lunedì 31 ottobre 2011

The life after*

Ed eccoci qui, a battere sulle porte di vetro come sempre.
Io me ne sto un po' indietro, in mezzo alla ressa, così mi piace.
Il vetro inizia a macchiarsi dei nostri fluidi, ma vabbè, oggi è il gran giorno.

L'inaugurazione.
Ogni anno la stessa cosa: un messaggio in vernice rossa in mezzo alla piazza centrale, l'indicazione di un luogo.
"Carne fresca al saldo, in commemorazione del Gran Giorno, alle coordinate x"
E tutti, con il nostro muoversi lentamente, ci dirigiamo al luogo designato.

Qualcuno urla: "Brains!"
Questa è un po' vecchia, ma la folla ride comunque.
Le guardie aprono le porte, ci si tuffa dentro ( per quanto velocemente ci sia possibile), si prende ciò che si trova .
Carne, a bizzeffe, ma sempre meno degli anni scorsi.
Quella umana, poi, quasi assente, raggiunge prezzi esorbitanti.
Da infarto, se qualcuno potesse averne ancora uno.

Ma quanto tempo è passato?
Mi sono addormentato durante una proiezione di "Shaun of the dead", che ho già visto 13 volte.
D'altronde mi si diano le attenuanti sono un eterno diciassettenne, anche se per altre ragioni.

-Cos'è quella?
Un'ombra, intravista solo di sfuggita, mentre uscivo.
-C'è nessuno?
Chi poteva muoversi così veloce? Il rigor mortis non tira fuori l'atleta che c'è in te...

-Sì, serve fare tutto sto casino, qui c'è gente che dorme!
Un uomo si alza, piano piano, dalla seggiola, mi guarda.
-Che mortorio...
Un'altro esclama, cadendo di faccia dal palco, una specie di attore degli anni trenta o un personaggio secondario di Dylan Dog.

Si fa amicizia, con il primo almeno.
L'altro continua a sparare battute che erano stantie anche quando erano vive.
L'uomo sonnacchioso mi racconta di essere un padre di famiglia, venditore di carne, che era venuto per aver abbastanza denaro per pagare una visita al museo di San Siro ai due figli.

Arriviamo alle porte, sono sprangate, fuori è notte.

-Oh, cazzo!
Urla baffetti, raccogliendo l'organo da terra.

-Che ci fate ancora qui?
Ci voltiamo e ci troviamo di fronte la copia sputata del Don Kisciotte di Cervantes.
-Qui è chiuso tutto da più di un'or...

CLANG!

Ci voltiamo di scatto, più o meno, una figura ci scruta con occhi di fuoco.
La guardia ammazza-mulini tira fuori la pistola e spara tre colpi.
Non sapevo esistessero più quegli aggeggi.

-AHRG!
Urla l'essere, scappando con velocità umana.

Raggiungiamo impauriti la zona del mostro, una macchia rossa ci accoglie.
-Il sangue, la fonte di vita...
Facciamo un balzo indietro, trovandoci alle spalle un uomo dai capelli lunghi e occhiali spessi, anche se non ha più gli occhi.

-Non può essere.
Dico io.
-Loro non vivono più qui, si nascondo nelle campagne!
Dice la guardia.
-Eppure quello è sangue e di sicuro non di pipistrello, come quello che vendo io... Oddio non vedrò più la mia famiglia.
Dice il padre.
-Che c'hai, paura di morire?
Dice il surrealista.
-Devo andare in bagno...
Dice il filosofo.

Cinque morti viventi, un vivo.
Incredibile.
Ci disperiamo, piangiamo, organizziamo piani, ci armiamo ma, alla fine, l'unica cosa concreta che riusciamo a fare è aspettare l'alba.
Con coraggio, esploriamo il centro commerciale.
E lo troviamo.
Esanime, si tiene le budella per non farle fuori.
Le lacrime rigano ancora il magro volto.
Lo mangiamo.

