Mi sono svegliato in un mondo che dorme.
Questa frase non è mia, ma tant'è.
Ti guardo negli occhi e non ci vedo niente.
Pupilla leggermente dilatata, iride verde.
Nulla più.
Forse un orzaiolo, ma non ne sono sicuro.
Anche se non credo sia il motivo per cui continui a pulirti gli occhi.
Né sono le mie parole, beninteso.
So che preferisci un Leonardo Di Caprio morente a me, anche se il suo ruolo è quello di un tizio che si scopa una ricca per avere una stanza comoda dove alloggiare.
Sicché fanculo, il dado è tratto.
-Ok, il punto è che tra noi è finita.
-Shh, adesso è il punto in cui muore...
Coincidenze.
Mi alzo, me ne vado.
Se ne sarà accorta dopo mezz'ora, quando mi manda un messaggio "Ehi, dove sei? In bagno?"
Già, ma stavolta la stronza, l'ho lasciata altrove.
Fumo una sigaretta, un mese andato a puttane.
Poi la storia non è manco andata così.
La verità è che eravamo alla "Pineta" tipico baretto di paese, appunto in mezzo ad una pineta.
Lei era lì con delle amiche, proiettavano "Titanic" con un proiettore su di un telo bucherellato ed ingiallito dalle intemperie ( ma anche, soprattutto, dalle pisciate dei gatti randagi).
Rileggendo forse vi chiederete, dove sopra io abbia mentito.
No, probabilmente non ve ne fotte un cazzo...
Tutto ciò che ho scritto corrisponde al vero, ma le cose che stavo pensando mentre scrivevo, erano false.
Tutte balle, per dare un tono epico ad una vicenda inutile, che ambisce ad essere triste.
Ma come già detto, a voi non fotterà un cazzo...
Urlerete, forse: "Stronzo, tutto questo tempo non ti ho mai offeso, ho dimostrato persino sincero (forse) interesse! Che cazzo ti prende adesso!?!"
Magari direte: "Perché te la prendi con me, non ti ho fatto niente anzi!"
Comunque penserete: "Solito blogger che fa il "cattivo", solo perché fa figo, ma poi non avrebbe le palle di dirmi le stesse cose in faccia, un codardo, che con tastiera e Web 2.0, crede di essere il dio del nuovo mondo"
Scusate.
Scusate se vi ho fatto credere che ci sia un rapporto, di amicizia, fiducia, rispetto, tra noi.
Non era mia intenzione.
Ad essere sinceri, magari con qualcuno è pure nata una scintilla, un barlume, una sorta di fusione mentale vulcaniana.
Ma non credo durerà.
Perché me la prendo con voi?
Perché, quella volta, non riuscii a prendermela con lei!
Sì, si riduce tutto a questo: sono frustrato...
Che cazzo vi aspettavate, inseguimenti epici, sparatorie, illuminazioni sulla via di Damasco?
Sono troppo giovane per queste stronzate...
E sono troppo vecchio per tutti questi punti di sospensione.
Sospensione: io ti guardavo immobile, in piedi in mezzo al bosco, mentre tu tornavi dalle tue amiche.
Io rimanevo solo.
Non sentivo più le gambe, mi appoggiavo ad un albero.
Vomitavo.
(Non prenderti il merito, io tredici birre non le reggo, reggevo)
Tu eri girata, non ti vedevo il volto, ma tutt'ora ti immagino, spensierata, sorridente, senza malizia, che te ne torni da loro.
Non ho mai saputo se parlasti a loro di me, credo tu non l'abbia fatto.
Le odiavo, odio, tutte quelle sette pettegole.
Non per come mi guardavano, mentre ti portavo via, mentre tu portavi via gran parte di me.
Solo in quanto esistevano.
Erano un appoggio che io non avevo, una via di fuga.
Un'uscita d'emergenza con su scritto " -Che voleva quel tipo? -Niente... torniamo al film".
Scusa, se ti parasfraso Josef K.
Fanculo, comunque.
Tu tornavi, io rivedevo la cena, un panino mangiato al volo, che sapevo già come andava a finire, più o meno.
Cosa mi aspettavo?
Boh, che ne so, è lunica volta che sono stato io a lasciare.
Un'incazzatura. Un pugno o uno sputo in faccia. Una derisione. Una lacrima.
No, quest'ultima no.
Però c'avevo sperato.
