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mercoledì 11 gennaio 2012

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Sono un po' in ritardo, ammetto anche di non aver neanche seguito gli altri blog ultimamente.
Non ho risposto ad un paio di commenti, anche se non ho potuto che compiacermi dello stupore di Hombre per la mia conoscenza dei cabinati degli anni ottanta.
Non ci sono più notizie sul film su Space Invaders, contando che il regista ha stuprato la mia infanzia con quella merdata di "G.I. Joe: La nascita dei Cobra", non so se rallegrarmene.

Ho letto "La Sonata a Kreutzer" di Tolstoj.
Peccato, è passato come acqua: insapore, incolore ed inodore, presto me ne dimenticherò.
Ho dovuto scriverne un commento, ho motivato la mia opinione dicendo che un uomo che va in carrozza ad uccidere la moglie dovrebbe trasmettere ansia non sonnolenza, che se hai letto "Memorie dal sottosuolo" di Dostoevskij ti aspetti che ogni volta che il protagonista sale su di un taxi, indipendentemente che sia trainato da cavalli o dalla sua destinazione, venga assalito da nevrosi del tutto simili a quelle che proverebbe trovandosi davanti a Cthulhu.
Ora aspetto il mio bel cinque e mezzo, perché potevo argomentare di più.

Cerco gente che venga a vedere l'ultimo film su Sherlock Holmes, qualcuno è interessato?
Ultimamente non trovo nessuno con cui andare al cinema.
Ci sono stati periodi in cui ci andavo quai tre volte al mese, una volta non ci sono andato per due anni, ora sono sei mesi.
Sono in crisi d'astinenza.

Pensavo di smettere di fumare, anche se forse non si può dire che quantitativamente abbia mai iniziato.
Mi ero detto che quando non ne avessi più sentito il sapore, il piacere, avrei appeso la sigaretta al chiodo.
Sono due anni, ho superato da poco il numero che credevo fosse il punto di non ritorno del gusto.
Sono a 53.
L'ho detto che erano poche.

Ho i piedi congelati, non mi è mai capitato.
Giuro.

Per un po' si andrà a rilento.
Non ci sarò molto a casa, quando ci sarò dovrò studiare.
Inoltre devo decidermi a non scrivere in entrambi i blog, ne esco svuotato e finisco a parlare di nulla.
Più del solito.

Semplicemente non dovrei pubblicare, ma non mi va di lasciare a 0 Gennaio.
Ogni mese merita la sua dose di boiate.

Vediamo...
L'ultimo dell'anno l'ho passato a girarmi i pollici.
Ma ero ubriaco, quindi la cosa non mi riusciva granché bene.
( Non capisco, batto sulla tastiera, ma una parola ogni due mi si anagramma sullo schermo)
Tornando a casa, un chilometro a piedi a temperatura -3°, parlavo con un mio amico del caso, al che prendo la bottiglia di vodka mezza vuota che si era portato da casa, mi giro e la lancio.
Centro in pieno un palo della luce a tre o quattro metri da me, la bottiglia va in frantumi.
Lui era troppo ubriaco per lamentarsi del buon alcool sprecato, io lo ero troppo perché l'ecologista che subaffitta il mio cervello si rammaricasse del fatto che quel vetro quando morirò sarà ancora lì.
L'unica cosa che sono riuscito a biascicare ridendo è stata: " Vedi, questo è il caos".

Ecologista, d'altro canto, lo sono sì e no.

È una di quelle ideologie che, anche se non lo ammette, è fondata su di una base di egoismo umano ( non umano egoismo, beninteso).
La maggior parte delle volte è l'uomo ad essere fottuto, la vita probabilmente continuerà.
Ovvio la BP non avrà il mio sostegno, né lo ha mai avuto il motore a combustione interna o la fusione nucleare.
Ma quando butto i filtri in un cestino invece che per terra, ho la correttezza di ammettere che lo faccio perché non posso soffrire l'impronta dell'uomo, non perché inquinano.

Non mi piacciono neanche molti ecologisti.
Che poi è una frase stupida: mi stanno sulle balle un paio di esseri umani, che casualmente sono ecologisti.
Che comprano scarpe della Nike e masticano ciunghe ( chewing-gum per intenderci, non so si chiamino così anche dovunque siate voi)  come cavalli.

La Nike diventerà una azienda Toxic Free: ai bambini non sarà concesso di espirare e rilasciare anidride carbonica durante i turni di lavoro.
Nonostante la decisione sia stata presa solo dopo essere stati beccati con le mani nel sacco, sembra che sia stato perdonato loro tutto.
Almeno credo, sono passati quattro mesi e mi pare non sia successo niente: come per magia, le riserve d'acque intossicate sono scomparse, i buoni hanno vinto.
Ancora.

Vabè vado a buttarmi nel Gange, sogno erotico di questi due rincoglioniti che credono di poter salvare la Terra con Facebook ( almeno adottassero qualche albero), che però non considerano come in realtà l'indiano fiume non sia altro che un pisciatoio all'aria aperta, lavanderia pubblica, luogo di galleggiamento per stronzi di vacca sacra e cadaveri in putrefazione.

Namasté!

domenica 18 dicembre 2011

Le linee che tracciamo, sono tanto dritte quanto astratte

Lo ammetto: sono spesso distratto durante storia dell'arte.

Mi perdo parlando del più o del meno.
Mi perdo sfogliando il libro e guardando gli autori che non faremo mai, per mancanza di tempo e buona volontà.
Mi dispiace un po' per Rembrandt e quel suo Aristotele, per Giambattista Tiepolo e per il suo stile che mi ricorda qualcosa, un qualcosa che non riesco ad inquadrare bene.
Mi perdo disegnando cose sul banco, a confrontarle con quelle che ha disegnato il mio vicino, che spesso e volentieri scrive e disegna sul mio, per timore delle lamentele dei bidelli.


Delle volte capita che ne venga fuori qualcosa di bello,
come la foresta fossile di cui avevo parlato alla blogger schizofrenica per eccellenza,
ma le più tante volte ne esce roba del genere.

Io lo lascio fare, sia perché questo mio amico è davvero bravo, ma la sua indole abbastanza da cagasotto ( che poi non capisco, non è una persona timida, ma di fronte a cose minime, un rimprovero di un bidello, chiedere qualcosa ad una segretaria, scappa come un bambino impaurito) lo bloccherebbe, sia perché mi diverto a commentare cosa fa, ad aggiungere qualcosa, a cancellare, a criticare la sua completa incapacità a dare una traccia di tridimensionalità alle sue opere, nonostante l'uso smodato delle ombre.
Delle volte scrivo cose sul block notes, cose che potrebbero essere post, ma che non lo saranno mai, non solo perché spesso e volentieri le perdo.
Mi prendo parecchie note per questo, anche se nel caos che genero in quel metro quadrato filtra sempre qualcosa e alla fine ho sempre un'ottima media in questa materia, aprendo raramente il libro di testo con l'intenzione di studiare, senza mai prendere un appunto.
Boh.


