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venerdì 14 settembre 2012

Prova, prova, sa, sa, sa


Mi sentite?
Sì? No?
Ok, allora potete pure abbassare e ignorarmi, se vi va...
Un po' di di collaborazione, dai!
Ci sono ancora scariche?
Avete provato a spegnere e riaccendere?
E a tirare un pugno al modem, no?
Bene, così si fa.
Ahem...

Salve, come i più perditempo di voi avranno notato, questa trasmissione viene da un posto che non può essere, un tempo inconcepibile e con una ricezione di pessimo gusto.
Questa trasmissione viene direttamente da casa vostra: lì c'è la cucina, il bagno, quella statua africana che vi ostinate a tenere perché fa tanto "uomo che ha visto il mondo" ( in realtà lo avete comprato da un "vù cumpra" in Piazza Dante e, in realtà, rappresenta solo un omino che si masturba, vedeste le risate del venditore, che a differenza vostra è realmente laureato in Storia dell'Arte e Antropologia).
C'è anche il vostro gatto.
Dovreste dargli meno da mangiare, sta ingrassando.
Se non è così, scusate, ho sbagliato persona.
Ecco, tornando a noi, l'unica differenza è che questa casa è cinquanta metri più vicina al Sole della vostra e sfasata all'indietro di cinque minuti.
E questo spiega le mie due affermazioni precedenti.
La causa della terza, per i meno attenti quei "bzzz" che sentite in sottofondo, è data dal fatto che non ho soldi per un buon elettricista e mi devo arrangiare da solo.

Più o meno, io dovrei essere voi, solo che di un'altra dimensione.
A dire il vero a me sembra una puttanata, dato che sono più alto e non ho tutta quella pancetta.
Comunque, dato che il mio P.S.O. si è fritto, ho deciso di fare quattro chiacchiere con me stesso, o meglio con i miei stessi.

Ah, giusto, il P.S.O.
In sostanza, il Proiettore Sinaptico Olografico, è una specie di cerchietto di ferro che va messo in testa, se ne siete provvisti di una, e vi proietta in una realtà virtuale.
Come?
Non ne ho idea, le condizioni di utilizzo del servizio le ho accettate senza leggerle.

Ora magari direte "Ma se passi tutto il tuo tempo lì, come fai a sopravvivere?", oppure mi sbaglio e avete già spento il modem, perdendo per sempre questo segnale, perché vi siete stufati di 'sta solfa, che dovete spippettarvi su YouPorn.
Non vi do torto, neanch'io sarei qui se avessi Internet.

Comunque, rispondendo alla domanda dal punto di vista fisiologico, gli utenti sono sfamati da degli addetti specializzati con prodotti certificati.
E con questo intendo che la ditta ingaggia degli scimpanzé che mi riempiono di cinque litri di plasmon due volte alla settimana.

È brava gente, ingaggiata per non ricordo quale storia sull'estensione dei diritti alle pari opportunità.
A quanto pare, ad un certo punto si è deciso che era ingiusto privare gli animali della gioia del lavoro, della democrazia e del sogno americano.
Così hanno bombardato le foreste col diserbante e il cemento a presa rapida, dato un posto di lavoro ad ognuno e messo su un governo ispirato al film "Il Re Leone".
È un peccato che il partito carnivoro abbia divorato l'opposizione durante la prima settimana.

Fuori dal P.S.O. non sono rimasti altro che tizzoni ardenti, macerie fumanti e un atmosfera tossica al 97%.
E tira anche un vento della madonna.
Così, quando la realtà ha cessato di essere confortevole, abbiamo deciso di crearcene un'altra.
2.0 e in continuo aggiornamento.

Tutto si svolge nella nostra testa, è vero, ma non è poi così diversa da quella precedente.
In fondo cos'è la Realtà?
Una serie di impulsi elettrici, che siano poi questi forniti dagli organi di senso o da una serie di cavi che si diramano dall'amigdala all'ippocampo, non mi fa poi tanta differenza.
Sinceramente, non sono neanche sicuro se questa qui fuori sia la realtà-Realtà, o solo una versione precedente del software.
Diamine, non so neanche se io sono reale o solo un bot difettoso in riparazione.
In fondo, la memoria umana non occuperebbe più di 300 megabyte di spazio, se archiviata.

Ma, in fondo, chi se ne frega del fatto di essere reale, o che il cielo grigio là fuori, che la finestra su cui sono seduto, che la sigaretta che tengo in mano siano reali né tantomeno se sia ciò che dico il messaggio reale o lo siano, invece, le scariche elettriche in sottofondo.
L'importante è sentire il pulsare ritmico delle vene.
Avere le vertigini guardando guardando in basso, che sono al 253° piano.
Annusare l'aria e gustare l'odore della pioggia che scenderà da qui a mezz'ora.
Assaporare a fondo il tabacco che danza giù per la gola.
Tutto il resto, è un bug del sistema.



\\124C 41+ : Remote computer to shutdown/restart/abort

sabato 5 maggio 2012

Another

Immagina.
Per adesso solo questo.

Non è cambiato niente.
Il vento soffia ancora e la dannata polvere non ha smesso di entrarmi negli occhi.
Si sta facendo mattina, non è una cosa buona.

Vedo qualcuno in lontananza, mi nascondo dietro ad una macchina esplosa.
La canna del fucile batte contro le lamiere, ma non è un problema.
Il sangue mi ribolliva già da tempo, cerco ogni scusa che porti allo scontro.
Ma devo tenere la parte, non destare sospetti.

Non è cambiato niente.
A parte il fatto che ora non è sicuro viaggiare disarmati.
I Ghoul vedono, aspettano e mangiano.
Noi.

Si avvicina, passo cauto.
Umanamente cauto.
Meglio tenere il fucile pronto comunque.
Cento metri, uno stivale.
Cinquanta una lattina.
Venti, una trappola per orsi.
Tre chilometri, l'accampamento.
 Davanti a me lei, che evidentemente non è una Ghoul.
Irina si siede, prende un sasso, colpisce la lattina, mi scrocca l'ultima cicca.

Non è cambiato niente.
Eccezion fatta per la luna.
Quella si è spezzata in tre parti ed è lì lì pronta a caderci in testa.
Non succede solo perché non è l'unica cosa ad essersi rotta.

L'aurora boreale sopra le nostre testa.
Anche se siamo in Germania.
O da quelle parti, in Europa Centrale, dove comunque cose del genere non dovrebbero succedere.
Irina mi guarda e mi chiede come è andata la caccia.
Lei sa.
Mi odia, ma solo quando vede la parte della mia faccia coperta dalle bende.
Le rispondo che sono stato attento, che i proiettili ci sono tutti, che non ho lasciato tracce, che la amo ma che comunque voglio indietro quella sigaretta.