Lo ammetto, ho sperato troppo.
Tre mesi buttati a sperare.
Sperare in te, in me, in quel noi che non è mai praticamente stato vero, non per te.
Sperare di smettere di fumare, anche se avevo appena iniziato, sperare in una piccola, coraggiosa miniatura del Duomo di Milano, sperare che tu ti nascondessi soltanto, dietro alla tua freddezza, sperare che il mondo fosse un posto migliore, magari piantare un albero, sperare nella neve, sperare di essere sempre divertente e sagace, farti ridere e pensare, che dopo baciarti, erano le cose che amavo di più.
Sperare che tu condividessi un po' ciò che provavo, sperare che la nostra clandestinità non era vergogna, ma un capriccio, una perversione, riservatezza, qualsiasi cosa ma non vergogna, sperare che tu non fossi così superficiale come delle volte sembravi ( che, poi, non è che anche tu fossi la fine del mondo, anche se questo, è vero, lo dico con l'amaro in bocca, tutt'ora, come la volpe all'uva), sperare, sperare, sperare.
Sperare.
Con un albero come unico sostegno, con il vomito sulle scarpe e un po' sui jeans, forse una lacrima, ora non ricordo bene, che scendeva sul mio viso, con te che acceleravi il passo, con le tue amiche che ti gridavano di muoverti, che la nave era già quasi affondata, iniziò ad essere difficile.
E disgustoso.
Le speranze hanno segnato la nostra relazione, che è diventata praticamente solo mia, fino al punto a cui sono arrivato.
Sono stato io a troncare, ma (forse) non lo volevo.
Solo un capriccio, una prova, dopo tutte quelle che avevo sopportato.
Mi avviai a quel laghetto, dove ti avevo suonato quella canzone, ricordi?
La prima volta (di tante) che mi sono incazzato, la prima volta (di non poi così tante) che ti ho baciato.
Un lago artificiale, un monumento involontario alla magnificenza dell'uomo, protetto da pini che la natura aveva posto tutt'intorno, silenti guardiani, che ogni tanto bisbigliano qualcosa.
Avevo provato a insegnarti ad ascoltarli, le avevi definite stronzate e avevi riso, come facevi sempre.
"Stronzate" e ridevi.
Dio, quanto ti amavo.
Eppure sono stato io, chissà quanto sarebbe andata avanti la storia.
Oh, scusa, forse sembra che me ne penti.
Non è così (forse).
Solo che oggi, mentre si avvicina, minuto dopo minuto il giorno in cui ci siamo incontrati...
Beh, sinceramente a questo punto non so come finire la frase.
Cazzo, forse sono patetico, ma lo sono stato a lungo, ricordi?
No, probabilmente è questione di punti di vista...
Però quegli alberi sono ancora lì, tutti.
Quelli silenti, quello che mi offri una spalla per compiangere me stesso.
Li guardo ancora, sai.
Anche se mi fanno pensare a cose che vorrei cancellare, ma che non farò mai (forse).
Eppure per un momento o due ci ho creduto.
Che è molto diverso dal sperare.
Molto, molto, infinitamente più doloroso.
Gli alberi sono più saggi di me, credo.
Ma loro, avranno provato ciò che ho provato io?
Credo di no, credo di sì...
Avranno mai biasimato se stessi?
Soffia una risposta tra le fronde: "forse".
Non piangerò la tua mancanza, non lo ho fatto allora (forse), non credo che lo farò ora.
Non credo.
Fanculo, non riesco nemmeno ad odiarti.
Sarebbe una consolazione, credermi.
Riuscì ad odiare Silvia, anche molto.
E così tirai avanti.
E di questo me ne vergogno, me ne pento, mi odio, mi biasimo, vorrei aver strappato la mia anima, la mia carne, avrei voluto trovare la forza di farmi un cappio, saltare magari, superare tutto, essere superato da tutto, resistere, arrendermi, combattere, rassegnarmi, infuriarmi, gridare, parlare sottovoce, piangere, cadere, alzarmi,vivere, morire,tremare,soffrire,crescere,vincere,vincerti,dimostrarti il tuo errore, distruggerti, crearti, odiarti, amarti.
Ma sono un codardo.
E quel giorno rimasi a guardarti andare via, verso lidi migliori (poi fosti molto felice, con un altro, dicono, ma di questo non riesco a rallegrarmi, perché io ho sofferto come un cane), mentre di me non restava che un'ombra appoggiata ad un pino, il quale era più uomo di lui, con delle macchie di vomito e la tristezza negli occhi.