Ecco, se avessi lei come compagna di banco, non disegnerei.
Ma, probabilmente, non cambierebbe il mio livello di attenzione alle lezioni... 

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Tre giorni fa ho suonato per la prima volta davanti ad un pubblico.
Una sola canzone, Lonely Day dei System Of A Down.
Io suonavo la chitarra elettrica, una parte d'accompagnamento, una di quelle che se non vengono fatte si nota, ma che se si fanno non la sente nessuno.
Le prove erano andate molto bene, ma nel complesso non abbiamo suonato molto bene.
O almeno così diciamo io e gli altri te del gruppo.
Perché i duecento presenti hanno risposto bene, molto bene, fin troppo bene.
Ok, niente lanci di biancheria intima sul palco, ma forse ha pesato l'età media degli ascoltatori, che forse avevano passato un brutto quarto d'ora ai tempi di Woodstock e non volevano ripeterne l'esperienza.
Ma le persone che non sono in quella cerchia ristretta e momentanea formata da chi sta suonando,  non si accorgono di cosa succede.
Tu, invece, che hai provato così tante volte da diventare tu stesso incarnazione della canzone, ti accorgi di ogni imperfezione, di ogni piccolo difetto, di ogni corda suonata troppo forte, di ogni anticipo, di ogni accento  non abbastanza accentuato e ti accorgi che quel mucchio d'argilla non diventerà mai la persona da cui hai tratto le sembianze.
Ma alla gente piacciono anche le statue, te ne fai una ragione, e anche se l'amaro in bocca di aver perso l'occasione di fare meglio un po' resta, ti rassegni all'idea che sei piaciuto.

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L'ho vista un'altra volta, per cui taglierò corto, non vorrei diventare ripetitivo e continuare ad inzuppare questo blog di lagne, di mie divagazioni su quanto cazzo avrei voluto stringerla io come faceva lui ieri sera, di quanto cazzo non riesca a capire se mi fa più fastidio o felice parlarle, di quanto cazzo non riesca comunque a staccarmi da lei, per un motivo o per l'altro.
Porca puttana, ormai questa storia l'ho superata, sapevo già da tempo la situazione, la solidità della stessa.
Ma è inutile negare che mi ha fatto male vederla con i miei occhi.
È inutile come il falso sorriso che ho messo su quando sono stato presentato al fortunato bastardo.
È inutile come le battute che ho buttato giù, per dimostrare che sono "quello simpatico", come lei mi aveva dipinto.
È inutile come me ora che ragiono sul perché lei finisca per parlare di me a tutti, anche a chi, considerati i nostri trascorsi, non le converrebbe parlarne, quando so già che la risposta è semplice: lei parla di tutto a tutti, anche per questo la amavo, perché era logorroica quasi quanto me.
Mi ha fatto davvero male.

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Se dovessi ringraziare tre persone per la loro generosità nei miei confronti, sarebbero: Omar, Balu e Oriano.
Li accomuna l'avermi dato una sigaretta in un momento in cui ne avevo proprio bisogno.
Di Omar ho già parlato, Balu ( della quale, sto provando a ricordare il nome, forse è Valentina; sì, sono un fottuto ingrato) che me ne ha offerta una fatta con le sue mani dopo il concerto, insieme a complimenti immeritati, Oriano mi ha chiesto se volevo fare un paio di tiri di una cosa anch'essa fatta artigianalmente ieri sera, quando mi lo ho incontrato di ritorno da una copiosa pisciata da birra.
Distaccarsi da una droga come le sigarette per darla a qualcuno senza chiedere niente in cambio, senza che ti venga chiesto, solo perché ti sembra che gli serva, per me è un gran bel gesto.


La prova è che se cercate su Google "dare una sigaretta ad un amico",
al massimo vi trovate questo.

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Non ho idea di quanto ci metterò a finire le "Lettere da Nowhere City", ma credo che prima gennaio la prossima non uscirà.
Non c'entra il Natale, beh non direttamente.
È che questo è il periodo in cui ritrovo la maggior parte di  quella dozzina di anime amiche e si ha tempo di qualcosa di più di un saluto andando a lezione.

Boh, magari mi tiro fuori un buco il ventitré, non prometto niente.
Scopro solo ora che ventitré si scrive con l'accento, lasciatemi un po' di tempo per metabolizzare.

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Era da metà Ottobre che non bevevo.
Tutto a puttane, dubito che sarà un'esperienza epifanica come quella dell'Orsa.

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Epifanica si scrive così?
Esiste questo termine?
No perché il correttore automatico di sto cazzo mi da come sostituti: Geraniacea, Monomaniacale, Vetrofania.
Forse sono io a non vedere il nesso, ma non credo che centrino con quello che volevo scrivere...
Forse è perché avevo scritto epifaniaca...

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Direi di chiudere qui va.
Lascio la cosa un po' in sospeso?
Nah.
Cosa sono quei tratteggi d'intermezzo?
È la linea logica del mio discorso, che come dice il mio prof d'arte, è tanto dritta quanto astratta.

sabato 26 novembre 2011

Il poema conclusivo di Minecraft

Questo post sarà inutile per tre motivi:

- È un copia- incolla dei crediti del videogioco Minecraft, quindi è un pesante spoiler.
- Sarà comprensibile a pochi ( chi conosce l'inglese e che possibilmente ha provato il capolavoro del Team Mojang).
- È anche un pretesto per avere un qualche spazio dove scrivere che ho scritto la terza lettera.

Ma mi giustificherò così:
- Ho dato ai volenterosi di conoscenza, la possibilità di cercarsi il significato di una nuova parola, ora che avete finito di spolpare OT.
- Non è mai stato un deterrente, inoltre posto ciò che segue più per me che per voi, per potermelo rileggere quando mi pare.
- Non riesco a fare a meno di dirlo.