Non è cambiato niente.
Solo che quattro o cinque leggi fisiche hanno deciso di andare a farsi fottere.
Così abbiamo gravità alternata, macchie temporali, pianeti alla deriva, esplosioni nucleari spontanee e altre implicazioni dirette.
L'effetto domino ha fatto il resto.
Del resto i Ghoul sono il risultato di una spinta improvvisa al carrozzone dell'evoluzione.
I loro occhi percepiscono le mutazioni del campo magnetico.
La loro epidermide si è parzialmente calcificata, quindi la pelle è dura come le ossa.
I loro intestini si sono adeguati alla carestia, portando a nuove vette il termine onnivori.
Alcune ghiandole sono scomparse, come l'ipotalamo.
Ciò vuol dire niente paura, niente sonno.

Irina si alza e dice che è tempo di andare, che passerà di qua una bolla debole e che se non voglio decomprimermi devo alzare il culo e muovermi.
Io la seguo a distanza, non voglio che veda il mio occhio sinistro, giallo, infetto, nuovo.
Non le ho detto che l'evoluzione, che aveva colpito solo la parte sinistra del mio corpo, si sta estendendo.
La caccio via dalla nostra baracca o mi ubriaco e poi dormo sotto un ponte, la sera, quando mi colpisce la febbre.
Questo le fa male, ma sono convinto che essere sbranata gliene farebbe di più.

Alcune cose le nostre previsioni non riescono a vederle, i miei occhi invece sì.
Per cui so già cosa sia successo all'accampamento ancora prima che il fumo sia in vista.
Un campo magnetico così distorto, non può che essere una macchia temporale.
Ora è passata e ha lasciato davvero poco dietro di se.
I cadaveri mummificati, vecchi di uno o due migliaio di anni, ieri camminavano per la strada, erano i nostri vicini, allevavano animali, coltivavano ciò che riuscivano, tiravano avanti alla belle e meglio, vivevano.
Irina piange.
Io mi tolgo le bende.

Non è cambiato niente.
Tranne che se rimani troppo in una zona come questa, la radiazione residua cambia te.
Irina si gira e mi guarda.
Il disgusto nel suo sguardo gradualmente scompare mentre i suoi occhi diventano gialli e la sua pelle grigia.
Come la mia.

giovedì 8 marzo 2012

Non sapendo come finire

Diciamo che in principio furono questo
e, seppur tardivamente, questo
e tiriamoci fuori qualcosa.


Ci sono alcuni eventi a cui non puoi mancare.
Al tuo funerale, per esempio.
Eppure eccomi qua, mentre i becchini coprono la mia tomba, che annego un'altra esistenza nell'alcool.
È la cosa più vicina alla reincarnazione che sono riuscito ad ottenere: cancello la lavagna e rincomincio da zero.
Domani sarà il giorno uno e non sarò mai esistito.
Ma quanti giorni uno ho già avuto?
Parecchi, più di quanti sia disposto a ricordare.
Finché dura la sbronza, finché il postumo martella le cellule cerebrali al ritmo di Raining Blood, finché tutto non torna alla mente, solitamente seguito da un getto di vomito.
Ho avuto tempo per fare un sacco di cose.
Principalmente ho scritto, per intere ere.
Poi, non trovando un epilogo adeguato, ho provato a non fare niente.
Inizia ad essere difficile dopo i primi dieci anni, infernale appena superati i  cento, dopo mille diventa l'unica cosa che puoi fare.
Qualche tempo fa, una scossa di assestamento ha fatto crollare il rudere di parete a cui ero appoggiato.
Così, irrimediabilmente sveglio, mi sono dato all'esplorazione.
Ho vagato per la stanza riconoscendola come un ufficio, forse appartenuto ad uno scrittore.
Su di un tavolo al centro, una macchina da scrivere, dei fogli bianchi alla sinistra.
Sulla sedia, il cadavere dell'umano, mummificato mentre cercava l'ispirazione.
Lo sposto, senza tanti riti, riprendo la sua impresa da dove lui l'aveva lasciata.
Questo era qualcosa come sette anni fa, mese più mese meno.
Non mi sono mai alzato da allora, non ho mai battuto una parola.
Ho avuto la tentazione di andarmene due anni fa, quando la sedia ha iniziato a cigolare.
All'inizio pensavo fossero termiti, ma a quanto pare gli insetti mi evitano, come se fossero spaventati da me.
Forse anche il legno della sedia non si rompe per paura di ritorsioni.
Guardando per terra ho trovato uno di quei tablet che tanto piacevano ai bipedi.
La batteria è morta, figuriamoci.
Sono un essere curioso, non mi secca offrirgli io stesso l'energia che gli serve.
Mi alzo, finalmente la sedia si sgretola, mi avvicino alla finestra, credo.
Forse qui un tempo c'era del vetro, forse questo era un muro ed è stato colpito da qualcosa, una qualsiasi di quelle che sono cadute.
Dormivo ed ero cosciente, non ho fase R.E.M., la sola cosa che invidio.
Beh, se non contiamo la fine.
Apro quelle che si potrebbero definire ali, con un po' di fantasia, e mi faccio un giro del pianeta.
Il bipede è estinto da molto ormai, ma il suo lascito sopravvive.
La macchina gratta taglia scava inquina raffina demolisce sporca semina brucia bonifica estrae raglia produce imperterrita.
Nel Mojave ha costruito una foresta e l'Amazzonia è ridotta ad un deserto.
Ogni cosa viene riciclata.
Anche quel cane laggiù, ma non questa volta.
Atterro sul bulldozer sfasciandone la console e dilaniando circuiti.
Non è generosità o altro a muovermi, solo per noia.
Sviluppo l'intreccio e arrivo ad un punto morto.
La frase precedente mi ha bloccato, ho pensato di cancellare tutto e rincominciare.
Poi ho cambiato un po' di parole, le ho mescolate e il testo ha tornato ad avere un senso almeno per me.
Il cane mi guarda.
Non me n'ero accorto, contavo che sarebbe scappato.
Cosa ancora più sorprendente, inizia a parlare.

- E ora, come andrai avanti? Di cosa scriverai?
- A qualcosa penserò... In fondo, ho tutto il tempo del mondo.
- Entrambi sappiamo che non è molto.
- Troverò un epilogo adeguato.
- Lo diceva anche lo scrittore che hai incontrato prima.
- Hai ragione, è ora di finire questo dannato libro...

Il cane si era già voltato e trotterellava via.
Ha capito prima di me che quella parola, fine, fa paura, per questo è così difficile raggiungerla.
L'ispirazione è un modo dolce e lento di morire.
Fa nascere interi mondi e vivere oltre la vita.
Ma i mondi crollano, piano piano, e c'è un gusto perverso in questo.
Il piacere di poter dire che non sarà l'ultima volta.
E ora tocca a me.

Epilogo

Sorrido mentre l'aria mi sferza il volto.
Divampa ed incendia fino a che può: ormai sono nel vuoto.
Volo più veloce e più in alto di quanto abbia mai fatto, più di quanto abbia mai osato fare.
Icaro aveva ragione, il Sole è splendido da quassù.

lunedì 13 febbraio 2012

Un tot*

- Allora, ci siamo tutti?
- Sì.
- Io ci sono.
- Io non saprei.
- Beh, non proprio tutti...
- In che senso?
- MaiMaturo, non c'è stava male.
- Che ha?
- Non si sa, forse ha fatto qualche sgarro all'industria del caffè...
- Smettila con gli 883!
- Parapereperepè!
- Cazzo, si era detto niente rime baciate, io me ne vado!
- Ma dai Cerex, per così poco!

