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giovedì 27 dicembre 2012

Christmas caroling




Esco di case e fa un freddo cane.
Sono solo due gradi sotto zero, ma si sentono.
Sembra una puttana, una di quelle storie tragiche da tg cinque dove due centimetri di neve bloccano Milano per una settimana, ma vivo in un posto dove le puttanate tendono ad essere la realtà.
Quindi a due gradi sotto zero inizi a battere i denti e il naso ti inizia a colare, cosa che mi fa abbastanza schifo.
Non credo di essere l'unico a provare disgusto per il muco sulle sigarette.
Faccio trecento metri e li vedo lì, la compagnia, quattro cani attorno ad una fontana chiusa.
A dire il vero manco possiamo vantarci di essere quattro, dato che il quarto se ne è tornato a Milano a godersi la sua città in balia delle intemperie.
Giada mi saluta e mi chiede una cicca.
Gliela do in virtù delle sue tette grosse.



Tudor fa un cenno con la testa.
Viene dall'europa dell'est, la cordialità arriva solo dopo la seconda bottiglia di vodka.
Mentre rollo la sigaretta si parla del più e del meno: come è andata in questi giorni, che si è mangiato, la neve che verrà, la marca di tabacco che si è comprato, se lascio far su a Giada, che ci sto mettendo un'eternità.
Sono un perfezionista, non ci posso far niente.
Li mando a cagare e le passo pacchetto, cartine e filtri.
Così ognuno fuma la sua, offro io che è Natale.
Lo so, sono un filantropo.

Finiamo senza fretta.
Ecco, il freddo deve avere una natura quantistica, o perlomeno, senza scomodare la fisica, psicosomatica.
Finché la sigaretta è accesa, nessuno si lamenta.
Si decide di fare quatto passi, fino alla pineta.
Giada si lamenta un po', è in ciabatte ed è scappata di casa dal balcone della sua camera, ma alla fine si decide e ci segue.
Si parla della fine dell'anno, dei programmi.
Tudor va al "palazzetto", un edificio vicino alla palestra della città più vicina dove si organizzano feste con tanto di Viva Fm, ballerine e birra riciclata.
Giada va con il ragazzo ( o con il tipo con cui gli fa le corna, non saprei distinguere) in una baita sperduta per i monti a schiantarsi di Montenegro mentre guardano la gente che canta su Rai due.
Quanto a me, sto cercando di organizzare con un paio di persone e di prendere in affitto una saletta ( in realtà non paghi, vai in comune, compili un paio di scartoffie e ti impegni a non dare fuoco al posto, o quantomeno a riparare).
In realtà, non abbiamo fatto ancora niente, quindi boh, non so, si vedrà.

Non abbiamo fatto manco metà strada che le sigarette sono già finite e così la voglia di star fuori, l'inverno torna a farsi sentire.
Ci si saluta, ognuno torna a casa, a scaldarsi davanti al focolare, manco avessimo vagato per una settimana in mezzo all'Artico.




Ognuno per la propria strada, con i propri pensieri.
O almeno per me è così.
Penso alla tesina, che devo ancora scrivere.
Agli esercizi di fisica, che dico a tutti che ho già cominciato a farli, per convincermi a farli davvero.
A Claudia, la ragazza a cui dovrei chiedere di uscire.
A Bergamo, la ragazza da cui mi farei fare volentieri un pompino.
A Marinella, la ragazza che l'anno scorso è uscita col 97 ed io non ci avrei scommesso un soldo.

Mi sono reso conto al "Diploma Day" che i miei amici della vecchia guardia che hanno lasciato il vecchio istituto per avventurarsi nel mondo universitario hanno surclassato le mie aspettative.
Ok, fatta eccezione per il Martino e il Janni ( non ho idea di come rendere la pronuncia di "Gianni" in argentino, prendete la J per buona) che si son beccati un 61, ma erano contenti come pasque comunque, che il Janni è salito sul palco saltellando trionfante ed è inciampato nel secondo gradino cadendo di faccia.


Kinda related.