I see the player you mean.
[Player Name]?
Yes. Take care. It has reached a higher level now. It can read our thoughts.
That doesn't matter. It thinks we are part of the game.
I like this player. It played well. It did not give up.
It is reading our thoughts as though they were words on a screen.
That is how it chooses to imagine many things, when it is deep in the dream of a game.
Words make a wonderful interface. Very flexible. And less terrifying than staring at the reality behind the screen.
They used to hear voices. Before players could read. Back in the days when those who did not play called the players witches, and warlocks. And players dreamed they flew through the air, on sticks powered by demons.
What did this player dream?
This player dreamed of sunlight and trees. Of fire and water. It dreamed it created. And it dreamed it destroyed. It dreamed it hunted, and was hunted. It dreamed of shelter.
Hah, the original interface. A million years old, and it still works. But what true structure did this player create, in the reality behind the screen?
It worked, with a million others, to sculpt a true world in a fold of the [scrambled], and created a [scrambled] for [scrambled], in the [scrambled].
It cannot read that thought.
No. It has not yet achieved the highest level. That, it must achieve in the long dream of life, not the short dream of a game.
Does it know that we love it? That the universe is kind?
Sometimes, through the noise of its thoughts, it hears the universe, yes.
But there are times it is sad, in the long dream. It creates worlds that have no summer, and it shivers under a black sun, and it takes its sad creation for reality.
To cure it of sorrow would destroy it. The sorrow is part of its own private task. We cannot interfere.
Sometimes when they are deep in dreams, I want to tell them, they are building true worlds in reality. Sometimes I want to tell them of their importance to the universe. Sometimes, when they have not made a true connection in a while, I want to help them to speak the word they fear.
It reads our thoughts.
Sometimes I do not care. Sometimes I wish to tell them, this world you take for truth is merely [scrambled] and [scrambled], I wish to tell them that they are [scrambled] in the [scrambled]. They see so little of reality, in their long dream.
And yet they play the game.
But it would be so easy to tell them...
Too strong for this dream. To tell them how to live is to prevent them living.
I will not tell the player how to live.
The player is growing restless.
I will tell the player a story.
But not the truth.
No. A story that contains the truth safely, in a cage of words. Not the naked truth that can burn over any distance.
Give it a body, again.
Yes. Player...
Use its name.
[Player Name]. Player of games.
Good.
Take a breath, now. Take another. Feel air in your lungs. Let your limbs return. Yes, move your fingers. Have a body again, under gravity, in air. Respawn in the long dream. There you are. Your body touching the universe again at every point, as though you were separate things. As though we were separate things.
Who are we? Once we were called the spirit of the mountain. Father sun, mother moon. Ancestral spirits, animal spirits. Jinn. Ghosts. The green man. Then gods, demons. Angels. Poltergeists. Aliens, extraterrestrials. Leptons, quarks. The words change. We do not change.
We are the universe. We are everything you think isn't you. You are looking at us now, through your skin and your eyes. And why does the universe touch your skin, and throw light on you? To see you, player. To know you. And to be known. I shall tell you a story.
Once upon a time, there was a player.
The player was you, [Player Name].
Sometimes it thought itself human, on the thin crust of a spinning globe of molten rock. The ball of molten rock circled a ball of blazing gas that was three hundred and thirty thousand times more massive than it. They were so far apart that light took eight minutes to cross the gap. The light was information from a star, and it could burn your skin from a hundred and fifty million kilometres away.
Sometimes the player dreamed it was a miner, on the surface of a world that was flat, and infinite. The sun was a square of white. The days were short; there was much to do; and death was a temporary inconvenience.
Sometimes the player dreamed it was lost in a story.
Sometimes the player dreamed it was other things, in other places. Sometimes these dreams were disturbing. Sometimes very beautiful indeed. Sometimes the player woke from one dream into another, then woke from that into a third.
Sometimes the player dreamed it watched words on a screen.
Let's go back.
The atoms of the player were scattered in the grass, in the rivers, in the air, in the ground. A woman gathered the atoms; she drank and ate and inhaled; and the woman assembled the player, in her body.
And the player awoke, from the warm, dark world of its mother's body, into the long dream.
And the player was a new story, never told before, written in letters of DNA. And the player was a new program, never run before, generated by a sourcecode a billion years old. And the player was a new human, never alive before, made from nothing but milk and love.
You are the player. The story. The program. The human. Made from nothing but milk and love.
Let's go further back.
The seven billion billion billion atoms of the player's body were created, long before this game, in the heart of a star. So the player, too, is information from a star. And the player moves through a story, which is a forest of information planted by a man called Julian, on a flat, infinite world created by a man called Markus, that exists inside a small, private world created by the player, who inhabits a universe created by...
Shush. Sometimes the player created a small, private world that was soft and warm and simple. Sometimes hard, and cold, and complicated. Sometimes it built a model of the universe in its head; flecks of energy, moving through vast empty spaces. Sometimes it called those flecks "electrons" and "protons".
Sometimes it called them "planets" and "stars".
Sometimes it believed it was in a universe that was made of energy that was made of offs and ons; zeros and ones; lines of code. Sometimes it believed it was playing a game. Sometimes it believed it was reading words on a screen.
You are the player, reading words...
Shush... Sometimes the player read lines of code on a screen. Decoded them into words; decoded words into meaning; decoded meaning into feelings, emotions, theories, ideas, and the player started to breathe faster and deeper and realised it was alive, it was alive, those thousand deaths had not been real, the player was alive
You. You. You are alive.
and sometimes the player believed the universe had spoken to it through the sunlight that came through the shuffling leaves of the summer trees
and sometimes the player believed the universe had spoken to it through the light that fell from the crisp night sky of winter, where a fleck of light in the corner of the player's eye might be a star a million times as massive as the sun, boiling its planets to plasma in order to be visible for a moment to the player, walking home at the far side of the universe, suddenly smelling food, almost at the familiar door, about to dream again
and sometimes the player believed the universe had spoken to it through the zeros and ones, through the electricity of the world, through the scrolling words on a screen at the end of a dream
and the universe said I love you
and the universe said you have played the game well
and the universe said everything you need is within you
and the universe said you are stronger than you know
and the universe said you are the daylight
and the universe said you are the night
and the universe said the darkness you fight is within you
and the universe said the light you seek is within you
and the universe said you are not alone
and the universe said you are not separate from every other thing
and the universe said you are the universe tasting itself, talking to itself, reading its own code
and the universe said I love you because you are love.
And the game was over and the player woke up from the dream. And the player began a new dream. And the player dreamed again, dreamed better. And the player was the universe. And the player was love.
You are the player.
Wake up.

Ringrazio Minecraft Wiki per il testo.
E Notch, per aver creato questa meraviglia.



lunedì 14 novembre 2011

È successa una cosa

E che Democritico non me ne voglia.
Anche perché, in verità, il titolo l'ho copiato da una puntata della sit-com inglese "IT Crowd".

È appena finita la puntata settimanale di Fringe.
È una serie densa di messaggi, di morali, di frasi spettacolari.

"Tu sei ancora giovane, puoi permetterti di credere negli ideali. Io, invece, non posso che essere pragmatico"
Walter nativo all'agente Olivia Dunham, subito dopo aver condannato un universo alla distruzione. 

Da diciassette anni, questo Stato non è più una democrazia.
Da domani, inizierò a sperare in un'Italia migliore.
Ma oggi non mi riesce.
Oggi seguo il consiglio di un personaggio fittizio, guardo in faccia la realtà.
Ricordo che l'unico modo per non cambiare nulla è una continua mutazione: panta rei.
Guardo il nuovo governo Monti, vedo troppe facce già viste.
Penso alle elezioni, mi sembra di sentire un deja-vu, un senso di sfiducia mi attanaglia.
Gli errori si ripetono e a qualcuno il Nano faceva comodo.
A qualcun altro, faceva comodo una scelta facile e io non penso  che esista redenzione per le terze gazzelle.
Nessuna epifania.
Io non crederò neanche domani a questa cosa, non ce la faccio.
Si è fedeli solo a noi stessi, una volta semplificati fino all'osso, all'anima come altri la chiamano.
E tradirsi è scomodo, soprattutto quando è giusto farlo.
Ma forse mi sbaglio.

