"La morte non esiste. Mai è stata, e mai sarà. Ma abbiamo disegnato così tante immagini di essa, così tanti anni, a provare di capire che cosa sia, comprenderla, che abbiamo iniziato a pensarla come un'entità, in un certo modo viva e avida.Tutto questo, comunque, è un orologio fermo, una sconfitta, una fine, un'oscurità.
Niente."
Ray Bradbury
O perlomeno, sembrava che la vita non potesse fare altro che mettersi a posto.
Il lavoro, dopo così tanto tempo potevo saldare gli arretrati dell'affitto.
Sì.
Gli amici offrivano da bere al bar, si festeggiava la prima pubblicazione.
Kate ci provava con Joshua e io gli passavo i preservativi di nascosto, gli davo una pacca sulla pacca sulla spalla e gli dicevo: "Attento che questa se la sono rivoltata tutti come un calzino, come minimo c'ha la scabbia".
Si rideva, il barista portava il secondo giro, Liz mi sussurrava che oggi si stava da lei.
Festeggiavamo.
Erano le 23:37:02 di quel fottuto giorno.
Eclatante, no non è la parola giusta,.
Affatto.
Affatto.
Momentaneo, calza molto meglio.
Un attimo.
Cala il silenzio.
Il disco nel juke-boxe salta all'inizio di Sober.
Maynard arriva a cantare "There's a shadow just behind me..." e poi TUM.
La presa di Kate sul bicchiere che ha in mano si allenta, la tequila inizia lentamente il suo viaggio verso il pavimento.
Paresseux, il barista, fa strabordare il gin dal bicchiere che sta preparando.
Il sapore del mio White Russian diventa infinitamente acido, un odore di piume bruciate nel naso.
Un brivido ci attraversa tutti contemporaneamente e ci sentiamo obbligati a girarci a sinistra, verso l'entrata del pub.
Un secondo e poi...
"Making every promise empty..."
- Cazzo Kate, le mie scarpe! Le ho comprate ieri!
- Ehi barista, non puoi chiudere la finestrella? Entra un freddo...
- Scusa, non volevo! Oddio sono così imbarazzata!
- John, c'è qui il drink della tua amica. Il gin è traboccato, mentre lo prendi puoi dare una passata con lo straccio al bancone? Io chiudo in cucina, il tuo socio teme che entri l'inverno siberiano.
- Prendi anche un pacchetto di sigarette.
- Ok, ( ti ho preso queste così te ne scrocco un paio) segnami anche un pacchetto!
- Lo segno nella lista dei soldi che non vedrò più...
- Senti John, noi beviamo il bicchiere della staffa e poi andiamo.
- Joshua ha detto mi ha detto che mi porta a fare un giro con la Chevy.
- Ok, tu Adam che fai? Resti o te ne vai?
- Vado, vado. Domani io devo alzarmi per andare in redazione, a differenza vostra.
- Allora direi di brindare a... Ehi, Paresseux, ti unisci da solo o fai il barista solitario.
- Ok, ok. Ma solo perché me lo chiedi tu Liz, a te non posso dire di no. Non essere geloso, John.
- Sì, sì, ricordami di ringraziarti ogni giorno di avermela concessa, mio signore.
Saluti, arrivederci, monete che tintinnano sul bancone, la cassa che si apre, la porta che cigola quando viene aperta, il rumore di passi sul marciapiede, altri saluti, il motore della Chevy che ruggisce ed un urletto di Kate, la risata sommessa di Liz che incarna il fastidio che le provoca Kate e quel suo "copione da puttanella" ( così lo chiama lei ) che segue da sempre.
Proseguiamo a piedi e al secondo incrocio Adam gira a destra e se ne va per la sua strada, facendo un cenno di saluto con la mano subito prima di scomparire.
Noi due saliamo nel suo appartamento e consumiamo la vita, proprio la notte in cui è finita.
La mattina mi sveglio con i postumi nel letto.
Vuoto.
Mi alzo, con un palmo mi copro la fronte, con l'altro armeggio nel buio della camera alla ricerca della porta del soggiorno.
Apro e vengo accecato dalla luce del sole delle 9 del mattino, sparatami in faccia attraverso le finestre dell'appartamento al nono piano di Liz.
Ricapitoliamo un senso alla volta.
Olfatto: profumo di caffè, ma anche... sì, toast bruciati.
Udito: solo un vociare sconosciuto, dev'essere la televisione.
Gusto: niente da riportare.
Tatto: niente di rilevante neanche qui.
Vista:
Liz seduta al tavolo nel soggiorno.
Guarda la televisione, dandomi le spalle.
Lei si gira, sbiancata in volto, lo sguardo assente che vaga come se io non ci fossi affatto.
Guarda la televisione, dandomi le spalle.
Lei si gira, sbiancata in volto, lo sguardo assente che vaga come se io non ci fossi affatto.
Guardo lo schermo: una massa di gente occupa quella che a stento riconosco come la piazza.
"Cosa c'è d'interessante in tv?" volevo chiedere prima di guardare, ma ormai è inutile.
So già la risposta.
In televisione c'è il Patibolo.
"Cosa c'è d'interessante in tv?" volevo chiedere prima di guardare, ma ormai è inutile.
So già la risposta.
In televisione c'è il Patibolo.