Giulia, due anni son passati.
Le speranze, sono solo cenere, sabbia, ruggine e frammenti di corteccia.
Ma (forse) riuscirò a piantare un albero.
Questa frase non è mia, ma tant'è.
Ti guardo negli occhi e non ci vedo niente.
Pupilla leggermente dilatata, iride verde.
Nulla più.
Forse un orzaiolo, ma non ne sono sicuro.
Anche se non credo sia il motivo per cui continui a pulirti gli occhi.
Né sono le mie parole, beninteso.
So che preferisci un Leonardo Di Caprio morente a me, anche se il suo ruolo è quello di un tizio che si scopa una ricca per avere una stanza comoda dove alloggiare.
Sicché fanculo, il dado è tratto.
-Ok, il punto è che tra noi è finita.
-Shh, adesso è il punto in cui muore...
Coincidenze.
Mi alzo, me ne vado.
Se ne sarà accorta dopo mezz'ora, quando mi manda un messaggio "Ehi, dove sei? In bagno?"
Già, ma stavolta la stronza, l'ho lasciata altrove.
Fumo una sigaretta, un mese andato a puttane.
Poi la storia non è manco andata così.
La verità è che eravamo alla "Pineta" tipico baretto di paese, appunto in mezzo ad una pineta.
Lei era lì con delle amiche, proiettavano "Titanic" con un proiettore su di un telo bucherellato ed ingiallito dalle intemperie ( ma anche, soprattutto, dalle pisciate dei gatti randagi).
Rileggendo forse vi chiederete, dove sopra io abbia mentito.
No, probabilmente non ve ne fotte un cazzo...
Tutto ciò che ho scritto corrisponde al vero, ma le cose che stavo pensando mentre scrivevo, erano false.
Tutte balle, per dare un tono epico ad una vicenda inutile, che ambisce ad essere triste.
Ma come già detto, a voi non fotterà un cazzo...
Urlerete, forse: "Stronzo, tutto questo tempo non ti ho mai offeso, ho dimostrato persino sincero (forse) interesse! Che cazzo ti prende adesso!?!"
Magari direte: "Perché te la prendi con me, non ti ho fatto niente anzi!"
Comunque penserete: "Solito blogger che fa il "cattivo", solo perché fa figo, ma poi non avrebbe le palle di dirmi le stesse cose in faccia, un codardo, che con tastiera e Web 2.0, crede di essere il dio del nuovo mondo"
Scusate.
Scusate se vi ho fatto credere che ci sia un rapporto, di amicizia, fiducia, rispetto, tra noi.
Non era mia intenzione.
Ad essere sinceri, magari con qualcuno è pure nata una scintilla, un barlume, una sorta di fusione mentale vulcaniana.
Ma non credo durerà.
Perché me la prendo con voi?
Perché, quella volta, non riuscii a prendermela con lei!
Sì, si riduce tutto a questo: sono frustrato...
Che cazzo vi aspettavate, inseguimenti epici, sparatorie, illuminazioni sulla via di Damasco?
Sono troppo giovane per queste stronzate...
E sono troppo vecchio per tutti questi punti di sospensione.
Sospensione: io ti guardavo immobile, in piedi in mezzo al bosco, mentre tu tornavi dalle tue amiche.
Io rimanevo solo.
Non sentivo più le gambe, mi appoggiavo ad un albero.
Vomitavo.
(Non prenderti il merito, io tredici birre non le reggo, reggevo)
Tu eri girata, non ti vedevo il volto, ma tutt'ora ti immagino, spensierata, sorridente, senza malizia, che te ne torni da loro.
Non ho mai saputo se parlasti a loro di me, credo tu non l'abbia fatto.
Le odiavo, odio, tutte quelle sette pettegole.
Non per come mi guardavano, mentre ti portavo via, mentre tu portavi via gran parte di me.
Solo in quanto esistevano.
Erano un appoggio che io non avevo, una via di fuga.
Un'uscita d'emergenza con su scritto " -Che voleva quel tipo? -Niente... torniamo al film".
Scusa, se ti parasfraso Josef K.
Fanculo, comunque.
Tu tornavi, io rivedevo la cena, un panino mangiato al volo, che sapevo già come andava a finire, più o meno.
Cosa mi aspettavo?