Ho appena iniziato a studiare Machiavelli, mi fa paura.
Strano, giurai di non aver mai timore delle parole e del pensiero, ma questo è il passato.
Mi hanno descritto quest'uomo in due modi:
1. Con una sottile satira, consegnò un libro che fingeva di aiutare il Principe, consegnando invece al popolo la chiave di comprensione dei piani della casta.
2. Un uomo distrutto, esiliato dalla patria, tenta di tutto per alleviare la sua pena, fino a che un giorno il ramoscello, a forza di piegarsi, si è spezzato. E ciò che ne uscito non erano schegge di legno, ma un manuale che sembra uscito da un film di serie Z, un libro che ha dato il potere di assoggettare ancora meglio le genti, un "Portale del Totalitarismo".
Non sapete quanto io vorrei credere nella prima immagine che ho visualizzato in mente.

E so quanto pomposo sembri tutto questo post, ma oggi ho la morte nell'anima, nessun ideale riscalda le mie membra.
E so anche che questa frase non fa che aggravare la mia posizione.

Eppure se oggi muoio, ieri sono rinato.
Anacronistico, non trovate?

"Berlusconi è un coglione, lo ammetto"
Mio padre.
Un berlusconiano convinto.
Ora non più così convinto.

So che non riuscirò mai a fargli cambiare idea politica, neanche gli sentirò mai dire "Avevo torto".
Un po' perché siamo testardi entrambi, a pari livello. 
Un po' perché questo figlio non riuscirà mai a convincere di qualcosa suo padre, siamo l'uno l'antitesi dell'altro.
Un po' perché le idee sono come i mattoncini del Jenga: una costruzione a torre traballante, togline una e crolla tutta.
Abbiamo troppa paura per farlo, per sbagliare.

Eppure ieri ho visto una breccia, che mi fa tremare oggi, ma che mi farà sperare domani.
Forse mi sbaglio e riusciremo a sostituire i mattoncini, un po' alla volta.
Senza troppa fretta.


Grazie Istruzioni per l'Ufo, per avermi fatto riflettere.
Grazie Cerex, per avermi spinto a leggerlo.

mercoledì 2 novembre 2011

Etichette

Non amo le persone fatte con gli stampi, anche se inevitabilmente pure io sono una di queste.
Perché abbiamo creato uno stampo per tutti e tutto.
Io sono il tizio che se ne sta in disparte, che non si interessa particolarmente di sport, strano e con un umorismo tutto suo.
Sono un tipo malinconico, uno di quelli che si mette a suonare per strada, uno senza peli sulla lingua.
Sono uno stronzo, un lupo affamato, un cane rabbioso, un cucciolo falso, una volpe poco scaltra, una talpa cieca.
Qualcuno mi da del pinguino.


Davvero assomiglierei a quell'umano?
Avrete notizie dai miei avvocati!

Sembro uno che sa molto, che non si vanta, un prete che cammina con il breviario in mano, un'idiota, un barbone alcolizzato.
Assomiglio a mio padre per carattere, a mia madre per le mani e per gli occhi, a mio zio per il resto del volto, a mio nonno per l'altezza ( per la mia famiglia un metro e settanta sono un evento raro), a mia nonna per la parlantina.
Tutte cose che mi sono state dette nel corso degli anni.
Quindi, sono un essere in funzione degli altri, di quello che pensano di me.
Eppure...
Com'è che non è così?
Non riesco ad arrendermi a questo, credo ancora di essere io a plasmarmi, in virtù del libero arbitrio.
Ma esiste davvero, il libero arbitrio?
Non sono condizionato da tutto ciò che ho fatto, vissuto, letto, parlato, studiato, mangiato, bevuto e respirato, quando compio un'azione?
Ho paura di questo.
E, ripensandoci rido di questo.
Sono arrivato a scrivere di ciò pensando: io odio chi etichetta gli esseri umani, le etichette vanno bene per i prodotti al supermercato, per sapere se sto per bere H2O o HCl.
Io stesso ho "scoperto" una di queste categorie: scrittori e non.

-Ehi Carta, mi puoi passare gli appunti di storia dell'arte?
-Quali appunti?
-Dai, non fare l'idiota, hai scritto tutta l'ora!
-Non stavo prendendo appunti...
-E che scrivevi allora?
-Ciò che mi passava per la testa...


La reazione.
Ok, tralasciate i troll.
Oppure guardatevi Troll 2 un Filmbrutto come pochi.

La voce si sparge, un paio di persone vengono a chiedermi:
-Cosa scrivi?
-Di tutto. Se voglio scrivere di un clown che si risveglia in un campo minato o di un bambino in triciclo ( e no, non era MaiMaturo, anche se...) che prende una multa, lo faccio.

-Perché scrivi?
-Bisogna che ci sia un perché per tutto?
-Sì
-Allora lascio a voi il compito di trovarlo.
Scusa Vonnegut se continuo a fregarti frasi, per giunta tutte da Ghiaccio Nove.

Uno è arrivato a domandarmi se:
-Non scriverai cose contro la società?

Per un momento mi sono chiesto se per caso ero caduto in buco dimensionale, che mi aveva trasportato in un libro di Orwell.
Mi capita di farmi queste domande quando la psicopolizia viene a farmi toc-toc.
Riconquistata la realtà, decisi di rispondere nel modo più cordiale possibile.
-Ma che cazzo di domanda è?
Giuro che ci ho provato.

Un vecchio amico, l'unico, tra parentesi, interessato a cosa scrivo e non al fatto che io scrivo, mi chiese:

-Ma dopo che tene fai? Le metti su un sito, non sto dicendo che ne valga la pena, beninteso, o le lasci ad ammuffire?
-Grazie, vedo che non sei migliorato nei complimenti da quella volta della vetrata.
-Non c'è di che, rompi meno il cazzo e rispondi...
-Credo che dovrei smettere di definirti come un amico. Stronzate a parte, le uso per accendere il fornello di casa.

Ed è vero, quindi non aspettatevi di vedere mai le storie di cui ho parlato sopra.
Anche perché sono incipit che mi sono inventato adesso.

Si parlava di libero arbitrio, no?
E in questo racconto, dov'è?
La fantasia e il fornello, forse sono le prove della sua esistenza.

Un breve haiku, per chi non ha voglia di leggersi tutta la pappardella, per chi crede nel essenza:

私はこれを書いています
おそらく彼らだけではありません

Io scrivendo ciò
forse non sono solo
sabbia nel vento.

(Grazie Google Traduttore)

domenica 30 ottobre 2011

Grano rosso sangue, ovvero come passare sotto una mietitrebbia i vostri coglioni

L'insonnia è una puttana che paghi con la materia cerebrale che ti cola dal naso.
Non ne ho trovata una definizione migliore, lo giuro.
E che ieri ne ho avuto di tempo.
Sì perché, se sei riuscito ad arrivare due volte nella stessa notte a sentire l'orologio che batte le tre, ti devi trovare qualcosa da fare.
E così mi sono guardato un film.
Forse sarebbe stato meglio spendere quel tempo masturbandomi con il video di Belen.

