevo appena iniziato, sperare in una piccola, coraggiosa miniatura del Duomo di Milano, sperare che tu ti nascondessi soltanto, dietro alla tua freddezza, sperare che  il mondo fosse un posto migliore, magari piantare un albero, sperare nella neve, sperare di essere sempre divertente e sagace, farti ridere e pensare, che dopo baciarti, erano le cose che amavo di più.
Sperare che tu condividessi un po' ciò che provavo, sperare che la nostra clandestinità non era vergogna, ma un capriccio, una perversione, riservatezza, qualsiasi cosa ma non vergogna, sperare che tu non fossi così superficiale come delle volte sembravi ( che, poi, non è che anche tu fossi la fine del mondo, anche se questo, è vero, lo dico con l'amaro in bocca, tutt'ora, come la volpe all'uva), sperare, sperare, sperare.

Sperare.

Con un albero come unico sostegno, con il vomito sulle scarpe e un po' sui jeans, forse una lacrima, ora non ricordo bene, che scendeva sul mio viso, con te che acceleravi il passo, con le tue amiche che ti gridavano di muoverti,  che la nave era già quasi affondata, iniziò ad essere difficile.
E disgustoso.
Le speranze hanno segnato la nostra relazione, che è diventata praticamente solo mia, fino al punto a cui sono arrivato.
Sono stato io a troncare, ma (forse) non lo volevo.
Solo un capriccio, una prova, dopo tutte quelle che avevo sopportato.

Mi avviai a quel laghetto, dove ti avevo suonato quella canzone, ricordi?
La prima volta (di tante) che mi sono incazzato, la prima volta (di non poi così tante) che ti ho baciato.
Un lago artificiale, un monumento involontario alla magnificenza dell'uomo, protetto da pini che la natura aveva posto tutt'intorno, silenti guardiani, che ogni tanto bisbigliano qualcosa.

Avevo provato a insegnarti ad ascoltarli, le avevi definite stronzate e avevi riso, come facevi sempre.
"Stronzate" e ridevi.
Dio, quanto ti amavo.

Eppure sono stato io, chissà quanto sarebbe andata avanti la storia.
Oh, scusa, forse sembra che me ne penti.
Non è così (forse).

Solo che oggi, mentre si avvicina, minuto dopo minuto il giorno in cui ci siamo incontrati...
Beh, sinceramente a questo punto non so come finire la frase.
Cazzo, forse sono patetico, ma lo sono stato a lungo, ricordi?
No, probabilmente è questione di punti di vista...

Però quegli alberi sono ancora lì, tutti.
Quelli silenti, quello che mi offri una spalla per compiangere me stesso.
Li guardo ancora, sai.
Anche se mi fanno pensare a cose che vorrei cancellare, ma che non farò mai (forse).

Eppure per un momento o due ci ho creduto.
Che è molto diverso dal sperare.
Molto, molto, infinitamente più doloroso.

Gli alberi sono più saggi di me, credo.

Ma loro, avranno provato ciò che ho provato io?
Credo di no, credo di sì...

Avranno mai biasimato se stessi?
Soffia una risposta tra le fronde: "forse".

Non piangerò la tua mancanza, non lo ho fatto allora (forse), non credo che lo farò ora.
Non credo.

Fanculo, non riesco nemmeno ad odiarti.
Sarebbe una consolazione, credermi.

Riuscì ad odiare Silvia, anche molto.
E così tirai avanti.
E di questo me ne vergogno, me ne pento, mi odio, mi biasimo, vorrei aver strappato la mia anima, la mia carne, avrei voluto trovare la forza di farmi un cappio, saltare magari, superare tutto, essere superato da tutto, resistere, arrendermi, combattere, rassegnarmi, infuriarmi, gridare, parlare sottovoce, piangere, cadere, alzarmi,vivere, morire,tremare,soffrire,crescere,vincere,vincerti,dimostrarti il tuo errore, distruggerti, crearti, odiarti, amarti.

Ma sono un codardo.