- Vabbè, vabbè. In quanti siamo rimasti?
- Nove. Se il Conte desiste nell'hackerare l'account premium di Brazzers, saliamo a dieci. Se ci riesce, scendiamo a tre...
- E c'è il committente...
- Già. Un tipo particolarmente oscuro ed eccessivamente rancido, direi...
- Hombre, che ce l'hai una birra?
- Si era detto niente nomi! Diamine, mettitelo in testa Sileno!
- Ok, ok. Tu, giovanni, ne hai?
- No, solo post. Però mi è avanzato un po' del peposo dei fornaciai.
- Mah, secondo me è quello che ha fatto ammalare MM. Capita di pigliarsi i virus, se ti mandi il cibo per e-mail.
- Taci, che era la fine del mondo, o almeno per come lo conosciamo...
- Pluralis maiestatis e citazionismo, stiamo cadendo in basso.
- Democritico, ti facciamo pubblicità e ti lamenti pure?
- Primo il blog è collettivo, non mio. Secondo, dici così solo perché vuoi che dica il tuo nome, S., ma non lo farò!
- Lo hai appena fatto...
- Dannazione!

-Silenzio!!!
Una figura in frac scende la scala antincendio della fabbrica abbandonata (Mi).

- Prendete esempio dalla Donna camel e dall'Orsa, che se ne sono state tranquille fino adesso.
- Gnom gnam... Come scusa?
- Ma che state facendo?!?
- Stiamo mangiando il peposo.
- Guarda te con chi devo lavorare...
- Ma se no va a male, è un peccato sprecarlo...
- Okay, okay, ma non fate briciole, che non è biodegradabile!

La figura è in penombra, i nostri 9 /10 /3 eroi intravedono solo alcune piume e penne nere, un piede palmato.

- Bene, iniziamo. Credo che voi mi conosciate: il mio nome è Pingu. Mi ricorderete di certo per il mio ruolo da protagonista nell'Amleto di Shakespeare!
-...
-...
-...
-...
-...
-...
-...
-...
-...
- Amleto?
- Quello di Drive...
- Ah!

- Bene, bene, bando ai convenevoli, vi ho chiamati qui per un'unica ragione, risolvere una volta per tutte un problema comune, una piaga.
Fino ad oggi ho sopportato il suo uso impudente del mio marco, della mia immagine, nonché il grave danno arrecato alla mia reputazione.
Sapevo che un giorno mi avrebbe ripagato con i proventi del suo lavoro ma La Carta, gigolò ad ore della mente umana, si è giocato lo stipendio di una vita con un solo, stupidissimo, fottutissimo asterisco.
Quindi ho chiamato voi, spietati mastini della guerra cibernetica per... Conte che cazzo stai facendo con le brache calate?
- Ho ottenuto un abbonamento a vita gratuito, potrò festeggiare un po', scassaballe incapace di volare?
- O figo, vedere vedere!
Il gruppo si riduce a tre membri.
Termine ambiguo, dato che si parla di tre donne.

- Ma, ma... Almeno tu Kisciotte, non vuoi sconfiggere un tuo nemico anti-captchatore?
- Che, sono scemo, proprio ora che mi sono assicurato sedute psichiatriche a vita? Caccio i mulini io, mica sono scemo!
- E tu, Josef K., non vuoi eliminare un tuo concorrente all'olimpo di Paint?
- Quello lì? È ancora fermo agli spaghetti western, ne ha di strada da fare prima di raggiungere le mie fotocopiatrici...
- Magnetico, tu almeno!
- Taci un attimo, c'è la scena clou!
- Democritico?
- Quella lì non ti sembra la Minetti?
- Lasciamo perdere. Giovanni?
- Un sacchetto di pop-corn e una Coca, grazie...
- Che cazzo sono diventato una fottuta "maschera" da cinema? Un po' di rispetto, io sono il vostro boss!
- O calmo, non ti scaldare. Piuttosto, ce l'hai una birra?
- Fanculo Sileno...

- Oh, Cristo. Donne, mie care donne, mi affido a voi!
- Il peposo è finito, mi dispiace...
- Chi se ne frega! Chi se ne frega! Anf... Donna camel, dimmi che almeno tu hai una qualche idea!
- Beh, dato che non abbiamo uno straccio di piano, mi sono fatta dare una mano dalla comunità internauta.
- Ah, sì? Finalmente una buona idea. Sei stata discreta?
- Certamente: ho postato un Eds dal titolo " Metodi per uccidere un blogger di fama infima che ha causato le ire di un potente ( Pingu è per metà pinguino reale, quindi di sangue blu, n.d.a.) usando senza permesso il suo nome e autodefinendolo sua mascotte"!
Ehi, perché stai prendendo a testate il muro?
- Bene, ottimo, bis. Ho deciso, vado a spaccarmi il fegato coll'alcol.


Dannati, hic, incapaci...

(Fade to black)



Cast\ Gente che mi querelerà: 
( In ordine di apparizione)

*MaiMaturo - Nella parte di un sé non troppo in sé
*Cerex - In sé, anche se per poco
*Il Conte di Montenegro - Prematuramente uscito di sé
*Kisciotte - Particolarmente in sé
*Giovanni - Fa lo stesso se ho chiamato per nome il tuo sé o preferivi menocchio?
*S. - Nel suo sé "samenta" ( si scrive così... bah, vabbè)
*Democritico - Continuavo a scrivere Democrito, ho dovuto correggere quattro volte, nel ruolo di sé
*La Donna camel - Nel ruolo che non ho capito se camel va con l'accento sulla "e" o se va  scritto maiuscolo
*Orsa Bipolare - Nel ruolo delle varie sé
*Josef K.- Non era molto in sé ai provini, ma una comparsata ci stava
*Magnetico - Come sopra, in sé più o meno
*Hombre - Che a quanto pare m'ero dimenticato che era in sé


That's all, folks!
(Siate magnanimi, sono reduce da tre ore di esercizi di trigonometria)
Special thanks: Cerex, per avermi ricordato che anche i pinguini bevono Jack Daniel's

sabato 4 febbraio 2012

Pinguini a Roma

- Vacca boia, fa freddo...
- Io non sento niente, ti dirò.
- Ma tu sei tu, lo sai. Come va con l'influenza, piuttosto?
- La febbre m'è passata, mi rimane un po' di mal di testa che combatto a Moment e un po' di raffreddore...
- E quello con cosa lo debelli?
- Lo sopporto e basta, più che...
- Aspetta, ma che significa il titolo del post?
- Mah, qualcuno ha trovato questo blog cercando quella frase su google, e boh, mi è piaciuta e basta.
- Vai sempre a cazzo di cane, eh?
- Già. L'idea iniziale era di scrivere un post tutto in seconda persona singolare, ma il tono accusatorio era inutile: non avevo nulla da accusare...
- Neanche a Schettino?
- Nah, forse di aver dato vita ad un altro tormentone.
- Schettino, trovi un tema di cui scrivere, cazzo!
- Ecco, appunto.
- Hai letto in giro gli altri blogger da quando sei tornato? Ti sei "rimesso in pari"?
- Che resti tra me e te, no. Vuoi la febbre, vuoi che sto finendo un libro, ho letto solo un paio di post, due o tre li ho "sfogliati"
- Di che libro parlavi?
- "La memoria del mondo" di Calvino.
- Ancora Calvino? Ti sei fissato?
- Anche fosse? Comunque il prossimo sarà di un altro, mi sto ordinando "L'isola dei pinguini" di Anatole France.
- Ne so quanto prima...
- Anch'io, me l'hanno consigliato.
- Che facciamo, iniziamo?
- Anche se assomiglia un po' a quello che a scritto Democritico?
- Oddio, ci sono un assassino e la neve, per il resto non è che ci sia altro.
- Ma sì dai, mi è venuta in mente una cosa.