Apro la mia videoteca cibernetica e mi accorgo di non averla più una videoteca.

Plin Plon.
Ricordiamo alla gentile clientela che, inseguito all'esplosione del precedente computer, si sta utilizzando il computer della nonna, su cui non c'è un cazzo di niente.
La ringraziamo di esser stato così coglione.

Mi metto alla ricerca di qualcosa, non so cosa, ed incredibilmente la trovo!
La chiavetta che usavo alle medie, ci sarà su un qualche tipo di film, mi va bene anche una retrospettiva russa, purché abbia delle immagini in movimento, che mi indichino la via di Morfeo, così da potergli spaccare una sedia in faccia di persona, a quello stronzo.
E per un momento ci credo, sì un buon vecchio horror,vai che la portiamo a casa.



Idiota, è un film tratto da un libro di Stephen King.

NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!

Ho letto 23 libri del buon vecchio Steve.
Ho ancora da vedere un cazzo di film decente.
No, non vale "Il miglio verde", che viene tirato in ballo sempre in questi discorsi, per il seguente motivo: non si poteva rovinare quel libro neanche impegnandosi a fondo, non perché sia questa gran rappresentazione della perfezione, perché è un libro fatto per fare il film, manco fosse un manuale.
Per questo lo reputo persino peggiore di quel mattone di "Insomnia" il quale, per lo meno, non era scritto per gli altri.
E non venitemi a dire che lo "discrimino" solo perché non è un horror.
"La Zona Morta" non è un horror, ma è uno delle sue opere che reputo migliori.

Tornando a noi, ecco che parte "I figli del grano" ( non ho idea della ragione per cui in Italia cambino tutti i nomi di film e libri nelle traduzioni).


Ed ecco i miei coglioni che si schiantano al suolo.
Tonf, uno,.
Plaf, il secondo.


Dio quanto odio l'uomo che ha progettato ciò.

Ora, non voglio fare lo stronzetto che si lamenta del fatto che il film "non era come l libro".

È una cosa ovvia, ed è una cazzata. 
Ovvia, in quanto i registi che si fanno il mazzo per fare film, invece che buttare a cazzo quattro spunti di trama, una morale, personaggi di una stupidità immane, stereotipati ad un livello aberrante, tanto il pubblico va a vedere il film solo per il nome, si contano sulle dita d'un monco.


Sì, parlo di te Cameron, che se la pellicola che ho visto ieri era un pessimo B-movie,
il tuo "capolavoro" era un patchwork di minchiate pseudo-ecologiste.

Chiedete come si fa un film da un libro, o da un opera teatrale, a Kenneth Branagh e al suo "Hamlet", quattro ore spese bene.

Però un limite ci dev'essere.
Perché questo film non ce ne azzecca una, neanche per sbaglio.


Questo è il cattivo del film.
Paura, Eh?

Inizi la visione e c'è una coppietta felice che attraversa l'America scherzando sulla scopata che si sono fatti la notte scorsa in una figata di motel.

No, aspettate un momento...
(Sfoglia le pagine del libro, legge un paio di righe)
Ma è una cazzata!

Qui c'è una coppia incazzata, che ambisce al divorzio.
Lei è un'idiota belloccia, lui un burino.
Chi cazzo sono quei due damerini che guidano un auto se non nuova, almeno in buone condizione, invece che un catorcio?
I rettiliani hanno invaso Hollywood durante le riprese?

- Vabbè sono dettagli Carta...



Ma non è finita qua.
La punta dell'iceberg, mio caro Titanico pubblico.

Una storia di 30 pagine, sì, fa parte della raccolta "A volte ritornano", non è manco un libro intero, di cui sono riusciti a sbagliare TUTTO!

Personaggi buttati dentro a caso, effetti speciali che vi faranno uscire la bile dagli occhi e incongruenze enormi, che dico epiche!

Se avete intenzione di vedere il film ( nonostante tutto ciò che ho detto finora ), o di leggere la storia ( che vale la pena di leggere perché, ripeto, la storia non è male, un buon film ce lo si poteva tirare fuori, con un po' d'impegno) non leggete quanto segue, sono la trama ed il finale.

Anche se dovrei dire i finali.
Libro e film, due cose diverse.

In sintesi, la trama si basa su di una divinità che vive nel grano e assoggetta le menti dei giovani, i quali le fanno sacrificio di chiunque abbia più di 18 anni, crocifiggendolo in mezzo ad un gigantesco campo.



Libro: i due arrivano investono un "ultradiciottenne", che stava scappando dal suo funesto destino.
Già in crisi di nervi, cadono nel panico, si riprendono, mettono il cadavere nel baule, cercano una città e una stazione di polizia dove denunciare il fattaccio.
Arrivano a Gatlin, la cittadina maledetta del caso, lei viene rapita, lui tenta di salvarla, fallisce miseramente, muore anche lui divorato dalla creatura.

Chiara, semplice, inevitabile come tutte le trame di King.
Perfino "realistica".
Ed ora capirete perché.



Film: Una coppietta felice tira sotto un ragazzino.
No, non preoccupatevi, era già morto sgozzato ( anche se noi lo abbiamo appena visto correre in mezzo alla strada, girarsi e sillabare "Oh cazzo").
Mettono in baule il tizio, vanno in città, trovano cose strane, crocifissi di grano, fonti battesimali pieni di sangue.
Si spaventano, vengono assaliti da una marmaglia incazzata ed armata d forconi e machete, vengono aiutati a fuggire da un ragazzino ed una bambina, che si scopriranno essere i fratelli del morto sgozzato\investito.
Da dove cazzo sbuchino, dio lo sa.
Casini vari, lei è catturata, lui organizza un piano per salvarla: far saltare il dio ( che, nel film, è una versione malriuscita dei vermoni di Tremors) con la dinamite.
E indovinate un po'? Funziona.


Che culo!

Happy ending, con i due che decidono di adottare i due trovatelli e si avviano in macchina verso il tramonto.
Da notare come il regista si dimentichi di un piccolo particolare: loro hanno ancora un cadavere nel bagagliaio!
E non è fatto a posta, se ne sono proprio dimenticati!

Io sono basito.
E hanno fatto anche due sequel.
Guardateveli voi, io non ne ho la forza.


sabato 29 ottobre 2011

Una tardiva chiamata alle armi

Dannati!
Riposi la spada tanto tempo fa, ma è ora di levar la polvere dall'elsa e saziare la lama con il sangue di mille pixel virtuali!
Non volevo questa guerra, ma la tolleranza è davvero la maschera dell'odio!
Ma ai Captcha venderò cara la pelle!
Non morirò sotto le parole sconnesse che mi lanceranno come frecce!
Le loro lame fatte di vocali e i loro consonantici non scalfiranno la mia armatura!
Che Cerex mi sia testimone, non sarò di certo io a ritirarmi!
E con questo post, composto in gran parte da punti esclamativi, offro la mia lealtà all'Hombre.
Che se loro hanno dalla loro parte il cavaliere errante Kisciotte,  io, in virtù della mia follia, volentieri mi nominerò barone.