Si aprono le porte, ci salutiamo, ce ne andiamo.
Solo baffetti si ferma un attimo a guardare, sospira una frase che solo io riesco a sentire:
"Sono un morto vivente! La mia e la tua razza non possono coesistere. È naturale che quella delle due che ne ha la possibilità cancelli l'altra!"
Groucho Marx, Il pianeta dei morti, Sergio Bonelli Editore 


* Mi scuso con la vera The After Life per averle rubato il nome ma quando l'ho letto sono rimasto folgorato.
Grazie mille.
Pace, pizza e cervelli freschi.
La Carta

domenica 30 ottobre 2011

Grano rosso sangue, ovvero come passare sotto una mietitrebbia i vostri coglioni

L'insonnia è una puttana che paghi con la materia cerebrale che ti cola dal naso.
Non ne ho trovata una definizione migliore, lo giuro.
E che ieri ne ho avuto di tempo.
Sì perché, se sei riuscito ad arrivare due volte nella stessa notte a sentire l'orologio che batte le tre, ti devi trovare qualcosa da fare.
E così mi sono guardato un film.
Forse sarebbe stato meglio spendere quel tempo masturbandomi con il video di Belen.

Apro la mia videoteca cibernetica e mi accorgo di non averla più una videoteca.

Plin Plon.
Ricordiamo alla gentile clientela che, inseguito all'esplosione del precedente computer, si sta utilizzando il computer della nonna, su cui non c'è un cazzo di niente.
La ringraziamo di esser stato così coglione.

Mi metto alla ricerca di qualcosa, non so cosa, ed incredibilmente la trovo!
La chiavetta che usavo alle medie, ci sarà su un qualche tipo di film, mi va bene anche una retrospettiva russa, purché abbia delle immagini in movimento, che mi indichino la via di Morfeo, così da potergli spaccare una sedia in faccia di persona, a quello stronzo.
E per un momento ci credo, sì un buon vecchio horror,vai che la portiamo a casa.



Idiota, è un film tratto da un libro di Stephen King.

NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!

Ho letto 23 libri del buon vecchio Steve.
Ho ancora da vedere un cazzo di film decente.
No, non vale "Il miglio verde", che viene tirato in ballo sempre in questi discorsi, per il seguente motivo: non si poteva rovinare quel libro neanche impegnandosi a fondo, non perché sia questa gran rappresentazione della perfezione, perché è un libro fatto per fare il film, manco fosse un manuale.
Per questo lo reputo persino peggiore di quel mattone di "Insomnia" il quale, per lo meno, non era scritto per gli altri.
E non venitemi a dire che lo "discrimino" solo perché non è un horror.
"La Zona Morta" non è un horror, ma è uno delle sue opere che reputo migliori.

Tornando a noi, ecco che parte "I figli del grano" ( non ho idea della ragione per cui in Italia cambino tutti i nomi di film e libri nelle traduzioni).


Ed ecco i miei coglioni che si schiantano al suolo.
Tonf, uno,.
Plaf, il secondo.


Dio quanto odio l'uomo che ha progettato ciò.

Ora, non voglio fare lo stronzetto che si lamenta del fatto che il film "non era come l libro".

È una cosa ovvia, ed è una cazzata. 
Ovvia, in quanto i registi che si fanno il mazzo per fare film, invece che buttare a cazzo quattro spunti di trama, una morale, personaggi di una stupidità immane, stereotipati ad un livello aberrante, tanto il pubblico va a vedere il film solo per il nome, si contano sulle dita d'un monco.


Sì, parlo di te Cameron, che se la pellicola che ho visto ieri era un pessimo B-movie,
il tuo "capolavoro" era un patchwork di minchiate pseudo-ecologiste.

Chiedete come si fa un film da un libro, o da un opera teatrale, a Kenneth Branagh e al suo "Hamlet", quattro ore spese bene.

Però un limite ci dev'essere.
Perché questo film non ce ne azzecca una, neanche per sbaglio.