Pinguini a Roma

Una volta facevo un lavoro schifoso e mi lamentavo.
Lavavo i cessi dalla vostra merda in stazione, mi pigliavo le occhiate di disgusto dai bombetta, qualche volta anche qualche calcio da certi nazi ritardatari.
Avevo una moglie orrenda e idrofoba: non scherzo, tentò di staccarmi il naso a morsi una volta.
Mai avuto figli, sono sterile, grazie a Dio.
Un giorno ho abbandonato la stronza; mentre lei continuava a sbraitava contro di muovere il culo e portare il pane a casa, io ho portato il pane al bordello.
Mi son preso la sifilide.
Dopo l'ospedale, il mio pane era finito.
Nelle tasche delle infermiere, presumo.
Mi sono rintanato in un bar, il bar-man mi ha chiesto cosa volevo, io ho detto un bar-sandwich e una bar-birra, lui mi ha chiesto i bar-soldi, io ho mostrato il bar-medio, lui la bar-porta.
Così sono tornato dalla stronza, l'ho cacciata e rispedita dal padre, il fottuto magnate mani-pulite, ho venduto tutto: casa, vestiti, averi, cane, tizio che stava nell'armadio.
Me ne sono tornato al bar e ho preso il mio cazzo di bar-sandwich.
Sapeva di cartone e libertà.
Mi sono guardato attorno, ho individuato il mio nuovo datore di lavoro.
Sudava freddo, stringeva la foto di una donna ( molto bella, mora, seno morbido, labbra da mordere), piangeva e la stringeva ancora.
Lui, un tappetto, semi-calvo e semi-alcolizzato, puzzava come una distilleria.
Era l'uomo giusto, aveva il mio stesso odore.

- Io posso aiutarti, amico 
( Intanto indico il bar-man e gli dico di portare una bar-birra per lui e un altro bar-sandwich per me, tanto schifo non faceva)
- ( Piangendo moccio da tutti i pori) Lei era l'unica, la prima, la migliore, la amo, se ne è andata, la dovevo fermare, la odio, mi ha tradito, mi ha abbandonato, l'ho fatta fuggire, mi ha fottuto, la ho fottuta, perché? Perché?
- Lo sai cosa vuoi?
- Sì, morte.

Fu così, il mio primo incarico.
Ora non perdetevi in sviolinamenti: non avevo bisogno dei suoi soldi ( pochi, per di più ne avevo abbastanza per chiudermi in una bettola per un paio di mesi ed inventarmi qualcos'altro, se avessi voluto), già di più dell'arma che mi diede ( ma avevo già in mente altri modi per procurarmela).
Ero abbastanza giovane ( 26 anni) erano gli anni '60, c'era il Boom, avrei potuto mangiare in mille altri modi, mille più abbondanti, mille più marci.
Ma solo in questo ero portato.

Chiudo gli occhi per un attimo, sono passati 25 anni.
Sì, non c'è un cazzo da ricordare, questa è la fine, l'unica parte importante.
Sono in un albergo di lusso, non più Roma, New York.
L'Empire State Building, sorseggio un Jack Daniel's, qualche stronzo me lo ha portato con ghiaccio.
Fuori nevica, davvero tanto.
Mi affaccio e tiro una boccata, mi si congelano i polmoni, che dolce sensazione.
Tiro dentro la testa, mi giro e la vedo, con la coda dell'occhio.
A piedi scalzi, cammina, saltella, piroetta sul cornicione del quarantesimo piano, innevato.
Non lascia impronte.
La vedo ormai da qualche mese, mi dicono che capita a quelli che fanno la mia professione.
Il suo volto, il suo volto, i suoi mille volti.
Mia moglie, la puttana di ieri sera, la ragazzina al bar due mesi fa, la moglie di quell'impiegato impotente di Brooklyn.
Marie, che mi portava sempre i pani mentre mi nascondevo nella sua cantina.
Le ho sparato quattro colpi, prima di prendere il transatlantico.

Il quarantesimo piano dell'Empire è uno scatafascio: le camere lerce, finestre rotte, ripostigli bloccati da assi di legno, residui vari di cantiere, lasciati qui ormai da più di cinquant'anni.
E, soprattutto, l'ascensore, l'ascensore in fondo al corridoio, rotto da prima che nascessi, forse persino vuoto da sempre, forse un residuo, un progetto scartato.

Mi manca Marie, mi manca la Francia, mi mancano il brivido della fuga e della gioventù, che presto s'è persa.
Le ho cercate dappertutto queste cose, per anni: tristemente mi sento di dire che non le troverò sul fondo di un bicchiere, in uno squallido localino del Bronx.
Mi avvicino alle porte e le forzo con un piede di porco.
Do le spalle al mio destino e mi chiedo se sono lì, sul fondo di questa tromba d'ascensore vuota, i pezzi perduti della mia anima.
Poi, senza esitazione, faccio un passo indietro e sono nel vuoto.


Tutti meritano un requiem, anche un assassino.

domenica 11 dicembre 2011

Tronco lo spirito della pietra, quale ginocchio conosce assenza di danno?

Eppure ci fu un tempo.
L'odore del sangue mi disgusta tutt'ora.
Eppure ci fu un tempo.
Sento distintamente la rotula pulsare, non è dolore, ma calore piuttosto.
Eppure ci fu un tempo.
In cui non lo avrei sopportato.

Il bisturi incide la mia pelle, porta alla luce le mie viscere, ammasso putrido di carne, poetico ingranaggio della macchina perfetta.
E se la coscienza fosse il mio male?
No, questo mai.
Anche se sfama la mia ipocondria, mi rafforza.
Perché non mi uccide.
Ecco ora la gabbia toracica, la spaccano con le cesoie.
Quanti possono dire d'aver assistito alla propria autopsia?

La zampa di coniglio è ancora nella tasca della giacca.
Eppure questa è un'altra storia.
Qui io muoio, lì scappavo.
Si tratta forse di un flashforward?
No, all'autore non piacciono molto questo genere di cose, non usate in questo modo.
Forse è solo uno dei racconti possibili questo: non dovevi forse parlare di una foresta pietrificata, non lo dicesti forse?

Cosa mi è successo?
Le uniche cose, le uniche parole: Assenza, Danno, Ginocchio, Pietra, Spirito, Tronco.
Null'altro alberga nella mia mente.