La Carta di Münchhausen.



P.s.: 
Ora attendo lei, Kisciotte, e la sua Sindrome di Tourette nella zona commenti.
Ho già sellato il mio cavallo senza testa ( perché di riattaccarla non sono stato capace, io con ago e filo faccio schifo) e preparato una palla di cannone, in caso necessitassi di una via di fuga rapida.

martedì 25 ottobre 2011

Merda

Viviamo nella società del commento mediocre.
Schifiamo poco ed esaltiamo ogni cosa, sicché o uno è un fottuto genio o è bravo ma non si applica, ha uno stile chiuso e per pochi, non ha ancora trovato la sua strada.
Se dobbiamo dire qualcosa a qualcuno, abbiamo tanti modi per NON farlo.

Dio, quanto odio le frasi fatte.

- Sì, ma in fondo siamo tutti buoni.
Dillo a Hitler.


Che tenerone!

- Dai, basta impegnarsi.
Ok, andiamo nel reparto di oncologia e incitiamo gli ammalati ad usare più forza di volontà, che se non si sforzano, come pretendono di guarire?


Ora stanno davvero esagerando 'sti Pro-Life!

Ho uno zio con il cancro.
Ma non lo ho mai conosciuto, quindi la cosa non mi tocca particolarmente.
Ieri ha avuto una specie di embolo, che gli ha provocato un ictus.
Provo un po' di disprezzo per me stesso e per la mia indifferenza, allo stesso tempo mi chiedo se possa giovargli la visita di uno sconosciuto,  che va a trovarlo solo per aver qualcosa di cui spettegolare con gli altri parenti.

Penso che sia a questo che portino le conversazioni in pilota automatico di cui sopra: a cianciare avidamente di metastasi cerebrali.

Se dobbiamo criticare qualcuno, il massimo che facciamo è dire "A postooo!"
Non si riesce più a dire "Vaffanculo incapace!", "Hai mai pensato ad un'altra carriera?", "Davvero hai frequentato una scuola di recitazione?"
Frasi da stronzo.
Già, però farebbe bene sentirselo dire o dirlo.
Se per caso l'interlocutore avesse la magnanimità di argomentare, l'ascoltatore avrebbe la possibilità di imparare.
O di urlare insulti random su tua madre, il cane del vicino e i sette nani.



La mia professoressa di matematica sembra la Littizzetto, solo che è più pazza.
Un mio amico ( e, per la prima volta nella storia della letteratura, non è un espediente per indicare me stesso) esce con una tizia che, anche lui ammette, assomiglia fisicamente, intellettualmente, psicologicamente alla prof.
Il mio amico si vuol fare una versione ringiovanita della docente di matematica.

Odio le frasi fatte perché al 90% sono vere.
Così, spari la tua minchiata e hai quasi la sicurezza di azzeccarci.
Ma anche se spari bendato in una piazza di Tokio, probabilmente colpisci un giapponese.

Questo post rispetta il suo titolo e non cerca di fare altro.
Niente ambizioni di sorta.
Niente auto-miglioramento.
Niente ricerca della verità.
Solo un modo come un altro per propinarvi "Is there anybody out there?" suonata da me.


lunedì 17 ottobre 2011

De Spheniscidarum, ovvero "Di tutto ciò che non so"

Non si può affogare così.
Aspettare, aspettare, aspettare, aspettare, aspettare, aspettare, ma assolutamente non agire.
Ora basta.Devo assemblare un computer, ma non so neanche da dove cominciare.
Ma questo non mi fermerà più.
La pausa sigaretta salta, ma non me ne importa.
Anche se scrivere con il contagocce non mi piace, già perdo il filo normalmente, figuriamoci se scrivo a più riprese.
E poi vendono le ciambelle a 80 centesimi...
No! No! No!
Carta concentrati!
Ma le ciambelle, ciambelle, ciambelle, ciambelle, ciambelle, ciambelle, ehi guarda quella che davanzale, ciambelle, oh le è caduta la penna, ciambelle, ciambelle, la raccoglie, mi pare ovvio, taci tu, osserva le sue grazie, ciambelle, se ne va, non male anche dietro, ciambelle, si sembravano due ciambelle, morbide, profumate, ripiene, ciambelle.




STOP!
Anf! Pant! Altre onomatopee che simboleggino una stanchezza psico-fisica! Sgrunt!


Forse avrei dovuto seguirla, invece che rimanere qui a scrivere...
Magari mi offriva una ciambella!

Si parlava di affogare?
Ah no, giusto, di pinguini.
Ebbene, io di pinguini non so un cazzo.
E di molte altre cose, ma di pinguini proprio non so nulla, neppure se alloggiano in igloo subaffittati agli eschimesi, o se invece vivano al Polo Sud leggendo Lovecraft.
Vuoto totale.

Quando ero infante (qualcuno potrebbe dirvi che lo sono tutt'ora, come dargli torto) una zia che non avevo mai visto, ma che mi dissero giungere da quel luogo (tutt'ora) sconosciuto dal nome di "provincia di Torino", mi porto una dozzina di libri di Pingu.
Undici da colorare, uno da leggere.
Non lo avesse mai fatto!
Passai l'estate successiva disperandomi alla ricerca di informazioni riguardanti il colorito del manto di foche, trichechi, orsi polari e, inevitabilmente, pinguini.




I mass media non mi aiutavano.
In particolare, ho sempre avuto un pessimo rapporto con la televisione: a tre anni tentai di usarla come appiglio per la mia scalata del mio personale Everest, la mensola; in risposta, lei decise di franarmi addosso.
Ben presto scoprì che, oltre che del verso del coccodrillo, ai giornali non fregava niente neppure del colore degli animali del Circolo Polare, Artico o Antartico qualsivoglia.
Nello sconforto più totale, stavo per arrendermi, quando a scuola decisero che era tempo che noi imparassimo a leggere.
Così presi il libro di Pingu e lo sfoglia, decifrai pian piano i caratteri, ricomposi parole, frasi, periodi, fino ad ottenere parte delle informazioni che cercavo.
E poi lo rilessi, per capirne la storia.
E ancora, per dargli un senso.
Ed alla fine non mi fermai più, ancora oggi passo da un libro ad un altro, per interesse, per sfizio, scegliendo libri a naso, letteralmente, cercando ancora quel buon profumo di carta stampata che avevano "Le avventure di Pingu".

E da lì, il pinguino trasmutò.
Divenne per me simbolo e incarnazione dell'incompletezza, con quel suo zampettare da ubriaco e la sua incapacità nel volo.


Con qualche eccezione...