E quel giorno rimasi a guardarti andare via, verso lidi migliori (poi fosti molto felice, con un altro, dicono, ma di questo non riesco a rallegrarmi, perché io ho sofferto come un cane), mentre di me non restava che un'ombra appoggiata ad un pino, il quale era più uomo di lui, con delle macchie di vomito e la tristezza negli occhi.

Giulia, due anni son passati.
Le speranze, sono solo cenere, sabbia, ruggine e frammenti di corteccia.

Ma (forse) riuscirò a piantare un albero.

martedì 30 agosto 2011

Il Detective Kisciotte e il caso dei Girasoli

Quella sera l'aria sapeva di un vecchio film noir francese.
Parigi era coperta da una coltre di nubi e i pochi raggi solari che filtravano davano al mondo un tono grigio.
Kisciotte avanzava per la rue Saint.Denis, imprecando contro i propri reumatismi e gli odori dei fluidi delle prostitute sul ciglio della strada.
Fumava una vecchia sigaretta e bestemmiava sottovoce, più per paura di sputare un polmone a colpi di tosse che per timore del Padreterno.
"Che caso di merda" pensava, tentando di mantenere l'equilibrio.
I fatti sono più o meno questi: da tre mesi, un'assassino si aggirava per Parigi. 
Le vittime erano spesso figure politiche di spicco, gente all'apparenza pulita, ma con più di uno scheletro nell'armadio.
Effettivamente i delitti compiuti non erano stati più di cinque, forse sei.
Il modus operandi era sempre lo stesso: prima sparava alla testa delle vittime con una pistola di grosso calibro, sempre diversa, infliggeva sui cadaveri delle ferite compatibili a quelle che avrebbe potuto infliggere un Grizzly, per poi lasciare un girasole sul corpo esamine.
Inutile dire che i media ci andarono a nozze.
Soprattutto quelli "schierati", come "Libre", il cui direttore era stato la seconda vittima.
Furono attribuiti più di cento omicidi a "L'Orsa" e il panico si sparse a macchia d'olio.
A giusto, mi sono dimenticato di dirvi che si tratta di una donna.
Una "Femme Fatale".
Ma torniamo a Kisciotte, che proprio ora entra in una bettola malfamata, lo "Spinoza", punto d'incontro dei peggiori individui parigini, ma anche delle più fresche informazioni.
Appena entrati notiamo Sciuscia e Faina, intenti a bere birra e a criticare il sistema, la televisione e la sorella del barista.
Sulla destra, in un tavolino appartato Emix e Mesic, intenti a parlare dolcemente fra loro.
Meglio non disturbarli, se non volete ritrovarvi a ballare la samba con una scimmia cinese che vi infila spade in tutti gli orifizi, citando a memoria le imprese di Mata Hari.
"Non so di preciso cosa voglia dire" pensa Kisciotte "ma, di certo, non sarò io ad interrompere i loro amoreggiamenti".
Ed infine il clan di Bile, che occupa la sala nord.
Sembra stiano parlando proprio di Lei, ridono, finché un ubriaco, un tale conosciuto come Josef K., non gli si avvicina e biascica: "Cosa ridete, dannati? Cosa faremo noi tutti noi, quando tutti i corrotti non ci saranno più? Di chi parleremo?"
Due tizi lo prendono per le ascelle e lo trascinano sul retro, il detective si girà, il destino di quel tizio non gli interessa.
E il suo informatore ha appena smesso di suonare.
Cerex, seduto al pianoforte, si gira, sigaretta in bocca e bourbon nella mano destra.
-Quanto tempo...
-Mai troppo, vecchio mio.
-Mi servono informazioni. Ecco le tue trenta monete d'argento, spero che tu non abbia cambiato tariffa, che è tempo di cri...
-Non posso accettare.
-Cos'è ti hanno fatto pressioni? Non mi pari un tipo che si fa impressionare da queste cose.
-Non hai capito, avrai le tue informazioni, ma non posso prendere i tuoi soldi.
-Mi prendi per il culo? Cos'è un omaggio per la clientela fissa?
-Sì, lo stesso che mi fa tua sorella. Diciamo che sono stato "sollecitato" a collaborare. Dimmi ciò che sai e vediamo se posso illuminarti su qualcosa.
-Ho un'indiziata: un ex-frequentatrice di questa topaia, tant'è che speravo di incontrarla qui stasera.
Mai un colpo di fortuna.
Comunque, si dice avesse un blog, prima della Grande Censura e che sia impazzita vedendo bruciare un campo di girasoli...
-Ci credo, la sua famiglia era in mezzo a quel campo.
Si scoprì essere un incendio doloso, appiccato da un gruppo della "Liga du Nord", capeggiati da un alto esponente del Partito.
Ma il caso non arrivò mai in tribunale, grazie alla legge sulla "Leggittima Difesa dall'Immigrazione".
Si difesero dicendo che stavano nascondendo dei terroristi eurasiatici.
Balle...
Comunque sia, voglio darti un indirizzo: VIII arrondissement, Champs- Élysèes, Place de La Concorde.
-Champs-Élysèes? Non è quel quartiere che è stato completamente contaminato dalle radiazioni, ed ora è sigillato completamente?
-No radiazioni non ce ne sono, è uno specchio per le allodole.
Agli inizi del movimento, fu usato come campo di prigionia, poi fu bombardato e improvvisamente si trasformò in "base militare dove i nostri giovani eroi persero coraggiosamente la vita", ora non è che un enorme capannone-discarica.
Lì mi hanno detto che potrai trovare le tue risposte.