Mi tagliano.
Ora noto l'assenza del mio tronco.
Non mi mancherà particolarmente: era debole ed imperfetto.
Ma funzionale allo stesso tempo.
Separano le mie membra.
Braccio destro a destra.
Braccio sinistra a sinistra.
Potrebbe essere altrimenti?

Forse dovrei smettere di scrivere.
Almeno di scrivere così.
Lo spirito del racconto ne risente, se è duro, freddo e inumano come la pietra.
Ultimamente ho pensieri bui.
Rileggendo questa frase, mi accorgo di una cosa: non vuol dire un cazzo.
Cosa penserebbero i posteriori se dovessero leggere un mio testo?
Ama tropo la paratassi.

Se scrivessi un libro, non sarebbe più lungo di tre pagine.
E lo dico a ragion veduta: se sforo il limite mi perdo.
Non oltrepasso solo le colonne d'Ercole, non mi accontento di una visione di sfuggita della montagna del Purgatorio.
Prendo quell'attimo prima della rovina e lo divido per due, per due, per due, ancora una volta, again, otra vez, mehr ein mal, pour une fois plus, plis.
La freccia si congela in aria, ma io mi perdo ad osservarne la fattura invece di approfittarne e scansarla.
E già inizio a perdermi ora.

Ora il ginocchio inizia a farmi male, anche se è staccato dal resto del corpo, insieme al resto della gamba galleggia nella formaldeide.
Come diceva il tizio delle carte?
Non c'è trucco, non c'è danno...
No, aspetta, inganno.
Eppure c'era: non c'era invece nessuna donna di cuori, come non c'era nessuna carta, nessuna bancarella, nessun marciapiede, nessuna città, nessuna crosta terrestre, nessun nucleo, nessun pianeta, nessun Sistema Solare, nessuna galassia.
Nessun uomo.
Solo energia.

"Tutta la materia è solamente energia condensata a una lenta vibrazione. Siamo tuttiun’unica coscienzala quale ha esperienza di sé soggettivamente, non ci sono cose come la morte, la vita è solo un sogno e noi siamo il frutto della nostra stessa immaginazione."
Diceva Bill Hicks.
Ora non lo dice più.
Non perché abbia cambiato idea, ma perché gli manca da un po' di tempo il fiato.
E no, non per le sigarette.

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Mi sembrava di stare diventando troppo serio, un po' come quei russi, i quali sembra non ridano mai.
Con una differenza sostanziale: il mio "Guerra e Pace" durerà solo tre pagine.
Ma, visto il qui sopra scritto, ispirato a quella volta in cui ho messo il piede su di un appiglio friabile, dovendo superare un macigno il quale bloccava il sentiero, e mi sono sbucciato un ginocchio cadendo, forse il risultato sarà abbastanza folle da piacermi.

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Questo delirio partecipa all'EDS del ponte della Donna camèl, ed ora silenzio, che vado a leggermi cosa ha scritto l'Hombre sui cinesi...

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Gli altri partecipanti:

- Lilina con Scrivere
- Dario con La Petite Danseuse
- Hombre con Gianni il cinese
- Mai Maturo con La settima repubblica
- To be continued ( fino a martedì)

domenica 4 dicembre 2011

Neve rossa

Arranchi e ti dici che mancano ancora pochi paragrafi la fine è vicina.
Guardi fuori e nevica.
Guardi il libro che leggi, pure qui nevica.
Guardi dentro te stesso, fa freddino pure lì.
Vai in dispensa, non cerchi niente di particolare, una qualsiasi cosa che tu possa sgranocchiare mentre finisci queste due, no, tre pagine.
Senti il cane abbaiare, cambi idea.
Metti il segnalibro, indossi una giacca pesante, prendi il guinzaglio.
Fuori fa caldo, più di quanto ti aspettavi.
Mentre tenti di agganciare il collare, l'animale si agita, salta a destra e a manca, sa che si va a fare un giro.
Finalmente.
La neve ti cade sui capelli, ne senti il peso, ma non metti il cappuccio, non ancora.
Quel contatto ti piace, i capelli lunghi sono come piste dove gocce d'acqua sfrecciano per compiacere la gravità.
Tiri un respiro, ma hai le vie aeree congestionate dal raffreddore, non senti alcun odore.
Forse un profumo leggero di aghi di pino, ma potresti essertelo immaginato.
Il cane inizia a tirare, sa già la strada.
Il laghetto è lo stesso di sempre: calmo, isolato, circondato da conifere silenti, che scrutano te e il quadrupede.
Delle volte sussurrano.
Soprattutto quando non prendi le tue medicine.
Per un po' le abbandoni, queste statue plasmate dai secoli, vai a scrutare il panorama da una collinetta.
La valle si staglia di fronte a te, è bellissima, coperta com'è da un manto bianco.
Vedi delle linee di fumo, qualcuno a deciso di accendere un fuoco.
Potresti raggiungerle, non sono lontane.
Il cane ti guarda, seduto aspetta un tuo ordine, una tua decisione.
Tu gli doni la libertà, anche se solo per un po'.
Non si lascia scappare l'opportunità, corre, insegue tracce di lepri, ti chiedi se lo faccia seriamente o per sfizio.
Alzi le spalle ed espiri.
Il vapore acqueo esce compatto, le temperature sono più basse di quanto credessi.

-Forse oggi è un buon giorno...
Dici al vento, il quale ascolta senza commentare.
Scendi dal colle e torni al lago, ti inginocchi, ne tocchi la superficie.
I polpastrelli restituiscono una vasta gamma di informazioni al cervello.
Lui le elabora e le riordina.
Buon ghiaccio, solido, freddo, liscio, scivoloso, butterato in alcuni punti.
Ti chiedi fra te e te come una lastra d'acqua congelata possa essere butterata.
Alzi gli occhi e vedi una donna che pattina, traccia le linee che alle tue dita erano sembrate cicatrici.
Tu ne rechi una in fronte, quindi sai come sono fatte.
Quelle sono tutt'altro: pennellate di un'artista, incisioni di uno scultore.
Lei si accorge di te, ti sorride, poi si avvia a riva, si siede su di una panchina di legno.
Come te non si cura del freddo, scalza se ne va, con le lame delle calzature, che tiene appoggiate sulla schiena, che battono tra di loro.
Vorresti raggiungerla ed inizi a muoverti.
Sei sul lago ora, ma non te ne accorgi ancora.
Continua a camminare, non badare agli alberi, al cane, al vento, alle medicine, al rumore del ghiaccio che si crepa.
Insegui quella figura, ora nel tuo mondo ci sono solo la sua chioma rossa e il tintinnare dei ferri che si porta dietro.


Poi ti fermi, è scomparsa.
E allora tutto ti assale, la mente si riempie di informazioni.
Ti ricordi?
Sono tutte quelle che avevi ignorato, le secondarie.
Ma ora che la primaria non c'è più si contendono uno spazio nella tua mente.