Ma l'incompletezza non è ignoranza.
L'ignoranza è l'assenza di desiderio di ragionare ( e quindi capire, realizzare, persino sognare).
Il fatto di esser cosciente di avere un vaso vuoto è ciò che mi spinge a riempirlo.
Di terra, gentilmente offerta da un sistema scolastico che tira un po' la cinghia, e di tanta, tanta, tantissima merda, che ho accuratamente cercato lungo tutto il sentiero della mia vita (e no, ciò non significa che sto scrivendo sotto gli effetti di funghetti, anche se, a dire il vero, non avevo mai notato quante dita abbiano le mie mani. E quante falangi!), nonostante il disgusto di certi o il pudore di altri, ignorando il coro di gran voci che mi diceva che mandavo tutto il lavoro fatto a puttane.
Sono fermo convinto che, se mai i semi della mia cultura germoglieranno, il merito dovrà essere diviso a metà.

Non sono così arrogante da dire che alla scuola non devo nulla.
Ho imparato molte cose, anche se davvero poche facevano parte del mio percorso didattico, almeno credo.
Ho appreso che tutti sbagliano, a nessuno piace essere corretti.
Che i vizi sono considerati tali in gran parte perché sono divertenti.
Che amicizia e amore esistono, sebbene siano stati lobotomizzati e resi più accessibili.
Che iniziare il rapporto con una donna con la frase: "Ti amo e vorrei dei figli da te" può portarlo ad una repentina fine o ad avere una lunga esistenza.
Che odiare un essere umano che dal lunedì al sabato si fa il mazzo per te, è stupido.
Che le fotocopie in aula computer sono gratis.
Che uscire da una classe con un sorriso stampato in faccia dopo aver preso un quattro è possibile, se nelle note a piè pagina trovi scritto "Credo tu sia uscito dalla traccia, ma non ne sono sicura".
Che perdo troppe volte il filo del discorso.
Che mi piace scrivere così.

"Ombrosa non c'è più. Guardando il cielo sgombro, mi domando se sia mai esistita. Quel frastaglio di rami e foglie, biforcazioni, lobi, spumii, minuto e senza fine, e il cielo solo a sprazzi regolari e ritagli, forse c'era solo perché ci passasse mio fratello col suo leggero passo di codibugnolo, era un ricamo fatto sul nulla che assomiglia a questo filo d'inchiostro, come l'ho lasciato correre per pagine, zeppo di cancellature, di rimandi, di sgorbi nervosi, di macchie, di lacune, che a momenti si sgrana in grossi acini chiari, a momenti si infittisce in segni minuscoli come semi puntiformi, ora si ritorce su se stesso, ora si biforca, ora collega grumi di frasi con contorni di foglie o di nuvole, e poi s'intoppa, e poi ripiglia ad attorcigliarsi e corre e corre e si sdipana e avvolge un ultimo grappolo insensato di parole idee sogni ed è finito"

Italo Calvino, Il barone rampante

sabato 17 settembre 2011

Assenteismo

Ho fatto un viaggio spirituale.
Dalla campagna a casa mia.
Fermandomi al bar, lo ammetto.

Ho assunto droghe: le solite ( alcool, fumo, qualcosa di simile), nuove ( marshmallow a forma di puffo, danno dipendenza), vecchie che avevo deciso di abbandonare ( arroganza, odio immotivato, saccenteria e altre cose che fanno di me un povero stronzo).

Ho letto un libro.
Ghiaccio 9, di Kurt Vonnegut.

Ora mi sento, dopo anni, vicino alla religione.
Ho avuto il mio vin-dit.
Forse sono un bokononista.
Ma Bokonon direbbe: " Chi non lo è?"

-Cosa hai fatto quest'estate?
-Ho respirato, ad intervalli regolari.
Venti, trenta volte al minuto; anche quaranta, talvolta, ma non voglio darmi delle arie...

Mi sono posto delle domande, niente di eclatante.
Non è che mi interessi molto chi sono, probabilmente non mi piacerei.
Ho ricevuto risposte, le più stupide da me stesso e dal magico essere che vive nel fondo dei bicchieri.

Alcuni quesiti li ho lasciati per voi:

1) Perché i cartoni animati per bambini fanno così schifo? Che fine ha fatto Pingu?
2) Perché non riesco a sconfiggere Luca Blight in Suikoden II?
3) Perché quando faccio un elenco di domande non ricordo cosa dovevo scrivere e, quindi, mi ritrovo a dover riempire gli spazi con le prime due cazzate che mi passano per la testa?

E, per finire, due grandi rivelazioni:

1) Ho scoperto che gli indici dei miei piedi ( hanno un nome particolare? ) sono più corti dei miei alluci.
2) La birra vecchia non fa buon brodo, provoca una violenta diarrea.



martedì 30 agosto 2011

Il Detective Kisciotte e il caso dei Girasoli

Quella sera l'aria sapeva di un vecchio film noir francese.
Parigi era coperta da una coltre di nubi e i pochi raggi solari che filtravano davano al mondo un tono grigio.
Kisciotte avanzava per la rue Saint.Denis, imprecando contro i propri reumatismi e gli odori dei fluidi delle prostitute sul ciglio della strada.
Fumava una vecchia sigaretta e bestemmiava sottovoce, più per paura di sputare un polmone a colpi di tosse che per timore del Padreterno.
"Che caso di merda" pensava, tentando di mantenere l'equilibrio.
I fatti sono più o meno questi: da tre mesi, un'assassino si aggirava per Parigi. 
Le vittime erano spesso figure politiche di spicco, gente all'apparenza pulita, ma con più di uno scheletro nell'armadio.
Effettivamente i delitti compiuti non erano stati più di cinque, forse sei.
Il modus operandi era sempre lo stesso: prima sparava alla testa delle vittime con una pistola di grosso calibro, sempre diversa, infliggeva sui cadaveri delle ferite compatibili a quelle che avrebbe potuto infliggere un Grizzly, per poi lasciare un girasole sul corpo esamine.
Inutile dire che i media ci andarono a nozze.
Soprattutto quelli "schierati", come "Libre", il cui direttore era stato la seconda vittima.
Furono attribuiti più di cento omicidi a "L'Orsa" e il panico si sparse a macchia d'olio.
A giusto, mi sono dimenticato di dirvi che si tratta di una donna.
Una "Femme Fatale".
Ma torniamo a Kisciotte, che proprio ora entra in una bettola malfamata, lo "Spinoza", punto d'incontro dei peggiori individui parigini, ma anche delle più fresche informazioni.
Appena entrati notiamo Sciuscia e Faina, intenti a bere birra e a criticare il sistema, la televisione e la sorella del barista.
Sulla destra, in un tavolino appartato Emix e Mesic, intenti a parlare dolcemente fra loro.
Meglio non disturbarli, se non volete ritrovarvi a ballare la samba con una scimmia cinese che vi infila spade in tutti gli orifizi, citando a memoria le imprese di Mata Hari.
"Non so di preciso cosa voglia dire" pensa Kisciotte "ma, di certo, non sarò io ad interrompere i loro amoreggiamenti".
Ed infine il clan di Bile, che occupa la sala nord.
Sembra stiano parlando proprio di Lei, ridono, finché un ubriaco, un tale conosciuto come Josef K., non gli si avvicina e biascica: "Cosa ridete, dannati? Cosa faremo noi tutti noi, quando tutti i corrotti non ci saranno più? Di chi parleremo?"
Due tizi lo prendono per le ascelle e lo trascinano sul retro, il detective si girà, il destino di quel tizio non gli interessa.
E il suo informatore ha appena smesso di suonare.
Cerex, seduto al pianoforte, si gira, sigaretta in bocca e bourbon nella mano destra.
-Quanto tempo...
-Mai troppo, vecchio mio.
-Mi servono informazioni. Ecco le tue trenta monete d'argento, spero che tu non abbia cambiato tariffa, che è tempo di cri...
-Non posso accettare.
-Cos'è ti hanno fatto pressioni? Non mi pari un tipo che si fa impressionare da queste cose.
-Non hai capito, avrai le tue informazioni, ma non posso prendere i tuoi soldi.
-Mi prendi per il culo? Cos'è un omaggio per la clientela fissa?
-Sì, lo stesso che mi fa tua sorella. Diciamo che sono stato "sollecitato" a collaborare. Dimmi ciò che sai e vediamo se posso illuminarti su qualcosa.
-Ho un'indiziata: un ex-frequentatrice di questa topaia, tant'è che speravo di incontrarla qui stasera.
Mai un colpo di fortuna.
Comunque, si dice avesse un blog, prima della Grande Censura e che sia impazzita vedendo bruciare un campo di girasoli...
-Ci credo, la sua famiglia era in mezzo a quel campo.
Si scoprì essere un incendio doloso, appiccato da un gruppo della "Liga du Nord", capeggiati da un alto esponente del Partito.
Ma il caso non arrivò mai in tribunale, grazie alla legge sulla "Leggittima Difesa dall'Immigrazione".
Si difesero dicendo che stavano nascondendo dei terroristi eurasiatici.
Balle...
Comunque sia, voglio darti un indirizzo: VIII arrondissement, Champs- Élysèes, Place de La Concorde.
-Champs-Élysèes? Non è quel quartiere che è stato completamente contaminato dalle radiazioni, ed ora è sigillato completamente?
-No radiazioni non ce ne sono, è uno specchio per le allodole.
Agli inizi del movimento, fu usato come campo di prigionia, poi fu bombardato e improvvisamente si trasformò in "base militare dove i nostri giovani eroi persero coraggiosamente la vita", ora non è che un enorme capannone-discarica.
Lì mi hanno detto che potrai trovare le tue risposte.