Entrato, una folata fetida lo fece quasi svenire.
E mano a mano che avanzava le cose peggioravano, finché giunto sotto l'obelisco di Place de La Concorde, tutto cambio.
Da un enorme foro in cima al tetto della struttura, filtrava la luce lunare, la pioggia, ma, soprattutto,  l'aria.
Kisciotte si guardò intorno e noto come tutto fosse pulito: non un rifiuto per terra, non un cadavere in decomposizione, non una tana di ratti giganti.
Un'oasi nella munnezza.

-Ci ho messo tre anni per sistemare questa mia tana.
Ho occupato la maggior parte del tempo per procurarmi l'esplosivo con cui aprire quel buco, ma ne è valsa la pena, no?

Si volto piano, come al rallentatore, sapeva cosa lo aspettava, Lei, "L'Orsa", era lì di fronte a lui.
Forse erano i raggi di luna argentati, che risplendevano sulla pelle del suo viso come in una antica rappresentazione di una dea grecha, con l'acqua che le cingeva i piedi di ninfa, o forse erano le due bottiglie di vodka ingurgitate durante il tragitto, ma lei gli pareva bellissima.

-Dì Kisciotte, non secca anche a te quando il cattivo si perde in lunghi discorsi, invece di sparare subito al protagonista?

Era una notte buia e tempestosa, a un tratto echeggiò uno sparo, un lampo squarciò il buio.

-Vedo che non apprezzi l'ironia: una fanciulla che stende un nobile cavaliere.
-Stronza!
-Tutto qui? Mi deludi, speravo di meglio.
In fondo, un tempo, anche tu eri uno di noi?
-Noi chi? Di cosa cazzo parli? Io non Ho niente da spartire con una pluriomicida!
-Noi sognatori, mio caro, quel distintivo non ti nasconde quanto vorresti.
Per questo ho voluto che tu venissi qui: dopotutto, è un bel posto dove morire, il nido di una fenice.
-Cosa c'entrano gli uccelli di fuoco... ( rantolo, sputa un fiotto di sangue) ... succhiacazzi?
-Mi sbagliavo! Nonostante tu abbia un proiettile nello stomaco, conservi un po' di humour...
Tornando al nostro discorso, ho iniziato un'opera di disinfestazione. quest'oasi è l'inizio, il mondo è il mio obbiettivo; non arriverò a vederla compiuta, questa mia tela, ma altri prenderanno il mio posto.
Gli ideali sopravivo...
-HAHAHAHAHAHAHAHAH! Put ( ancora sangue che imbocca l'esofago in un breve viaggio verso il mondo esterno) HAHAHA!
Tu credi veramente in quello che dici? Questa è la tua soluzione?
Beh sono...sono perplesso... prima dici di essere una sognatrice, poi diventi una di loro... pronta a reprimere nel sangue... per ciò che ritieni giusto... pronta.... pronta a creare una giustizia, piuttosto che a cercarne una... violenza contro violenza, eh? Che colpo di genio... meritiamo proprio l'estinzione, se una come te... come me... come noi... si riduce così...
-E cosa vorresti fare tu, profeta? Dì un po' li vorresti riabilitare? Credi che sia possibile? Folle!
Non si possono salvare tutti!
-HAHAHA! Questa frase poi... beh, sappi che io sono pronto a provarci...e...e...a fallire!
L'uomo è così piccola cosa...eppure ...quanto potenziale sprecato... una pulce.... ma pur sempre una pulce che c'ha provato... fino all'ultimo... la morte non mi fa paura... l'estinzione è solo una fase del ciclo... una parte del...del...del giro di giostra... QUESTA è la vera fenice... non il tuo accanimento... non la tua rabbia... non lo status quo... lanciarsi... nonostante non si veda cosa c'è in fondo al precipizio.
-Inutili sofismi di un morente...
-Già... Oh, salve!