Il cane, dov'è il cane?
Che freddo ai piedi!
Le ho prese le medicine?
Cosa dicono gli alberi, non riesco a sentirli, qualcosa copre la loro voce...
Sei tu vento?
Ma che sto dicendo, sto impazzendo?
Cos'è questo rumore assordante, è vero tutto ciò?
Oh mio dio, il ghiaccio!
Una crepa enorme, è ovunque, ora che faccio?

Crack.
Senti il vuoto?

È sotto i tuoi piedi, blu per l'assideramento.
Madre natura ti spinge verso le gelide acque, che si chiuderanno intorno a te in un abbraccio eterno.
Padre tempo ti concede un ultimo dono, un'istante eterno, in cui tu alzi la testa e scruti il cielo.
La neve cade, rossa.


Ti svegli di soprassalto, urlando, ma subito ti calmi.
Senti qualcosa di familiare: il lento ma deciso tirare alle braccia della camicia di forza.
Sai anche che non dimenticherai mai quella chioma rossa, i pattini, il giorno in cui la tua mente ha perduto il dono in grado di crearli.
Ma, a volte, ritornano.

lunedì 14 novembre 2011

È successa una cosa

E che Democritico non me ne voglia.
Anche perché, in verità, il titolo l'ho copiato da una puntata della sit-com inglese "IT Crowd".

È appena finita la puntata settimanale di Fringe.
È una serie densa di messaggi, di morali, di frasi spettacolari.

"Tu sei ancora giovane, puoi permetterti di credere negli ideali. Io, invece, non posso che essere pragmatico"
Walter nativo all'agente Olivia Dunham, subito dopo aver condannato un universo alla distruzione. 

Da diciassette anni, questo Stato non è più una democrazia.
Da domani, inizierò a sperare in un'Italia migliore.
Ma oggi non mi riesce.
Oggi seguo il consiglio di un personaggio fittizio, guardo in faccia la realtà.
Ricordo che l'unico modo per non cambiare nulla è una continua mutazione: panta rei.
Guardo il nuovo governo Monti, vedo troppe facce già viste.
Penso alle elezioni, mi sembra di sentire un deja-vu, un senso di sfiducia mi attanaglia.
Gli errori si ripetono e a qualcuno il Nano faceva comodo.
A qualcun altro, faceva comodo una scelta facile e io non penso  che esista redenzione per le terze gazzelle.
Nessuna epifania.
Io non crederò neanche domani a questa cosa, non ce la faccio.
Si è fedeli solo a noi stessi, una volta semplificati fino all'osso, all'anima come altri la chiamano.
E tradirsi è scomodo, soprattutto quando è giusto farlo.
Ma forse mi sbaglio.

Ho appena iniziato a studiare Machiavelli, mi fa paura.
Strano, giurai di non aver mai timore delle parole e del pensiero, ma questo è il passato.
Mi hanno descritto quest'uomo in due modi:
1. Con una sottile satira, consegnò un libro che fingeva di aiutare il Principe, consegnando invece al popolo la chiave di comprensione dei piani della casta.
2. Un uomo distrutto, esiliato dalla patria, tenta di tutto per alleviare la sua pena, fino a che un giorno il ramoscello, a forza di piegarsi, si è spezzato. E ciò che ne uscito non erano schegge di legno, ma un manuale che sembra uscito da un film di serie Z, un libro che ha dato il potere di assoggettare ancora meglio le genti, un "Portale del Totalitarismo".
Non sapete quanto io vorrei credere nella prima immagine che ho visualizzato in mente.

E so quanto pomposo sembri tutto questo post, ma oggi ho la morte nell'anima, nessun ideale riscalda le mie membra.
E so anche che questa frase non fa che aggravare la mia posizione.

Eppure se oggi muoio, ieri sono rinato.
Anacronistico, non trovate?

"Berlusconi è un coglione, lo ammetto"
Mio padre.
Un berlusconiano convinto.
Ora non più così convinto.

So che non riuscirò mai a fargli cambiare idea politica, neanche gli sentirò mai dire "Avevo torto".
Un po' perché siamo testardi entrambi, a pari livello. 
Un po' perché questo figlio non riuscirà mai a convincere di qualcosa suo padre, siamo l'uno l'antitesi dell'altro.
Un po' perché le idee sono come i mattoncini del Jenga: una costruzione a torre traballante, togline una e crolla tutta.
Abbiamo troppa paura per farlo, per sbagliare.

Eppure ieri ho visto una breccia, che mi fa tremare oggi, ma che mi farà sperare domani.
Forse mi sbaglio e riusciremo a sostituire i mattoncini, un po' alla volta.
Senza troppa fretta.


Grazie Istruzioni per l'Ufo, per avermi fatto riflettere.
Grazie Cerex, per avermi spinto a leggerlo.

lunedì 31 ottobre 2011

The life after*

Ed eccoci qui, a battere sulle porte di vetro come sempre.
Io me ne sto un po' indietro, in mezzo alla ressa, così mi piace.
Il vetro inizia a macchiarsi dei nostri fluidi, ma vabbè, oggi è il gran giorno.

L'inaugurazione.
Ogni anno la stessa cosa: un messaggio in vernice rossa in mezzo alla piazza centrale, l'indicazione di un luogo.
"Carne fresca al saldo, in commemorazione del Gran Giorno, alle coordinate x"
E tutti, con il nostro muoversi lentamente, ci dirigiamo al luogo designato.

Qualcuno urla: "Brains!"
Questa è un po' vecchia, ma la folla ride comunque.
Le guardie aprono le porte, ci si tuffa dentro ( per quanto velocemente ci sia possibile), si prende ciò che si trova .
Carne, a bizzeffe, ma sempre meno degli anni scorsi.
Quella umana, poi, quasi assente, raggiunge prezzi esorbitanti.
Da infarto, se qualcuno potesse averne ancora uno.

Ma quanto tempo è passato?
Mi sono addormentato durante una proiezione di "Shaun of the dead", che ho già visto 13 volte.
D'altronde mi si diano le attenuanti sono un eterno diciassettenne, anche se per altre ragioni.

-Cos'è quella?
Un'ombra, intravista solo di sfuggita, mentre uscivo.
-C'è nessuno?
Chi poteva muoversi così veloce? Il rigor mortis non tira fuori l'atleta che c'è in te...

-Sì, serve fare tutto sto casino, qui c'è gente che dorme!
Un uomo si alza, piano piano, dalla seggiola, mi guarda.
-Che mortorio...
Un'altro esclama, cadendo di faccia dal palco, una specie di attore degli anni trenta o un personaggio secondario di Dylan Dog.

Si fa amicizia, con il primo almeno.
L'altro continua a sparare battute che erano stantie anche quando erano vive.
L'uomo sonnacchioso mi racconta di essere un padre di famiglia, venditore di carne, che era venuto per aver abbastanza denaro per pagare una visita al museo di San Siro ai due figli.

Arriviamo alle porte, sono sprangate, fuori è notte.

-Oh, cazzo!
Urla baffetti, raccogliendo l'organo da terra.

-Che ci fate ancora qui?
Ci voltiamo e ci troviamo di fronte la copia sputata del Don Kisciotte di Cervantes.
-Qui è chiuso tutto da più di un'or...