Questo è il cattivo del film.
Paura, Eh?

Inizi la visione e c'è una coppietta felice che attraversa l'America scherzando sulla scopata che si sono fatti la notte scorsa in una figata di motel.

No, aspettate un momento...
(Sfoglia le pagine del libro, legge un paio di righe)
Ma è una cazzata!

Qui c'è una coppia incazzata, che ambisce al divorzio.
Lei è un'idiota belloccia, lui un burino.
Chi cazzo sono quei due damerini che guidano un auto se non nuova, almeno in buone condizione, invece che un catorcio?
I rettiliani hanno invaso Hollywood durante le riprese?

- Vabbè sono dettagli Carta...



Ma non è finita qua.
La punta dell'iceberg, mio caro Titanico pubblico.

Una storia di 30 pagine, sì, fa parte della raccolta "A volte ritornano", non è manco un libro intero, di cui sono riusciti a sbagliare TUTTO!

Personaggi buttati dentro a caso, effetti speciali che vi faranno uscire la bile dagli occhi e incongruenze enormi, che dico epiche!

Se avete intenzione di vedere il film ( nonostante tutto ciò che ho detto finora ), o di leggere la storia ( che vale la pena di leggere perché, ripeto, la storia non è male, un buon film ce lo si poteva tirare fuori, con un po' d'impegno) non leggete quanto segue, sono la trama ed il finale.

Anche se dovrei dire i finali.
Libro e film, due cose diverse.

In sintesi, la trama si basa su di una divinità che vive nel grano e assoggetta le menti dei giovani, i quali le fanno sacrificio di chiunque abbia più di 18 anni, crocifiggendolo in mezzo ad un gigantesco campo.



Libro: i due arrivano investono un "ultradiciottenne", che stava scappando dal suo funesto destino.
Già in crisi di nervi, cadono nel panico, si riprendono, mettono il cadavere nel baule, cercano una città e una stazione di polizia dove denunciare il fattaccio.
Arrivano a Gatlin, la cittadina maledetta del caso, lei viene rapita, lui tenta di salvarla, fallisce miseramente, muore anche lui divorato dalla creatura.

Chiara, semplice, inevitabile come tutte le trame di King.
Perfino "realistica".
Ed ora capirete perché.



Film: Una coppietta felice tira sotto un ragazzino.
No, non preoccupatevi, era già morto sgozzato ( anche se noi lo abbiamo appena visto correre in mezzo alla strada, girarsi e sillabare "Oh cazzo").
Mettono in baule il tizio, vanno in città, trovano cose strane, crocifissi di grano, fonti battesimali pieni di sangue.
Si spaventano, vengono assaliti da una marmaglia incazzata ed armata d forconi e machete, vengono aiutati a fuggire da un ragazzino ed una bambina, che si scopriranno essere i fratelli del morto sgozzato\investito.
Da dove cazzo sbuchino, dio lo sa.
Casini vari, lei è catturata, lui organizza un piano per salvarla: far saltare il dio ( che, nel film, è una versione malriuscita dei vermoni di Tremors) con la dinamite.
E indovinate un po'? Funziona.


Che culo!

Happy ending, con i due che decidono di adottare i due trovatelli e si avviano in macchina verso il tramonto.
Da notare come il regista si dimentichi di un piccolo particolare: loro hanno ancora un cadavere nel bagagliaio!
E non è fatto a posta, se ne sono proprio dimenticati!

Io sono basito.
E hanno fatto anche due sequel.
Guardateveli voi, io non ne ho la forza.


sabato 29 ottobre 2011

Una tardiva chiamata alle armi

Dannati!
Riposi la spada tanto tempo fa, ma è ora di levar la polvere dall'elsa e saziare la lama con il sangue di mille pixel virtuali!
Non volevo questa guerra, ma la tolleranza è davvero la maschera dell'odio!
Ma ai Captcha venderò cara la pelle!
Non morirò sotto le parole sconnesse che mi lanceranno come frecce!
Le loro lame fatte di vocali e i loro consonantici non scalfiranno la mia armatura!
Che Cerex mi sia testimone, non sarò di certo io a ritirarmi!
E con questo post, composto in gran parte da punti esclamativi, offro la mia lealtà all'Hombre.
Che se loro hanno dalla loro parte il cavaliere errante Kisciotte,  io, in virtù della mia follia, volentieri mi nominerò barone.

