Diciamo che in principio furono questo
e, seppur tardivamente, questo
e tiriamoci fuori qualcosa.
Ci sono alcuni eventi a cui non puoi mancare.
Al tuo funerale, per esempio.
Eppure eccomi qua, mentre i becchini coprono la mia tomba, che annego un'altra esistenza nell'alcool.
È la cosa più vicina alla reincarnazione che sono riuscito ad ottenere: cancello la lavagna e rincomincio da zero.
Domani sarà il giorno uno e non sarò mai esistito.
Ma quanti giorni uno ho già avuto?
Parecchi, più di quanti sia disposto a ricordare.
Finché dura la sbronza, finché il postumo martella le cellule cerebrali al ritmo di Raining Blood, finché tutto non torna alla mente, solitamente seguito da un getto di vomito.
Ho avuto tempo per fare un sacco di cose.
Principalmente ho scritto, per intere ere.
Poi, non trovando un epilogo adeguato, ho provato a non fare niente.
Inizia ad essere difficile dopo i primi dieci anni, infernale appena superati i cento, dopo mille diventa l'unica cosa che puoi fare.
Qualche tempo fa, una scossa di assestamento ha fatto crollare il rudere di parete a cui ero appoggiato.
Così, irrimediabilmente sveglio, mi sono dato all'esplorazione.
Ho vagato per la stanza riconoscendola come un ufficio, forse appartenuto ad uno scrittore.
Su di un tavolo al centro, una macchina da scrivere, dei fogli bianchi alla sinistra.
Sulla sedia, il cadavere dell'umano, mummificato mentre cercava l'ispirazione.
Lo sposto, senza tanti riti, riprendo la sua impresa da dove lui l'aveva lasciata.
Questo era qualcosa come sette anni fa, mese più mese meno.
Non mi sono mai alzato da allora, non ho mai battuto una parola.
Ho avuto la tentazione di andarmene due anni fa, quando la sedia ha iniziato a cigolare.
All'inizio pensavo fossero termiti, ma a quanto pare gli insetti mi evitano, come se fossero spaventati da me.
Forse anche il legno della sedia non si rompe per paura di ritorsioni.
Guardando per terra ho trovato uno di quei tablet che tanto piacevano ai bipedi.
La batteria è morta, figuriamoci.
Sono un essere curioso, non mi secca offrirgli io stesso l'energia che gli serve.
Mi alzo, finalmente la sedia si sgretola, mi avvicino alla finestra, credo.
Forse qui un tempo c'era del vetro, forse questo era un muro ed è stato colpito da qualcosa, una qualsiasi di quelle che sono cadute.
Dormivo ed ero cosciente, non ho fase R.E.M., la sola cosa che invidio.
Beh, se non contiamo la fine.
Apro quelle che si potrebbero definire ali, con un po' di fantasia, e mi faccio un giro del pianeta.
Il bipede è estinto da molto ormai, ma il suo lascito sopravvive.
La macchina gratta taglia scava inquina raffina demolisce sporca semina brucia bonifica estrae raglia produce imperterrita.
Nel Mojave ha costruito una foresta e l'Amazzonia è ridotta ad un deserto.
Ogni cosa viene riciclata.
Anche quel cane laggiù, ma non questa volta.
Atterro sul bulldozer sfasciandone la console e dilaniando circuiti.
Non è generosità o altro a muovermi, solo per noia.
Sviluppo l'intreccio e arrivo ad un punto morto.
La frase precedente mi ha bloccato, ho pensato di cancellare tutto e rincominciare.
Poi ho cambiato un po' di parole, le ho mescolate e il testo ha tornato ad avere un senso almeno per me.
Il cane mi guarda.
Non me n'ero accorto, contavo che sarebbe scappato.
Cosa ancora più sorprendente, inizia a parlare.
- E ora, come andrai avanti? Di cosa scriverai?
- A qualcosa penserò... In fondo, ho tutto il tempo del mondo.
- Entrambi sappiamo che non è molto.
- Troverò un epilogo adeguato.
- Lo diceva anche lo scrittore che hai incontrato prima.
- Hai ragione, è ora di finire questo dannato libro...
Il cane si era già voltato e trotterellava via.
Ha capito prima di me che quella parola, fine, fa paura, per questo è così difficile raggiungerla.
L'ispirazione è un modo dolce e lento di morire.
Fa nascere interi mondi e vivere oltre la vita.
Ma i mondi crollano, piano piano, e c'è un gusto perverso in questo.
Il piacere di poter dire che non sarà l'ultima volta.
E ora tocca a me.
Epilogo
Sorrido mentre l'aria mi sferza il volto.
Divampa ed incendia fino a che può: ormai sono nel vuoto.
Volo più veloce e più in alto di quanto abbia mai fatto, più di quanto abbia mai osato fare.
Icaro aveva ragione, il Sole è splendido da quassù.