CLANG!

Ci voltiamo di scatto, più o meno, una figura ci scruta con occhi di fuoco.
La guardia ammazza-mulini tira fuori la pistola e spara tre colpi.
Non sapevo esistessero più quegli aggeggi.

-AHRG!
Urla l'essere, scappando con velocità umana.

Raggiungiamo impauriti la zona del mostro, una macchia rossa ci accoglie.
-Il sangue, la fonte di vita...
Facciamo un balzo indietro, trovandoci alle spalle un uomo dai capelli lunghi e occhiali spessi, anche se non ha più gli occhi.

-Non può essere.
Dico io.
-Loro non vivono più qui, si nascondo nelle campagne!
Dice la guardia.
-Eppure quello è sangue e di sicuro non di pipistrello, come quello che vendo io... Oddio non vedrò più la mia famiglia.
Dice il padre.
-Che c'hai, paura di morire?
Dice il surrealista.
-Devo andare in bagno...
Dice il filosofo.

Cinque morti viventi, un vivo.
Incredibile.
Ci disperiamo, piangiamo, organizziamo piani, ci armiamo ma, alla fine, l'unica cosa concreta che riusciamo a fare è aspettare l'alba.
Con coraggio, esploriamo il centro commerciale.
E lo troviamo.
Esanime, si tiene le budella per non farle fuori.
Le lacrime rigano ancora il magro volto.
Lo mangiamo.

Si aprono le porte, ci salutiamo, ce ne andiamo.
Solo baffetti si ferma un attimo a guardare, sospira una frase che solo io riesco a sentire:
"Sono un morto vivente! La mia e la tua razza non possono coesistere. È naturale che quella delle due che ne ha la possibilità cancelli l'altra!"
Groucho Marx, Il pianeta dei morti, Sergio Bonelli Editore 


* Mi scuso con la vera The After Life per averle rubato il nome ma quando l'ho letto sono rimasto folgorato.
Grazie mille.
Pace, pizza e cervelli freschi.
La Carta

sabato 24 settembre 2011

Sul logorio della vita moderna

Avvia il computer.
Schiaccia pulsanti a caso.
Nulla succede.
Spegne.
Riaccende.
Niente cambia, alla faccia di Eraclito.
Si guarda intorno, ma non c'è nessuno disposto ad aiutarlo.
Ancora colpi di polpastrello, impressi con la forza di un maglio, sulla tastiera.
E poi, improvvisamente, l'illuminazione: CTRL+ALT+CANC!
Non sa di preciso a cosa potrà servire, ma porco cristo, a qualcosa farà!
Mai la macchina sconfiggerà l'uomo, novello John Henry, vai e vinci per tutti noi.
Ok, questa sembrava una sigla da cartone animato alla Cristina D'Avena, pensa.
Compare una finestra, lui pigia i pulsanti con rinnovata forza, decisione e una punta di disperazione.
Inizia a sudare, sente gli occhi di tutti addosso.
Inevitabilmente, sbaglia.
Non se ne accorge, nessuno reputa opportuno avvisarlo.
Quindi, imperterrito, avanza tra pop-up e altra roba a cui l'autore non sa, né osa, dare un nome.
Ad un tratto, compare un messaggio: "Fuga nell'aldilà all'alba di Babilonia".
Per la sorpresa, non s'accorge d'urlare: "Ma che cazzo fai!?!", scatenando risa di scherno e sguardi di compassione.
No, a dire il vero, quest'ultimi no.
Era solo un espediente letterario.
Ergo, questa volta, le cazzate sono lecite.
Medita su di ciò, mentre si volta, paonazzo, rammentando i tempi in cui anche lui era d'altra parte della barricata.
"Fottetevi tutti!"
Si rigira.
Chernobyl fa da salva\schermo.
"Fanculo! Fanculo! FANCULO!!!"
Pecca d'originalità, ma il messaggio passa.
La rabbia muta in disperazione, la disperazione in rassegnazione, la rassegnazione in umiliazione, l'umiliazione in rabbia.
Tutto perde d'importanza, tranne questo loop emotivo , che accelera, sempre più, formattando il suo raziocinio e ripristinando file primordiali zeppi di pazzia, che infettano la sua mente in un climax virale.
Mille emozioni sconvolgono il suo volto, come se ognuna combattesse per ottenere il diritto ad occupare un appezzamento di viso, deformandolo in un grottesco sorriso.
Si alza.
Corre.
Si getta dal terzo piano.

Silenzio.

Un alunno si alza, si avvicina alla finestra, guarda in basso verso il corpo esamine ed urla:

"Prof! Ha provato ad attaccare bene la spina della corrente?"