La Carta di Münchhausen.



P.s.: 
Ora attendo lei, Kisciotte, e la sua Sindrome di Tourette nella zona commenti.
Ho già sellato il mio cavallo senza testa ( perché di riattaccarla non sono stato capace, io con ago e filo faccio schifo) e preparato una palla di cannone, in caso necessitassi di una via di fuga rapida.

martedì 25 ottobre 2011

Merda

Viviamo nella società del commento mediocre.
Schifiamo poco ed esaltiamo ogni cosa, sicché o uno è un fottuto genio o è bravo ma non si applica, ha uno stile chiuso e per pochi, non ha ancora trovato la sua strada.
Se dobbiamo dire qualcosa a qualcuno, abbiamo tanti modi per NON farlo.

Dio, quanto odio le frasi fatte.

- Sì, ma in fondo siamo tutti buoni.
Dillo a Hitler.


Che tenerone!

- Dai, basta impegnarsi.
Ok, andiamo nel reparto di oncologia e incitiamo gli ammalati ad usare più forza di volontà, che se non si sforzano, come pretendono di guarire?


Ora stanno davvero esagerando 'sti Pro-Life!

Ho uno zio con il cancro.
Ma non lo ho mai conosciuto, quindi la cosa non mi tocca particolarmente.
Ieri ha avuto una specie di embolo, che gli ha provocato un ictus.
Provo un po' di disprezzo per me stesso e per la mia indifferenza, allo stesso tempo mi chiedo se possa giovargli la visita di uno sconosciuto,  che va a trovarlo solo per aver qualcosa di cui spettegolare con gli altri parenti.

Penso che sia a questo che portino le conversazioni in pilota automatico di cui sopra: a cianciare avidamente di metastasi cerebrali.

Se dobbiamo criticare qualcuno, il massimo che facciamo è dire "A postooo!"
Non si riesce più a dire "Vaffanculo incapace!", "Hai mai pensato ad un'altra carriera?", "Davvero hai frequentato una scuola di recitazione?"
Frasi da stronzo.
Già, però farebbe bene sentirselo dire o dirlo.
Se per caso l'interlocutore avesse la magnanimità di argomentare, l'ascoltatore avrebbe la possibilità di imparare.
O di urlare insulti random su tua madre, il cane del vicino e i sette nani.



La mia professoressa di matematica sembra la Littizzetto, solo che è più pazza.
Un mio amico ( e, per la prima volta nella storia della letteratura, non è un espediente per indicare me stesso) esce con una tizia che, anche lui ammette, assomiglia fisicamente, intellettualmente, psicologicamente alla prof.
Il mio amico si vuol fare una versione ringiovanita della docente di matematica.

Odio le frasi fatte perché al 90% sono vere.
Così, spari la tua minchiata e hai quasi la sicurezza di azzeccarci.
Ma anche se spari bendato in una piazza di Tokio, probabilmente colpisci un giapponese.

Questo post rispetta il suo titolo e non cerca di fare altro.
Niente ambizioni di sorta.
Niente auto-miglioramento.
Niente ricerca della verità.
Solo un modo come un altro per propinarvi "Is there anybody out there?" suonata da me.


mercoledì 19 ottobre 2011

Volevo scrivere un post sulla banalità e son finito a parlar della necrofilia

Inizio una conversazione con una tizia seduta al mio fianco.
Al fine di arrivare al di sotto della di lei cintola.

Sì, sudo.
Grazie di avermelo fatto notare.