Entrato, una folata fetida lo fece quasi svenire.
E mano a mano che avanzava le cose peggioravano, finché giunto sotto l'obelisco di Place de La Concorde, tutto cambio.
Da un enorme foro in cima al tetto della struttura, filtrava la luce lunare, la pioggia, ma, soprattutto,  l'aria.
Kisciotte si guardò intorno e noto come tutto fosse pulito: non un rifiuto per terra, non un cadavere in decomposizione, non una tana di ratti giganti.
Un'oasi nella munnezza.

-Ci ho messo tre anni per sistemare questa mia tana.
Ho occupato la maggior parte del tempo per procurarmi l'esplosivo con cui aprire quel buco, ma ne è valsa la pena, no?

Si volto piano, come al rallentatore, sapeva cosa lo aspettava, Lei, "L'Orsa", era lì di fronte a lui.
Forse erano i raggi di luna argentati, che risplendevano sulla pelle del suo viso come in una antica rappresentazione di una dea grecha, con l'acqua che le cingeva i piedi di ninfa, o forse erano le due bottiglie di vodka ingurgitate durante il tragitto, ma lei gli pareva bellissima.

-Dì Kisciotte, non secca anche a te quando il cattivo si perde in lunghi discorsi, invece di sparare subito al protagonista?

Era una notte buia e tempestosa, a un tratto echeggiò uno sparo, un lampo squarciò il buio.

-Vedo che non apprezzi l'ironia: una fanciulla che stende un nobile cavaliere.
-Stronza!
-Tutto qui? Mi deludi, speravo di meglio.
In fondo, un tempo, anche tu eri uno di noi?
-Noi chi? Di cosa cazzo parli? Io non Ho niente da spartire con una pluriomicida!
-Noi sognatori, mio caro, quel distintivo non ti nasconde quanto vorresti.
Per questo ho voluto che tu venissi qui: dopotutto, è un bel posto dove morire, il nido di una fenice.
-Cosa c'entrano gli uccelli di fuoco... ( rantolo, sputa un fiotto di sangue) ... succhiacazzi?
-Mi sbagliavo! Nonostante tu abbia un proiettile nello stomaco, conservi un po' di humour...
Tornando al nostro discorso, ho iniziato un'opera di disinfestazione. quest'oasi è l'inizio, il mondo è il mio obbiettivo; non arriverò a vederla compiuta, questa mia tela, ma altri prenderanno il mio posto.
Gli ideali sopravivo...
-HAHAHAHAHAHAHAHAH! Put ( ancora sangue che imbocca l'esofago in un breve viaggio verso il mondo esterno) HAHAHA!
Tu credi veramente in quello che dici? Questa è la tua soluzione?
Beh sono...sono perplesso... prima dici di essere una sognatrice, poi diventi una di loro... pronta a reprimere nel sangue... per ciò che ritieni giusto... pronta.... pronta a creare una giustizia, piuttosto che a cercarne una... violenza contro violenza, eh? Che colpo di genio... meritiamo proprio l'estinzione, se una come te... come me... come noi... si riduce così...
-E cosa vorresti fare tu, profeta? Dì un po' li vorresti riabilitare? Credi che sia possibile? Folle!
Non si possono salvare tutti!
-HAHAHA! Questa frase poi... beh, sappi che io sono pronto a provarci...e...e...a fallire!
L'uomo è così piccola cosa...eppure ...quanto potenziale sprecato... una pulce.... ma pur sempre una pulce che c'ha provato... fino all'ultimo... la morte non mi fa paura... l'estinzione è solo una fase del ciclo... una parte del...del...del giro di giostra... QUESTA è la vera fenice... non il tuo accanimento... non la tua rabbia... non lo status quo... lanciarsi... nonostante non si veda cosa c'è in fondo al precipizio.
-Inutili sofismi di un morente...
-Già... Oh, salve!

Un uomo con un fucile mira e spara.
L'Orsa non è più.
Scende dal cumulo di spazzatura su cui stava, Josef K., e guarda meravigliato quell'angolo di paradiso.
Kisciotte si trascina verso l'obelisco, mentre il mondo si offusca e anche il dolore si attenua.

-Parlavi giusto un momento fa di potenziale... immagino ne avesse... guarda qui, avrebbe potuto essere un esempio per tutti noi e invece ha scelto la violenza.
Beh, non mi sento di giudicarla.
In fondo all'animo, noi non siamo altro che codardi.
Avevi ragione, Detective!

Alza lo sguardo e vede gli occhi vitrei di Kisciotte che scrutano il cielo.
L'uomo col fucile fa un sorriso triste, si gira e ritorna alla sua strada.