Un uomo con un fucile mira e spara.
L'Orsa non è più.
Scende dal cumulo di spazzatura su cui stava, Josef K., e guarda meravigliato quell'angolo di paradiso.
Kisciotte si trascina verso l'obelisco, mentre il mondo si offusca e anche il dolore si attenua.

-Parlavi giusto un momento fa di potenziale... immagino ne avesse... guarda qui, avrebbe potuto essere un esempio per tutti noi e invece ha scelto la violenza.
Beh, non mi sento di giudicarla.
In fondo all'animo, noi non siamo altro che codardi.
Avevi ragione, Detective!

Alza lo sguardo e vede gli occhi vitrei di Kisciotte che scrutano il cielo.
L'uomo col fucile fa un sorriso triste, si gira e ritorna alla sua strada.

lunedì 13 giugno 2011

Hic sunt dracones ( o almeno, così m'han detto )

Davvero, delle volte mi chiedo
come sono arrivato a qui.
Non è che me ne rammarichi, 
ma neanche ne sono felice.
Ed è questo il punto.
Apatia. Noia. Abitudine.
Il legame è andato
e già il ricordo s'offusca.
La terra trema e si frantuma,
ma il mio unico impulso è di rimanere a guardare,
sgranocchiando pop-corn e godendomi lo spettacolo,
fino al calar del sipario.

Ok, ciò non c'entra un cazzo con tutto quello che avevo in mente di scrivere, ma era un pezzo che avevo in mente questa cosa, senza però riuscire a metterla a fuoco.
O volerla, tant'è che finché ci si illude, tutto va bene, i problemi non si presentano o, se lo fanno, diventano di poco conto. In fondo devo pensare alla scuola, al lavoro, ai soldi per la chitarra elettrica (che, conoscendomi, non metterò mai insieme), a tutti quei piccoli problemi che mi illudono di non averne di grandi.
L'idea era di scrivere qualcosa di divertente, dopo l'ultimo ( lontano) post, mettere qualche foto di figa, tanto per.

È che fuori ci sono i fuochi d'artificio, mi mettono tristezza.
Potrei anche provarci, a buttare giù qualcosa: potrei parlare di come Al Quaeda minacci il Papa e Berlusconi, dimostrando una volta per tutte che è con il consenso pubblico che si vince la guerra ( se non altro avranno il mio voto alle primarie, anche se temo che, con tutta la democrazia esportata dagli americani in questi anni, abbiano già imparato a fare false promesse); oppure del fatto che mi si è appena rotta la sedia sotto il culo ( non scherzo) e sono stato abbattuto dalla gravità in un modo del tutto simile a quello di Wile.E Coyote ( pace all'anima sua).
Ma sarebbe un futile tentativo di trasformare un sacchetto di polvere e una miccia in qualcosa di bello.
Patetico.
Dedico questo post a:


Wile.E Coyote, a cui devo tutte le mie nozioni di fisica.


Il bullone che ha tentato di uccidermi, con il benestare della gravità.


E infine a Jayden Jaymes, che ha scacciato i pensieri
suicidi dalla mia testa bacata ( ora potete darmi pure del segaiolo ).