- Ciao, come va?

Evviva, evviva, evviva.
Di certo questa donna non attendeva altro che una conversazione banale, una che segue un corso extrascolastico di astronomia, bravo, clap clap

- Bene, e a te?

Conversazione stupida- 1
Discorso argomentato- 0

- Non male, tralasciando la dipendenza da crack...

Ride.
Ok, ok, niente nervosismo.

- Non ti preoccupare: passa al metadone e vedrai...

Cazzo, è capace di umorismo!
Allerta! Allerta! Allerta!
La prossima frase deve essere epica, racchiudere tutta la tua cultura e instaurare nella sua mente l'idea che il tuo pene sia una reincarnazione del leggendario serpente arcobaleno.

- Non credi che tutto ciò sia banale?

IDIOTA!
Questa parte la dovevi pensare non dire a voce alta!!!

- Cosa, l'astronomia o la lezione?

Ehm, ed ora?

- Entrambe, come è banale un uomo che tenta di ostentare cultura e, contemporaneamente, allude alle dimensioni della sua ramazza...

Non so quale delle mie personalità alternative abbia parlato, ma le devo una birra.

- Anch'io odio i cliché, ma sai cosa mi piace?

- Cosa?

Pendo volentieri dalle sue labbra...

- La necrofilia!

- Quindi per rimorchiarti mi devo sparare un colpo in testa?


Morale della favola:
Kurt Cobain mi ha fottuto un'altra donna.

lunedì 17 ottobre 2011

De Spheniscidarum, ovvero "Di tutto ciò che non so"

Non si può affogare così.
Aspettare, aspettare, aspettare, aspettare, aspettare, aspettare, ma assolutamente non agire.
Ora basta.Devo assemblare un computer, ma non so neanche da dove cominciare.
Ma questo non mi fermerà più.
La pausa sigaretta salta, ma non me ne importa.
Anche se scrivere con il contagocce non mi piace, già perdo il filo normalmente, figuriamoci se scrivo a più riprese.
E poi vendono le ciambelle a 80 centesimi...
No! No! No!
Carta concentrati!
Ma le ciambelle, ciambelle, ciambelle, ciambelle, ciambelle, ciambelle, ehi guarda quella che davanzale, ciambelle, oh le è caduta la penna, ciambelle, ciambelle, la raccoglie, mi pare ovvio, taci tu, osserva le sue grazie, ciambelle, se ne va, non male anche dietro, ciambelle, si sembravano due ciambelle, morbide, profumate, ripiene, ciambelle.




STOP!
Anf! Pant! Altre onomatopee che simboleggino una stanchezza psico-fisica! Sgrunt!


Forse avrei dovuto seguirla, invece che rimanere qui a scrivere...
Magari mi offriva una ciambella!

Si parlava di affogare?
Ah no, giusto, di pinguini.
Ebbene, io di pinguini non so un cazzo.
E di molte altre cose, ma di pinguini proprio non so nulla, neppure se alloggiano in igloo subaffittati agli eschimesi, o se invece vivano al Polo Sud leggendo Lovecraft.
Vuoto totale.

Quando ero infante (qualcuno potrebbe dirvi che lo sono tutt'ora, come dargli torto) una zia che non avevo mai visto, ma che mi dissero giungere da quel luogo (tutt'ora) sconosciuto dal nome di "provincia di Torino", mi porto una dozzina di libri di Pingu.
Undici da colorare, uno da leggere.
Non lo avesse mai fatto!
Passai l'estate successiva disperandomi alla ricerca di informazioni riguardanti il colorito del manto di foche, trichechi, orsi polari e, inevitabilmente, pinguini.