E non mi frega un cazzo che tutti facessero o il pedagocico o il sociale ( non mi ricordo mai chi di loro faceva cosa) mentre io faccio il liceo scientifico, che sulla carta dovrebbe essere più difficile.
No, qui c'è da cambiare piano.
Non c'è più posto per l'accontentarsi.
D'ora in poi si punta in alto.
Non al 90, non mi illudo ho avuto la media del sette per tre anni e non ho abbastanza crediti...
No, vaffanculo, si fottano i crediti, qui o si fa il colpo grosso o niente, basta compromessi!
Fanculo, voglio fare medicina e poi specializzarmi in psichiatria, non posso continuare con questo atteggiamento da fancazzista.
Devo dare una svolta.
Andare da Claudia e provarci, chi se ne fotte se poi va a finire tutto a puttane e mi perdo un'altra delle ( poche, purtroppo) persone che trovo interessanti, brillanti, divertenti, così dannatamente intelligenti.
Dire a Bergamo di smetterla di smarognarmi in continuazione la minchia, che in piccole dosi le persone mi piacciono pure, ma se devono continuare a parlarmi di quanto hanno sonno, di quanto fa freddo e di quanto x prof è un bastardo\a lo facciano almeno mentre mi agitano in faccia le tette.
Così ci guadagniamo tutti e due.
Scrivere questa dannata tesina sul Progetto Manhattan e sullo stallo atomico, cazzo è una cosa che mi interessa così tanto che se mi ci mettessi di buona volontà verrebbe pure bene, basta aprire il fottuto Word e il fottuto Chrome o andare in una fottutissima biblioteca.
Finire di scrivere "Una storia buttata lì", che il quarto Capitolo è a metà nelle bozze da tre mesi ormai ( ma dovrò riscriverlo da capo, perché so di non essere capace di riprendere una cosa lasciata lì).
Cazzo, devo...

Mentre penso all'ennesimo buon proposito, sento una canzoncina venire da un balcone.
Siamo a venti metri da casa, venti passi.
Venti passi così e sarei entrato carico come Rocky prima dell'incontro con x ( inserire nome di uno degli avversari di Rocky, il vostro preferito, che io di film di Stallone non ne ho visto manco uno).
Ma la canzoncina mi distrae.
Da dove viene?
Da quella specie di pupazzo di di Babbo Natale?
Davvero qualcuno ha buttato soldi per mettere un pupazzo canticchiante in una casa praticamente disabitata?
Saranno stati i vicini, l'avranno messo per dare un po' di atmosfera alla via?
Che canzone è?
Non mi ricordo le parole, ma l'ho già sentita da qualche parte.
E così via...

Oggi è andato giù per il cesso, causa Babbo Natale di pezza canterino.
Ma scrivo come monito per me stesso.
Domani non è un'altro giorno.
Domani sarà come oggi, senza pupazzi di merda.
Tutto quello che ho detto stasera sarà valido.
Perché domani sarà solo un prolungamento di stasera.
E così tutti i giorni a venire.

E fanculo i canti natalizi, sempre.

sabato 5 maggio 2012

Another

Immagina.
Per adesso solo questo.

Non è cambiato niente.
Il vento soffia ancora e la dannata polvere non ha smesso di entrarmi negli occhi.
Si sta facendo mattina, non è una cosa buona.

Vedo qualcuno in lontananza, mi nascondo dietro ad una macchina esplosa.
La canna del fucile batte contro le lamiere, ma non è un problema.
Il sangue mi ribolliva già da tempo, cerco ogni scusa che porti allo scontro.
Ma devo tenere la parte, non destare sospetti.

Non è cambiato niente.
A parte il fatto che ora non è sicuro viaggiare disarmati.
I Ghoul vedono, aspettano e mangiano.
Noi.

Si avvicina, passo cauto.
Umanamente cauto.
Meglio tenere il fucile pronto comunque.
Cento metri, uno stivale.
Cinquanta una lattina.
Venti, una trappola per orsi.
Tre chilometri, l'accampamento.
 Davanti a me lei, che evidentemente non è una Ghoul.
Irina si siede, prende un sasso, colpisce la lattina, mi scrocca l'ultima cicca.

Non è cambiato niente.
Eccezion fatta per la luna.
Quella si è spezzata in tre parti ed è lì lì pronta a caderci in testa.
Non succede solo perché non è l'unica cosa ad essersi rotta.

L'aurora boreale sopra le nostre testa.
Anche se siamo in Germania.
O da quelle parti, in Europa Centrale, dove comunque cose del genere non dovrebbero succedere.
Irina mi guarda e mi chiede come è andata la caccia.
Lei sa.
Mi odia, ma solo quando vede la parte della mia faccia coperta dalle bende.
Le rispondo che sono stato attento, che i proiettili ci sono tutti, che non ho lasciato tracce, che la amo ma che comunque voglio indietro quella sigaretta.