Boh, che ne so, è lunica volta che sono stato io a lasciare.
Un'incazzatura. Un pugno o uno sputo in faccia. Una derisione. Una lacrima.
No, quest'ultima no.
Però c'avevo sperato.
Lo ammetto, ho sperato troppo.
Tre mesi buttati a sperare.
Sperare in te, in me, in quel noi che non è mai praticamente stato vero, non per te.
Sperare di smettere di fumare, anche se avevo appena iniziato, sperare in una piccola, coraggiosa miniatura del Duomo di Milano, sperare che tu ti nascondessi soltanto, dietro alla tua freddezza, sperare che il mondo fosse un posto migliore, magari piantare un albero, sperare nella neve, sperare di essere sempre divertente e sagace, farti ridere e pensare, che dopo baciarti, erano le cose che amavo di più.
Sperare che tu condividessi un po' ciò che provavo, sperare che la nostra clandestinità non era vergogna, ma un capriccio, una perversione, riservatezza, qualsiasi cosa ma non vergogna, sperare che tu non fossi così superficiale come delle volte sembravi ( che, poi, non è che anche tu fossi la fine del mondo, anche se questo, è vero, lo dico con l'amaro in bocca, tutt'ora, come la volpe all'uva), sperare, sperare, sperare.
Sperare.
Con un albero come unico sostegno, con il vomito sulle scarpe e un po' sui jeans, forse una lacrima, ora non ricordo bene, che scendeva sul mio viso, con te che acceleravi il passo, con le tue amiche che ti gridavano di muoverti, che la nave era già quasi affondata, iniziò ad essere difficile.
E disgustoso.
Le speranze hanno segnato la nostra relazione, che è diventata praticamente solo mia, fino al punto a cui sono arrivato.
Sono stato io a troncare, ma (forse) non lo volevo.
Solo un capriccio, una prova, dopo tutte quelle che avevo sopportato.
Mi avviai a quel laghetto, dove ti avevo suonato quella canzone, ricordi?
La prima volta (di tante) che mi sono incazzato, la prima volta (di non poi così tante) che ti ho baciato.
Un lago artificiale, un monumento involontario alla magnificenza dell'uomo, protetto da pini che la natura aveva posto tutt'intorno, silenti guardiani, che ogni tanto bisbigliano qualcosa.
Avevo provato a insegnarti ad ascoltarli, le avevi definite stronzate e avevi riso, come facevi sempre.
"Stronzate" e ridevi.
Dio, quanto ti amavo.
Eppure sono stato io, chissà quanto sarebbe andata avanti la storia.
Oh, scusa, forse sembra che me ne penti.
Non è così (forse).
Solo che oggi, mentre si avvicina, minuto dopo minuto il giorno in cui ci siamo incontrati...
Beh, sinceramente a questo punto non so come finire la frase.
Cazzo, forse sono patetico, ma lo sono stato a lungo, ricordi?
No, probabilmente è questione di punti di vista...
Però quegli alberi sono ancora lì, tutti.
Quelli silenti, quello che mi offri una spalla per compiangere me stesso.
Li guardo ancora, sai.
Anche se mi fanno pensare a cose che vorrei cancellare, ma che non farò mai (forse).
Eppure per un momento o due ci ho creduto.
Che è molto diverso dal sperare.
Molto, molto, infinitamente più doloroso.
Gli alberi sono più saggi di me, credo.
Ma loro, avranno provato ciò che ho provato io?
Credo di no, credo di sì...
Avranno mai biasimato se stessi?
Soffia una risposta tra le fronde: "forse".
Non piangerò la tua mancanza, non lo ho fatto allora (forse), non credo che lo farò ora.
Non credo.
Fanculo, non riesco nemmeno ad odiarti.
Sarebbe una consolazione, credermi.
Riuscì ad odiare Silvia, anche molto.
E così tirai avanti.
E di questo me ne vergogno, me ne pento, mi odio, mi biasimo, vorrei aver strappato la mia anima, la mia carne, avrei voluto trovare la forza di farmi un cappio, saltare magari, superare tutto, essere superato da tutto, resistere, arrendermi, combattere, rassegnarmi, infuriarmi, gridare, parlare sottovoce, piangere, cadere, alzarmi,vivere, morire,tremare,soffrire,crescere,vincere,vincerti,dimostrarti il tuo errore, distruggerti, crearti, odiarti, amarti.