I mass media non mi aiutavano.
In particolare, ho sempre avuto un pessimo rapporto con la televisione: a tre anni tentai di usarla come appiglio per la mia scalata del mio personale Everest, la mensola; in risposta, lei decise di franarmi addosso.
Ben presto scoprì che, oltre che del verso del coccodrillo, ai giornali non fregava niente neppure del colore degli animali del Circolo Polare, Artico o Antartico qualsivoglia.
Nello sconforto più totale, stavo per arrendermi, quando a scuola decisero che era tempo che noi imparassimo a leggere.
Così presi il libro di Pingu e lo sfoglia, decifrai pian piano i caratteri, ricomposi parole, frasi, periodi, fino ad ottenere parte delle informazioni che cercavo.
E poi lo rilessi, per capirne la storia.
E ancora, per dargli un senso.
Ed alla fine non mi fermai più, ancora oggi passo da un libro ad un altro, per interesse, per sfizio, scegliendo libri a naso, letteralmente, cercando ancora quel buon profumo di carta stampata che avevano "Le avventure di Pingu".

E da lì, il pinguino trasmutò.
Divenne per me simbolo e incarnazione dell'incompletezza, con quel suo zampettare da ubriaco e la sua incapacità nel volo.


Con qualche eccezione...

Ma l'incompletezza non è ignoranza.
L'ignoranza è l'assenza di desiderio di ragionare ( e quindi capire, realizzare, persino sognare).
Il fatto di esser cosciente di avere un vaso vuoto è ciò che mi spinge a riempirlo.
Di terra, gentilmente offerta da un sistema scolastico che tira un po' la cinghia, e di tanta, tanta, tantissima merda, che ho accuratamente cercato lungo tutto il sentiero della mia vita (e no, ciò non significa che sto scrivendo sotto gli effetti di funghetti, anche se, a dire il vero, non avevo mai notato quante dita abbiano le mie mani. E quante falangi!), nonostante il disgusto di certi o il pudore di altri, ignorando il coro di gran voci che mi diceva che mandavo tutto il lavoro fatto a puttane.
Sono fermo convinto che, se mai i semi della mia cultura germoglieranno, il merito dovrà essere diviso a metà.

Non sono così arrogante da dire che alla scuola non devo nulla.
Ho imparato molte cose, anche se davvero poche facevano parte del mio percorso didattico, almeno credo.
Ho appreso che tutti sbagliano, a nessuno piace essere corretti.
Che i vizi sono considerati tali in gran parte perché sono divertenti.
Che amicizia e amore esistono, sebbene siano stati lobotomizzati e resi più accessibili.
Che iniziare il rapporto con una donna con la frase: "Ti amo e vorrei dei figli da te" può portarlo ad una repentina fine o ad avere una lunga esistenza.
Che odiare un essere umano che dal lunedì al sabato si fa il mazzo per te, è stupido.
Che le fotocopie in aula computer sono gratis.
Che uscire da una classe con un sorriso stampato in faccia dopo aver preso un quattro è possibile, se nelle note a piè pagina trovi scritto "Credo tu sia uscito dalla traccia, ma non ne sono sicura".
Che perdo troppe volte il filo del discorso.
Che mi piace scrivere così.

"Ombrosa non c'è più. Guardando il cielo sgombro, mi domando se sia mai esistita. Quel frastaglio di rami e foglie, biforcazioni, lobi, spumii, minuto e senza fine, e il cielo solo a sprazzi regolari e ritagli, forse c'era solo perché ci passasse mio fratello col suo leggero passo di codibugnolo, era un ricamo fatto sul nulla che assomiglia a questo filo d'inchiostro, come l'ho lasciato correre per pagine, zeppo di cancellature, di rimandi, di sgorbi nervosi, di macchie, di lacune, che a momenti si sgrana in grossi acini chiari, a momenti si infittisce in segni minuscoli come semi puntiformi, ora si ritorce su se stesso, ora si biforca, ora collega grumi di frasi con contorni di foglie o di nuvole, e poi s'intoppa, e poi ripiglia ad attorcigliarsi e corre e corre e si sdipana e avvolge un ultimo grappolo insensato di parole idee sogni ed è finito"

Italo Calvino, Il barone rampante