That's all folks!
( for now, for your disgrace )

domenica 15 maggio 2011

Amore: 1001 minchiate che vi diranno

"L'amore non è quello che quei poeti del cazzo vogliono farvi credere. L'amore ha i denti, i denti mordono, i morsi non guariscono mai."
Così diceva Stephen King, non posso che essere d'accordo.
Ma, a differenza di quelli che dopo aver letto Moccia o perché nella vita hanno avuto la fortuna di trovarsi una controparte adatta ( donna, uomo, cane o qualsiasi cosa gli piaccia ingropparsi)  e tentano di convincerti che l'amore è dolce e bello, ti fa ridere, sognare, non la reputo una verità assoluta.
Rispecchia bene la mia storia personale, non mi aspetto, ne spero, che sia così per gli altri.
Ho amato tre donne nella mia vita, tutte e tre mi hanno rifiutato.
Non che non abbia mai avuto una ragazza, ma semplicemente quelle con quelle che ho avuto non ho provato niente di ciò che provavo per le altre tre.
Quando le corteggiavo non passavo ore a ripensare a ciò che avevo fatto, cercando possibili errori a cui rimediare. Semplicemente le offrivo un'altra birra per assicurarmi che fosse abbastanza sbronza.
Quando mi parlavano, le loro parole non si disperdevano cambiando forma e significato, fino a quando di esse non rimaneva che il silenzio e l'immagine delle loro labbra, rosse e perfette. L'unica cosa che mi chiedevo se valesse davvero la pena ascoltare l'ennesima ragazza petulante che si lamenta delle sue scarpe o del costo di questo o quel capo d'abbigliamento.
Quando mettevo la mia lingua nella loro bocca ero eccitato, ma non sentivo quel brivido di felicità mista ad incredulità, come se avessi piantato la mia bandiera sulla cima di un monte inesplorato.
L'obbiettivo finale non era limonarle, spogliarle o scoparle per soddisfare la mia libido o per aumentare la mia autostima. No, con loro tre non c'era nessun cazzo d'obbiettivo.
Quando mi mollavano, solitamente un paio di giorni dopo la sbronza che le avevo fatto prendere ( quando uno non è bello, gli tocca farsi furbo e fanculo coloro che credono che la bellezza esteriore non conti), non m'importava, accendevo una sigaretta e mi chiedevo come mai ci avessero messo tanto.
Quando Dante scriveva che nessuno che sia amato non può che finire per amare a sua volta, ha preso una cantonata grande come una casa. 
Grazie Silvia per avermelo insegnato, facendo una faccia tra lo schifato e il divertito dopo che m'ero platealmente dichiarato; non ti porto rancore per questo, avrei fatto la tua stessa cosa nei tuoi panni.
Grazie Giulia perché quando ti dissi cosa provavo per te, mentisti dicendo che avevi già qualcun altro.
Ma grazie soprattutto a te Marinella, che quando mi dicesti d'essere già fidanzata non era una balla.
Spero che il fortunato bastardo si prenda l'herpes.
Vi ho amato tutte e tre, ho faticato con tutte e tre per conquistarvi, ho sofferto non riuscendoci, ho cercato una motivazione al mio fallimento, ho recriminato la vostra superficialità, mi sono pentito della mia stupidità, e, infine, ho tirato avanti.
E no, prima che a qualcuno venga in mente, non ho imparato un cazzo dai miei fallimenti, come del resto non ho mai imparato niente dalle vittorie.
Non vi amerò per sempre, da lontano un po' come quei poeti italiani che vedevano la sofferenza per amore motivo di nobiltà d'animo; cazzate, la sofferenza d'amore è come tutte le sofferenze del corpo, solo che colpisce una parte immune ai barbiturici.
Marinella t'amo ancora, ma come le altre finirai presto dimenticata, almeno parzialmente.
Mi dispiace ma è un istinto di sopravvivenza e conservazione e, come per gli atri non posso oppormi, ne voglio.
Scusate la depressione, ma questo mi andava di scrivere.
Se non lo accettate perché volevate ridere, potete cliccare la X  in alto a destra e andare a farvi fottere.
Senza rancore.

"I'm  your little fucking poet tonight"
Bill Hicks.