martedì 30 agosto 2011

Il Detective Kisciotte e il caso dei Girasoli

Quella sera l'aria sapeva di un vecchio film noir francese.
Parigi era coperta da una coltre di nubi e i pochi raggi solari che filtravano davano al mondo un tono grigio.
Kisciotte avanzava per la rue Saint.Denis, imprecando contro i propri reumatismi e gli odori dei fluidi delle prostitute sul ciglio della strada.
Fumava una vecchia sigaretta e bestemmiava sottovoce, più per paura di sputare un polmone a colpi di tosse che per timore del Padreterno.
"Che caso di merda" pensava, tentando di mantenere l'equilibrio.
I fatti sono più o meno questi: da tre mesi, un'assassino si aggirava per Parigi. 
Le vittime erano spesso figure politiche di spicco, gente all'apparenza pulita, ma con più di uno scheletro nell'armadio.
Effettivamente i delitti compiuti non erano stati più di cinque, forse sei.
Il modus operandi era sempre lo stesso: prima sparava alla testa delle vittime con una pistola di grosso calibro, sempre diversa, infliggeva sui cadaveri delle ferite compatibili a quelle che avrebbe potuto infliggere un Grizzly, per poi lasciare un girasole sul corpo esamine.
Inutile dire che i media ci andarono a nozze.
Soprattutto quelli "schierati", come "Libre", il cui direttore era stato la seconda vittima.
Furono attribuiti più di cento omicidi a "L'Orsa" e il panico si sparse a macchia d'olio.
A giusto, mi sono dimenticato di dirvi che si tratta di una donna.
Una "Femme Fatale".
Ma torniamo a Kisciotte, che proprio ora entra in una bettola malfamata, lo "Spinoza", punto d'incontro dei peggiori individui parigini, ma anche delle più fresche informazioni.
Appena entrati notiamo Sciuscia e Faina, intenti a bere birra e a criticare il sistema, la televisione e la sorella del barista.
Sulla destra, in un tavolino appartato Emix e Mesic, intenti a parlare dolcemente fra loro.
Meglio non disturbarli, se non volete ritrovarvi a ballare la samba con una scimmia cinese che vi infila spade in tutti gli orifizi, citando a memoria le imprese di Mata Hari.
"Non so di preciso cosa voglia dire" pensa Kisciotte "ma, di certo, non sarò io ad interrompere i loro amoreggiamenti".
Ed infine il clan di Bile, che occupa la sala nord.
Sembra stiano parlando proprio di Lei, ridono, finché un ubriaco, un tale conosciuto come Josef K., non gli si avvicina e biascica: "Cosa ridete, dannati? Cosa faremo noi tutti noi, quando tutti i corrotti non ci saranno più? Di chi parleremo?"
Due tizi lo prendono per le ascelle e lo trascinano sul retro, il detective si girà, il destino di quel tizio non gli interessa.
E il suo informatore ha appena smesso di suonare.
Cerex, seduto al pianoforte, si gira, sigaretta in bocca e bourbon nella mano destra.
-Quanto tempo...
-Mai troppo, vecchio mio.
-Mi servono informazioni. Ecco le tue trenta monete d'argento, spero che tu non abbia cambiato tariffa, che è tempo di cri...
-Non posso accettare.
-Cos'è ti hanno fatto pressioni? Non mi pari un tipo che si fa impressionare da queste cose.
-Non hai capito, avrai le tue informazioni, ma non posso prendere i tuoi soldi.
-Mi prendi per il culo? Cos'è un omaggio per la clientela fissa?
-Sì, lo stesso che mi fa tua sorella. Diciamo che sono stato "sollecitato" a collaborare. Dimmi ciò che sai e vediamo se posso illuminarti su qualcosa.
-Ho un'indiziata: un ex-frequentatrice di questa topaia, tant'è che speravo di incontrarla qui stasera.
Mai un colpo di fortuna.
Comunque, si dice avesse un blog, prima della Grande Censura e che sia impazzita vedendo bruciare un campo di girasoli...
-Ci credo, la sua famiglia era in mezzo a quel campo.
Si scoprì essere un incendio doloso, appiccato da un gruppo della "Liga du Nord", capeggiati da un alto esponente del Partito.
Ma il caso non arrivò mai in tribunale, grazie alla legge sulla "Leggittima Difesa dall'Immigrazione".
Si difesero dicendo che stavano nascondendo dei terroristi eurasiatici.
Balle...
Comunque sia, voglio darti un indirizzo: VIII arrondissement, Champs- Élysèes, Place de La Concorde.
-Champs-Élysèes? Non è quel quartiere che è stato completamente contaminato dalle radiazioni, ed ora è sigillato completamente?
-No radiazioni non ce ne sono, è uno specchio per le allodole.
Agli inizi del movimento, fu usato come campo di prigionia, poi fu bombardato e improvvisamente si trasformò in "base militare dove i nostri giovani eroi persero coraggiosamente la vita", ora non è che un enorme capannone-discarica.
Lì mi hanno detto che potrai trovare le tue risposte.


Entrato, una folata fetida lo fece quasi svenire.
E mano a mano che avanzava le cose peggioravano, finché giunto sotto l'obelisco di Place de La Concorde, tutto cambio.
Da un enorme foro in cima al tetto della struttura, filtrava la luce lunare, la pioggia, ma, soprattutto,  l'aria.
Kisciotte si guardò intorno e noto come tutto fosse pulito: non un rifiuto per terra, non un cadavere in decomposizione, non una tana di ratti giganti.
Un'oasi nella munnezza.

-Ci ho messo tre anni per sistemare questa mia tana.
Ho occupato la maggior parte del tempo per procurarmi l'esplosivo con cui aprire quel buco, ma ne è valsa la pena, no?

Si volto piano, come al rallentatore, sapeva cosa lo aspettava, Lei, "L'Orsa", era lì di fronte a lui.
Forse erano i raggi di luna argentati, che risplendevano sulla pelle del suo viso come in una antica rappresentazione di una dea grecha, con l'acqua che le cingeva i piedi di ninfa, o forse erano le due bottiglie di vodka ingurgitate durante il tragitto, ma lei gli pareva bellissima.

-Dì Kisciotte, non secca anche a te quando il cattivo si perde in lunghi discorsi, invece di sparare subito al protagonista?

Era una notte buia e tempestosa, a un tratto echeggiò uno sparo, un lampo squarciò il buio.

-Vedo che non apprezzi l'ironia: una fanciulla che stende un nobile cavaliere.
-Stronza!
-Tutto qui? Mi deludi, speravo di meglio.
In fondo, un tempo, anche tu eri uno di noi?
-Noi chi? Di cosa cazzo parli? Io non Ho niente da spartire con una pluriomicida!
-Noi sognatori, mio caro, quel distintivo non ti nasconde quanto vorresti.
Per questo ho voluto che tu venissi qui: dopotutto, è un bel posto dove morire, il nido di una fenice.
-Cosa c'entrano gli uccelli di fuoco... ( rantolo, sputa un fiotto di sangue) ... succhiacazzi?
-Mi sbagliavo! Nonostante tu abbia un proiettile nello stomaco, conservi un po' di humour...
Tornando al nostro discorso, ho iniziato un'opera di disinfestazione. quest'oasi è l'inizio, il mondo è il mio obbiettivo; non arriverò a vederla compiuta, questa mia tela, ma altri prenderanno il mio posto.
Gli ideali sopravivo...
-HAHAHAHAHAHAHAHAH! Put ( ancora sangue che imbocca l'esofago in un breve viaggio verso il mondo esterno) HAHAHA!
Tu credi veramente in quello che dici? Questa è la tua soluzione?
Beh sono...sono perplesso... prima dici di essere una sognatrice, poi diventi una di loro... pronta a reprimere nel sangue... per ciò che ritieni giusto... pronta.... pronta a creare una giustizia, piuttosto che a cercarne una... violenza contro violenza, eh? Che colpo di genio... meritiamo proprio l'estinzione, se una come te... come me... come noi... si riduce così...
-E cosa vorresti fare tu, profeta? Dì un po' li vorresti riabilitare? Credi che sia possibile? Folle!
Non si possono salvare tutti!
-HAHAHA! Questa frase poi... beh, sappi che io sono pronto a provarci...e...e...a fallire!
L'uomo è così piccola cosa...eppure ...quanto potenziale sprecato... una pulce.... ma pur sempre una pulce che c'ha provato... fino all'ultimo... la morte non mi fa paura... l'estinzione è solo una fase del ciclo... una parte del...del...del giro di giostra... QUESTA è la vera fenice... non il tuo accanimento... non la tua rabbia... non lo status quo... lanciarsi... nonostante non si veda cosa c'è in fondo al precipizio.
-Inutili sofismi di un morente...
-Già... Oh, salve!

Un uomo con un fucile mira e spara.
L'Orsa non è più.
Scende dal cumulo di spazzatura su cui stava, Josef K., e guarda meravigliato quell'angolo di paradiso.
Kisciotte si trascina verso l'obelisco, mentre il mondo si offusca e anche il dolore si attenua.

-Parlavi giusto un momento fa di potenziale... immagino ne avesse... guarda qui, avrebbe potuto essere un esempio per tutti noi e invece ha scelto la violenza.
Beh, non mi sento di giudicarla.
In fondo all'animo, noi non siamo altro che codardi.
Avevi ragione, Detective!

Alza lo sguardo e vede gli occhi vitrei di Kisciotte che scrutano il cielo.
L'uomo col fucile fa un sorriso triste, si gira e ritorna alla sua strada.