Non è cambiato niente.
Solo che quattro o cinque leggi fisiche hanno deciso di andare a farsi fottere.
Così abbiamo gravità alternata, macchie temporali, pianeti alla deriva, esplosioni nucleari spontanee e altre implicazioni dirette.
L'effetto domino ha fatto il resto.
Del resto i Ghoul sono il risultato di una spinta improvvisa al carrozzone dell'evoluzione.
I loro occhi percepiscono le mutazioni del campo magnetico.
La loro epidermide si è parzialmente calcificata, quindi la pelle è dura come le ossa.
I loro intestini si sono adeguati alla carestia, portando a nuove vette il termine onnivori.
Alcune ghiandole sono scomparse, come l'ipotalamo.
Ciò vuol dire niente paura, niente sonno.

Irina si alza e dice che è tempo di andare, che passerà di qua una bolla debole e che se non voglio decomprimermi devo alzare il culo e muovermi.
Io la seguo a distanza, non voglio che veda il mio occhio sinistro, giallo, infetto, nuovo.
Non le ho detto che l'evoluzione, che aveva colpito solo la parte sinistra del mio corpo, si sta estendendo.
La caccio via dalla nostra baracca o mi ubriaco e poi dormo sotto un ponte, la sera, quando mi colpisce la febbre.
Questo le fa male, ma sono convinto che essere sbranata gliene farebbe di più.

Alcune cose le nostre previsioni non riescono a vederle, i miei occhi invece sì.
Per cui so già cosa sia successo all'accampamento ancora prima che il fumo sia in vista.
Un campo magnetico così distorto, non può che essere una macchia temporale.
Ora è passata e ha lasciato davvero poco dietro di se.
I cadaveri mummificati, vecchi di uno o due migliaio di anni, ieri camminavano per la strada, erano i nostri vicini, allevavano animali, coltivavano ciò che riuscivano, tiravano avanti alla belle e meglio, vivevano.
Irina piange.
Io mi tolgo le bende.

Non è cambiato niente.
Tranne che se rimani troppo in una zona come questa, la radiazione residua cambia te.
Irina si gira e mi guarda.
Il disgusto nel suo sguardo gradualmente scompare mentre i suoi occhi diventano gialli e la sua pelle grigia.
Come la mia.

domenica 18 dicembre 2011

Le linee che tracciamo, sono tanto dritte quanto astratte

Lo ammetto: sono spesso distratto durante storia dell'arte.

Mi perdo parlando del più o del meno.
Mi perdo sfogliando il libro e guardando gli autori che non faremo mai, per mancanza di tempo e buona volontà.
Mi dispiace un po' per Rembrandt e quel suo Aristotele, per Giambattista Tiepolo e per il suo stile che mi ricorda qualcosa, un qualcosa che non riesco ad inquadrare bene.
Mi perdo disegnando cose sul banco, a confrontarle con quelle che ha disegnato il mio vicino, che spesso e volentieri scrive e disegna sul mio, per timore delle lamentele dei bidelli.


Delle volte capita che ne venga fuori qualcosa di bello,
come la foresta fossile di cui avevo parlato alla blogger schizofrenica per eccellenza,
ma le più tante volte ne esce roba del genere.

Io lo lascio fare, sia perché questo mio amico è davvero bravo, ma la sua indole abbastanza da cagasotto ( che poi non capisco, non è una persona timida, ma di fronte a cose minime, un rimprovero di un bidello, chiedere qualcosa ad una segretaria, scappa come un bambino impaurito) lo bloccherebbe, sia perché mi diverto a commentare cosa fa, ad aggiungere qualcosa, a cancellare, a criticare la sua completa incapacità a dare una traccia di tridimensionalità alle sue opere, nonostante l'uso smodato delle ombre.
Delle volte scrivo cose sul block notes, cose che potrebbero essere post, ma che non lo saranno mai, non solo perché spesso e volentieri le perdo.
Mi prendo parecchie note per questo, anche se nel caos che genero in quel metro quadrato filtra sempre qualcosa e alla fine ho sempre un'ottima media in questa materia, aprendo raramente il libro di testo con l'intenzione di studiare, senza mai prendere un appunto.
Boh.


Ecco, se avessi lei come compagna di banco, non disegnerei.
Ma, probabilmente, non cambierebbe il mio livello di attenzione alle lezioni... 