Ma sono un codardo.
E quel giorno rimasi a guardarti andare via, verso lidi migliori (poi fosti molto felice, con un altro, dicono, ma di questo non riesco a rallegrarmi, perché io ho sofferto come un cane), mentre di me non restava che un'ombra appoggiata ad un pino, il quale era più uomo di lui, con delle macchie di vomito e la tristezza negli occhi.
Giulia, due anni son passati.
Le speranze, sono solo cenere, sabbia, ruggine e frammenti di corteccia.
Ma (forse) riuscirò a piantare un albero.
Si fa per dire eh?!? Ma se guardava titanic, forse ti sei salvato al pelo!
RispondiEliminaA dirla tutta, forse è andata nel migliore dei modi...
RispondiEliminaBoh, non ci ho mai capito un cazzo...
Grazie magneTICo, che nonostante la mia momentanea umoralità, mantieni l'humour!
Dai su, lasciare qualcuno e poi prendersela abbondandemente nel culo può capitare.
RispondiEliminaTi senti meglio? No?
Beh volevo solo dirti che la prossima volta magari ci pensi due volte prima di fare il coglione.
Auguri per il nascituro :)
Quella del nascituro, me la sono cercata.
RispondiEliminaComunque, lo ammetto, sono cose che ho pensato tempo fa, ma che non avevo messo per iscritto, per codardia.
Non mi andava l'idea di aver perso.
Sì, si riduce tutto a questo.
Ora la situazione è diversa, io sono diverso, però non si dimentica la prima volta che mandi tutto a puttane ( anche se resto dell'opinione che si era già lì dall'inizio, mi aggrappo alla convinzione di aver fatto tutto giusto, che poi è una cazzata )...
A questo punto, ieri era meglio se non mi rendevo conto di che giorno fosse.
Errata corrige: su l'ultimo post di Josef K., ho scritto una battuta e credevo che il finale sul nascituro fosse una risposta.
RispondiEliminaMa la tempistica è un po' improbabile :-)
( pigliati questa, perchè quella faccina col naso che fai tu non la so fare...)
Silvia lo sai?, lo sai che LaCarta si buca ancora...(è una vecchia canzone di Carboni).
RispondiEliminaMai sprecare tempo a sperare che succedano o cambino cose. bisogna alzarsi e muoversi per farle accadere o per farle cambiare. Starsene lì a sperare non farà modificare le cose se tu non gli dai una mano cambiare.
Peccato che modificando, ho distrutto...
RispondiEliminaVabbè, non mi pento.
Lo status quo, di certo, non sarebbe stato meglio...
:-(
RispondiEliminaGrazie mille per il commento, CIAO!!! :-D
E' questo ciò che succede quando tocca ricominciare a lavorare. La depressione.
RispondiEliminaCreiamo un movimento per le ferie lunghe 9 mesi e settimane lavorative da 2 giorni, ce lo meritiamo!
Quoto Cerex alla grande!
RispondiElimina@cerex: la depressione? quella si chiama proprio 'voglia di morire'.
RispondiEliminaEcco lo sapevo... mi hai rovinato il finale di Titanic senza neanche avvertire dello spoiler.
RispondiEliminaVa beh, dato che ci sei stato così male eviterò di farti notare di quando la terza persona singolare riuscii a coprire gli spazi mancati e quellunico apostrofo. Ed è subito settembre.
quoto pure io Cerex, a patto che nei giorni di ferie ci alziamo tutti all'alba a trasportare cuccioli di sequoia gigante sulle spalle, in fila uno dietro l'altro, e cantando felici come i sette nani coglioni, e se qualcuno si appoggia a un pino ok, se parla ai pini ok, se offre un giro di vino con resina a tutti i pini del lago ok, ma se ci vomita sul tronco gli piantumiamo la sequoia in testa che non è che perché un amore finisce deve pure finire il rispetto per gli alberi.
RispondiEliminaCredo di aver colto la morale di tutto il post: la corteccia di un albero non è un fazzoletto per starnutirci il mocio dei nostri paté d'oca.
Almeno, io ho capito così, ma io tendo a capire a modo mio.
Boh, ora penso di essermi incastrato come Cip e Ciop coi sederoni nel buco di un picchio.
mmm... ah ecco!
Come dice Mogol: "Che d'amore non si muore, è una gran bella verità!"
e con questo torno ad appassire in me stesso.