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Tre giorni fa ho suonato per la prima volta davanti ad un pubblico.
Una sola canzone, Lonely Day dei System Of A Down.
Io suonavo la chitarra elettrica, una parte d'accompagnamento, una di quelle che se non vengono fatte si nota, ma che se si fanno non la sente nessuno.
Le prove erano andate molto bene, ma nel complesso non abbiamo suonato molto bene.
O almeno così diciamo io e gli altri te del gruppo.
Perché i duecento presenti hanno risposto bene, molto bene, fin troppo bene.
Ok, niente lanci di biancheria intima sul palco, ma forse ha pesato l'età media degli ascoltatori, che forse avevano passato un brutto quarto d'ora ai tempi di Woodstock e non volevano ripeterne l'esperienza.
Ma le persone che non sono in quella cerchia ristretta e momentanea formata da chi sta suonando,  non si accorgono di cosa succede.
Tu, invece, che hai provato così tante volte da diventare tu stesso incarnazione della canzone, ti accorgi di ogni imperfezione, di ogni piccolo difetto, di ogni corda suonata troppo forte, di ogni anticipo, di ogni accento  non abbastanza accentuato e ti accorgi che quel mucchio d'argilla non diventerà mai la persona da cui hai tratto le sembianze.
Ma alla gente piacciono anche le statue, te ne fai una ragione, e anche se l'amaro in bocca di aver perso l'occasione di fare meglio un po' resta, ti rassegni all'idea che sei piaciuto.

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L'ho vista un'altra volta, per cui taglierò corto, non vorrei diventare ripetitivo e continuare ad inzuppare questo blog di lagne, di mie divagazioni su quanto cazzo avrei voluto stringerla io come faceva lui ieri sera, di quanto cazzo non riesca a capire se mi fa più fastidio o felice parlarle, di quanto cazzo non riesca comunque a staccarmi da lei, per un motivo o per l'altro.
Porca puttana, ormai questa storia l'ho superata, sapevo già da tempo la situazione, la solidità della stessa.
Ma è inutile negare che mi ha fatto male vederla con i miei occhi.
È inutile come il falso sorriso che ho messo su quando sono stato presentato al fortunato bastardo.
È inutile come le battute che ho buttato giù, per dimostrare che sono "quello simpatico", come lei mi aveva dipinto.
È inutile come me ora che ragiono sul perché lei finisca per parlare di me a tutti, anche a chi, considerati i nostri trascorsi, non le converrebbe parlarne, quando so già che la risposta è semplice: lei parla di tutto a tutti, anche per questo la amavo, perché era logorroica quasi quanto me.
Mi ha fatto davvero male.

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Se dovessi ringraziare tre persone per la loro generosità nei miei confronti, sarebbero: Omar, Balu e Oriano.
Li accomuna l'avermi dato una sigaretta in un momento in cui ne avevo proprio bisogno.
Di Omar ho già parlato, Balu ( della quale, sto provando a ricordare il nome, forse è Valentina; sì, sono un fottuto ingrato) che me ne ha offerta una fatta con le sue mani dopo il concerto, insieme a complimenti immeritati, Oriano mi ha chiesto se volevo fare un paio di tiri di una cosa anch'essa fatta artigianalmente ieri sera, quando mi lo ho incontrato di ritorno da una copiosa pisciata da birra.
Distaccarsi da una droga come le sigarette per darla a qualcuno senza chiedere niente in cambio, senza che ti venga chiesto, solo perché ti sembra che gli serva, per me è un gran bel gesto.


La prova è che se cercate su Google "dare una sigaretta ad un amico",
al massimo vi trovate questo.

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Non ho idea di quanto ci metterò a finire le "Lettere da Nowhere City", ma credo che prima gennaio la prossima non uscirà.
Non c'entra il Natale, beh non direttamente.
È che questo è il periodo in cui ritrovo la maggior parte di  quella dozzina di anime amiche e si ha tempo di qualcosa di più di un saluto andando a lezione.

Boh, magari mi tiro fuori un buco il ventitré, non prometto niente.
Scopro solo ora che ventitré si scrive con l'accento, lasciatemi un po' di tempo per metabolizzare.

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Era da metà Ottobre che non bevevo.
Tutto a puttane, dubito che sarà un'esperienza epifanica come quella dell'Orsa.

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Epifanica si scrive così?
Esiste questo termine?
No perché il correttore automatico di sto cazzo mi da come sostituti: Geraniacea, Monomaniacale, Vetrofania.
Forse sono io a non vedere il nesso, ma non credo che centrino con quello che volevo scrivere...
Forse è perché avevo scritto epifaniaca...

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Direi di chiudere qui va.
Lascio la cosa un po' in sospeso?
Nah.
Cosa sono quei tratteggi d'intermezzo?
È la linea logica del mio discorso, che come dice il mio prof d'arte, è tanto dritta quanto astratta.